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L'Oltrepò Pavese parla francese – Di Giuseppe Casagrande

La famiglia Moratti proprietaria del Castello di Cigognola ha affidato allo «chef de cave» Nicolas Secondè il compito di creare uno spumante stellare

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Il castello di Cigognola di proprietà della famiglia Moratti nell'Oltrepò Pavese.

Era una novità per il Trentino, ma non per l'Oltrepo' Pavese e per altri distretti vitivinicoli del BelPaese la notizia che la maison spumantistica trentina Ferrari aveva rimpiazzato l'enologo neopensionato Ruben Larentis con un francese, Cyril Brun, «chef de cave» alla Veuve Cliquot, poi Moët & Chandon e infine Heidsieck.
Sono molte, infatti, le aziende italiane che nel corso degli anni hanno affidato le loro fortune ai più blasonati enotecnici d'Oltralpe. In particolare l'Oltrepo' Pavese, terra vocata come il Trentino alle bollicine di qualità.
 

Gli splendidi vigneti terrazzati del Castello di Cigognola nell'Oltrepò Pavese.

  Quando nell'Ottocento il conte Giorgi piantò il Pinot Nero nell'Oltrepo' 
Qualche anno fa era stato Roberto Lechiancole, imprenditore milanese del settore aereospaziale, ad ingaggiare a Casteggio, nella tenuta di famiglia «Prime Alture Winery & Resort», lo chef de cave Jean Francois Coquard. Poco dopo anche la famiglia Moratti, proprietaria del Castello di Cigognola e dei vigneti (33 ettari) sulle colline tra Broni e Casteggio si è rivolta ad un famoso enologo francese, Nicolas Secondé, per creare uno spumante Blanc de Noirs da Grand Prix.
La fama dell'Oltrepo' Pavese come zona tra le più vocate in Italia e nel mondo per la coltivazione del Pinot Nero risale alla metà dell'Ottocento quando il conte Augusto Giorgi di Vistarino importò dalla Francia le barbatelle di questo nobile vitigno e le mise a dimora sulle colline della tenuta di famiglia nei 200 ettari (su una superficie complessiva di 800) riservati al vigneto.
 

Gabriele Moratti con la madre Letizia durante una serata di gala.
 
 Molti gli enologi e consulenti francesi di chiara fama che operano in Italia 
Parlando dei rapporti con la Francia, questa è solo la punta dell'icerberg. Molte sono, infatti, le cantine italiane che si avvalgono di enologi e consulenti francesi di chiara fama nelle loro tenute: dall'azienda Caprai di Montefalco con Michel Rolland alle tenute toscane e umbre della famiglia Antinori con Emile Peynard, da Donatella Cinelli Colombini con Valérie Lavigne a Siro Pacenti (Montalcino) con Eric Boisseot, dalla tenuta Argentiera (Bolgheri) con Stéphane Derenoncourt alla tenuta Pianirossi (Maremma) con Julien Viaud.
Ho citato solo alcuni dei più famosi enologi francesi che operano in Italia. Pardon, dimenticavo: Patrick Léon, Yves Glories, Denis Dubourdieu, Christian Le Sommer, Christophe Ollivier, Julien Lavenu. Sono tutti consulenti che, chi a tempo pieno, chi a chiamata, operano in Italia.
 

Nicolas Secondé con Alberto Zucchi Frua, direttore commerciale della tenuta Moratti.
 
  La famiglia Moratti: «Puntiamo alla Champions League delle bollicine» 
Ma torniamo alle bollicine dell'Oltrepo' Pavese. Uno dei più famosi enologi francesi che ha accettato la sfida trasferendosi in Italia è Nicolas Secondé. Lo ha voluto caparbiamente in Italia Gabriele Moratti, figlio di Letizia e Gian Marco, nipote del mitico Angelo Moratti presidentissimo dell'Inter.
«Il nostro obiettivo è puntare alla Champions League delle bollicine» ha dichiarato Gabriele Moratti presentando la Cuvée «More Pas Dosé», un metodo classico realizzato con uve Pinot Nero e Meunier.
Un Blanc de Noirs frutto della collaborazione con l'enologo di fama mondiale Nicolas Secondé, «chef de cave» ad Ambonnay, il tempio del Pinot Nero nel distretto della Champagne.
 

Gian Marco Moratti (morto nel 2018) con la moglie Letizia Brichetto Arnaboldi.
 
  Nicolas Secondé: «Il segreto? Vinificare separatamente le singole parcelle» 
«Quando parliamo di bollicine – ha raccontato Nicolas Secondé presentando il suo primo gioiello realizzato in Italia – bisogna partire dall’uva, qui nell'Oltrepo' come nella Champagne. Ma qui siamo a 500 chilometri di distanza, ci sono molte differenze».
L’esperienza dell’enologo francese ha portato ad una scelta precisa: il frazionamento del mosto fiore. «Non è una pressatura tradizionale – ha spiegato – ma cambiamo i parametri della pressa a seconda dell’annata e dell’uva raccolta. Il nostro lavoro è quello di rispettare le uve e il territorio, per questo facciamo una vinificazione separata delle singole parcelle, per poi “giocare” al momento del taglio. Altitudine, esposizione, pendenze: ogni parcella cambia».
 

Le bollicine dell'Oltrepo' Pavese della famiglia Moratti.
 
  Da parte dei consumatori cresce la richiesta della tipologia «Pas Dosé» 
Per quanto riguarda, invece, la sempre maggiore richiesta da parte dei consumatori della tipologia «Pas Dosé» (vale a dire senza l'aggiunta della liqueur d'expédition, sciroppo di dosaggio), Nicolas Secondé ha ammesso che questa non è una moda, ma un’esigenza. L’obiettivo è quello di avere un’acidità naturalmente morbida, per un vino in totale purezza, con il massimo rispetto dell’uva».
Rispetto dell'uva è anche la filosofia della famiglia Moratti. Un modus operandi di una realtà che si propone come una vera e propria «start up» del vino, per cui tecnica e creatività sono in dialogo continuo. Viene incentivata la ricerca e così pure la condivisione di conoscenze tra grandi esperti e giovani professionisti. I vigneti sono gestiti puntando sul biologico e su una viticoltura di precisione, intervenendo il minimo possibile e solo dove è necessario.
 

I calici durante la degustazione delle bollicine dell'azienda Castello di Cigognola.
 
 La cuvée Blanc de Noirs (Pinot Nero e Meunier) del Castello di Cigognola 
La cuvée «More» Pas Dosé della famiglia Moratti Castello nasce da un blend di Pinot Nero e Pinot Meunier nelle tenute collinari del Castello di Cigognola, su un terreno calcareo-argilloso ricco di sali minerali che arrichiscono i due vitigni garantendo una struttura importante.
Nel calice questo Blanc de Noirs si presenta con un bel colore giallo paglierino brillante, il perlage è fine e persistente, mentre al naso si percepiscono piacevoli sentori floreali con note fruttate (mela verde) e una «nuance» che ricorda la piccola pasticceria.
Il sorso è sapido, leggermente agrumato, ampio e setoso. Conquista il palato con la freschezza tipica dei grandi spumanti metodo classico a base Pinot Nero.
Splendido come aperitivo, a tavola si sposa magnificamente con antipasti (caldi e freddi) di mare, risotti alla marinara e con carni bianche, ma non solo.

In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande@ladigetto.it - g.casagrande@ladigetto.it

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