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La Ruta de la Lana/ 3 – Di Elena Casagrande

Uscendo dalla provincia di Valencia ed entrando in quella di Cuenca incontriamo due «compaesani»: Juan, un trentino, e Stefano, un veneto di Bassano del Grappa

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La chiesa di Caudete de las Fuentes.
Link alla puntata precedente.

 Negli ultimi paesini della provincia di Valencia predomina la coltivazione della vite 
Dall’hotel ci spostiamo alla «gasolinera» (stazione di servizio) vicino al ristorante El Tollo. Non passa nessuno per tornare a Caudete de las Fuentes. C’è solo un cavallo al calesse, che fa avanti e indietro.
«Magari è stato dopato» – ipotizzo con Teo che, stanco di aspettare, chiama un taxi.
Riprendiamo il cammino su strade minori e su sterrati, tra le vigne, fino a Fuenterrobles e poi ancora viti, fino a Camporrobles, oltre la ferrovia. C’è il mercato. Un contadino de Las Pedroñeras vende aglio rosso e meloni manceghi.
«Ti ricordi quella volta che siamo finiti per sbaglio nella capitale dell’aglio?» – domando a Teo.
Lui mi sorride. In centro ci fermiamo davanti alla Caffetteria della Cooperativa.
«Hoy caracoles» (oggi lumache) – leggo su una lavagnetta.
«E sia, ma decidiamo di fare presto, dato che mancano ancora 13 chilometri all’arrivo» – sentenzia Teo.
 

Teo davanti al mojón (segnavia) di Mira.
 
 Etriamo in provincia di Cuenca, ma Valencia non è lontana 
Neanche a farlo apposta usciamo dal paese dalla «calle» (via) Santiago, che è indicata da una piastrella dipinta con simboli giacobei.
Attraversiamo prati arsi e colline sassose, seguendo dei segnavia in cemento dipinto d’azzurro, con conchiglie e frecce gialle.
Solo alla fine della tappa, quando stiamo per arrivare a Mira, i pioppi della «ribera del río» (rive del fiume) ci offrono un po’ di ombra.
In paese la Guardia Civil, in cui ci imbattiamo quasi subito, non ha mai timbrato una credenziale e lo fa solo dopo le mie spiegazioni e dopo le fotocopie dei nostri documenti.
Mai vista tanta diffidenza!
Dormiamo in una «casa rural» (agritur) e ceniamo da Carlos. Lui è di Valencia e la sua «paella valenciana» è proprio buona.
All’epoca ancora non sapevamo che, anni dopo, ci saremo tornati e proprio con degli amici conosciuti su questa Ruta de la Lana!
 

La paella di Carlos.
 
 La tappa da Mira a Cardente è molto dura, sia per i saliscendi, che per la lunghezza 
Il giorno seguente la tappa è impegnativa, già dall’uscita, che è tutta in salita verso la «cuesta del castillo» (clivo del castello).
E l’andazzo non cambia nemmeno dopo, tra i saliscendi ripidi e sconnessi che portano prima a Narboneta, col suo lunghissimo viadotto ferroviario e poi a Víllora, al di là della valle del Río Martín.
Qui il bar-ristorante è aperto e c’è pure il menù del giorno. Anche oggi si mangia «paella», ma «de marisco» (ai frutti di mare)!
Siamo nella Mancha, ma in zona si mangia riso. Molti del posto, infatti, sono andati a Valencia a lavorare e lì hanno imparato a cucinare e a mangiare «valenciano».
Valencia, d’altronde, non è lontana.
 

Il paesino di Víllora.
 
 La comunità di Cardenete si fa in quattro per accoglierci e sistemarci 
Da Víllora è tutta strada fino a Cardenete. Il punto più panoramico lo offre il río Cabriel. È il secondo fiume con le acque più limpide di tutta la Spagna ed il suo colore turchese lo conferma.
Purtroppo non ci fermiamo per un bagno. A Cardenete il «cura» (prete) non c’è. Ma Mari, del circolo dei pensionati, ci chiama il sindaco. Tutti sono molto socievoli.
Un signore soprannominato Ximo, che è qui col nipotino, con tono assertivo dice che domani camminerà con noi.
Mentre prenotiamo una cena «veloce» arriva il sindaco. Subito e ci accompagna alle vecchie scuole, dove c’è un locale con bagno per i pellegrini e poi ci timbra le credenziali: è attrezzato col timbro e conosce le Ruta de la Lana! Visitiamo la chiesa. Si stanno tenendo le prove per un concerto di cori.


Il río Cabriel e il suo parco naturale.
 
 In paese conosciamo Stefano di Bassano che ha sposato una ragazza di qui 
La voce che siamo qui si è sparsa rapidamente.
Ci avvisano che c’è anche un nostro compaesano. Al momento non capiamo ma, poco dopo, veniamo raggiunti da un tipo in bici che, con un enorme sorriso, ci saluta parlando italiano.
Lui è Stefano, di Bassano del Grappa, ma ha sposato una ragazza di qui, Loli. Hanno tre figli e possiedono una casa a Cardenete. Ci vengono spesso, specie durante le vacanze.
Purtroppo non riusciamo a conoscere Loli, perché è a festeggiare con i coscritti, sul trattore. Stefano vorrebbe fare la tappa con noi, domani, ma ha già preso un altro appuntamento a Mérida, per cui non ci sarà. In cambio, oltre a Ximo, verrà con noi anche Tomás, un ferroviere in pensione.
A tutti i costi vogliono accompagnarci alle «porte» del paese.
È la prima volta che ci capita e ne siamo onorati.
 

Prove di coro nella chiesa di Cardenete.
 
 Ximo e Tomás ci accompagnano nel primo tratto di tappa e ci regalano le pesche 
All’alba bussano alla finestra delle vecchie scuole: si parte.
A Yémeda, il paesino poco sotto, nonostante sia molto presto, il barista ci aspetta col caffè. Mari gli ha chiesto di aprire prima per noi. Purtroppo non ha nulla da mangiare, se non delle noccioline americane.
Ximo e Tomás, visto che non possiamo acquistare rifornimenti, ci regalano una pesca a testa.
Un «lugareño» (un abitante del posto) va a casa a prendere delle «magadalenas» (plum cake) e il barista mi riempie le mani di bagigi. Sono quasi imbarazzata. Dalla piazza scendiamo fino al río (fiume) Guadazaón.
Oggi iniziano i lavori di restauro del suo «balneario» (hotel terme). I due «giovani», che camminano molto più veloci di noi, decidono di proseguire ancora un po’ lungo la «vega» (pianura) del fiume.
Purtroppo, al bivio che sale alla «sierra» (catena montuosa), arriva il momento di lasciarci. Mai lo avrei immaginato, ma abbiamo tutti gli occhi lucidi.
 

Lungo la vega (pianura) del río Guadazaón con Ximo e Tomás.
 
 Tra le montagne della zona, sotto Cuenca, sembra di essere in un pianeta disabitato 
Dal bivio il sentiero si inerpica nella vegetazione mediterranea, che non offre alcun tipo d’ombra.
Siamo nella Serranía Baja (zona montuosa bassa) di Cuenca. Dall’alto la vista è notevole. In cima sembra di poter volare su un pianeta disabitato, di color verde scuro, screziato da sentieri di color ocra.
Camminiamo lentamente finché, dopo tanta fatica, arriva il momento di planare, in discesa, su Monteagudo de las Salinas.
Quando in fondo, come un miraggio, appare il tetto di un capannone e, poco lontano, un gregge di capre all’ombra di un albero solitario, comincio a sperare di essere vicina al paese.
«Dovrebbero mancare solo 4 km» – conferma Teo.
Lì il Cammino della Lana da Valencia (ovverosia il Cammino di Requena) si unirà alla Ruta della Lana proveniente da Alicante.
 

Nella Serranía Baja di Cuenca.
 
 A Monteagudo il Cammino di Requena e quello di Alicante diventano un solo cammino 
Scesi a valle attraversiamo un tunnel con la scritta: «Da qui i 2 cammini di Requena e della Lana diventano uno».
Saliamo al borgo, da cui, nel 1624, il pellegrino Francisco Patiño partì per Santiago de Compostela.
Fotografo la sua targa commemorativa, ma faccio presto: la fame «chiama».
Vedo degli ombrelloni rossi e, di solito, segnalano un locale. Infatti il locale c’è e il suo gestore ci propone dei piatti unici.
Quando gli raccontiamo che siamo italiani, di Trento, sbianca.
«Mio papà era di Trento, di Fiera di Primiero» – sbotta incredulo! Non sta più nella pelle.
Arrivano anche Emilio «Poco Pan» e l’allevatore delle capre intravviste sul cammino. Juan, che si è trasferito qui da Valencia per far vivere il figlio in un contesto sociale meno «cittadino», ci presenta orgogliosamente a tutti: «Questi sono miei compaesani».
Felici dell’incontro andiamo alla «casa rural», dove pernotteremo. «Ci si vede più tardi, Juan!»
 

Arrivando a Monteagudo de las Salinas.
 
 All’entrata alla Finca Navarromira mi spaventano i cartelli di divieto di accesso 
Oggi il cammino passa dalla Finca Navarromira. Fernando, a Requena, ci ha avvertito di non far caso ai cartelli e di entrarci.
Essendo attraversata da una via pecuaria (via di transumanza) il transito è libero per legge.
Ci hanno detto lo stesso a Monteagudo, ma io sono in ansia. Al cancello ci raggiunge Fran di Terrassa, il primo pellegrino che incontriamo.
È in bici. Un cartello, fra i tanti, ci spaventa particolarmente.
«Che facciamo?» – domando.
Decidiamo di entrare insieme. Fran, che è in bicicletta, parte a razzo e noi, così, possiamo constatare che non succede nulla.
Ma non è ancora finita. Vicino alla chiesetta della proprietà, due grandi cani bianchi cominciano ad abbaiare come forsennati.
Quello alla catena salta come un pazzo quasi a volerla spezzare e quello libero mi segue minaccioso.
Io ho paura. Tremando come una foglia cammino senza voltarmi. Teo mi protegge, da dietro.


Il cartello «minatorio» della Finca Navarromira.

 Elena Casagrande - e.casagrande@ladigetto.it
 
(La quarta puntata de «La Ruta de la Lana» sarà pubblicata mercoledì 8 maggio 2024)

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