Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Elena Fia Fozzer, «Pace appesa a un filo» – Di Daniela Larentis

Elena Fia Fozzer, «Pace appesa a un filo» – Di Daniela Larentis

Dai cromosettoriali degli anni ’80 al periodo Madì, fino alle opere più recenti, il lungo percorso di una protagonista del panorama artistico trentino contemporaneo

image

Elena Fia Fozzer nel suo studio, 2022.

Elena Fia Fozzer, importante protagonista del panorama artistico trentino contemporaneo, vive ritirata nella sua casa di Trento, in attesa di ritrovare quella gioia di vivere da cui è sempre scaturita la sua arte.
L’avevamo intervistata nel 2020, in piena pandemia, ricordando il suo rilevante percorso artistico che proviamo di seguito a riassumere, prima di dedicare idealmente ai nostri lettori «Pace appesa a un filo», una sua opera del 2018 dal titolo emblematico che ora possiamo leggere come un rinvio alla situazione drammatica vissuta dal popolo ucraino martoriato dalla guerra.
 
Elena Fia Fozzer nasce a Trento il 13 luglio 1937, cresce in un ambiente stimolante, manipolando l’argilla nel laboratorio del padre, il noto scultore Eraldo Fozzer, artista fra i più noti nel panorama artistico nazionale del secondo dopoguerra.
La sua casa è frequentata da molti artisti, fra cui Fortunato Depero, amico di famiglia, con il quale si ferma spesso a parlare in attesa di andare a tavola.
Lui le racconta di New Yorke e del rumore del piroscafo, suscitando in lei lampi di meraviglia.
 

Elena Fia Fozzer, Donna cosmica, 1974.

Giovanissima dipinge ballerine e aironi, si cimenta con le prime sculture, ricevendo premi e segnalazioni; a sedici anni vince il primo premio per la scultura e il terzo premio per la poesia in un concorso indetto dalla Provincia di Trento.
Studia al Liceo classico Prati di Trento e poi a Venezia all’Accademia di Belle Arti.
Vince il concorso nazionale per l’insegnamento del disegno e storia dell’arte all’età di 21 anni.
Insegna per ventidue anni in un noto liceo scientifico di Trento, parallelamente si dedica all’arte, portando avanti una ricerca personale ricca di soddisfazioni.
 
Autoironica, passionale, dopo un primo confronto con la figura femminile, approfondisce le tematiche del colore e delle geometrie, staccandosi dal figurativo e abbracciando l’astratto.
Agli inizi degli anni Settanta dipinge figure femminili molto stilizzate, ne sono testimonianza opere come «Madre Cosmica».
Nel 1980 viene in contatto con Artestruktura a Milano, un gruppo di artisti legati all’omonima galleria diretta a Milano da Anna Canali.
La loro è un’«arte costruita» di matrice strutturalista. Entra a far parte del movimento «Arte Costruita: incidenza italiana».
 

Elena Fia Fozzer, Cromosettoriale stellare, 1986.
 
Il critico Carlo Belloli è affascinato dalle sue «ruote girandolate», come ama definirle, dalle sue opere gioiose, tanto da proporle una mostra personale. Elena Fia Fozzer si dedica alla creazione di quadri componibili, non statici, di piccole o grandi dimensioni, offrendo all’osservatore la possibilità di interagire con l’opera attraverso un approccio ludico.
Grazie ai suoi celebri «cromosettoriali», composti di diversi materiali come legno, tela dipinta, tasselli magnetici e supporti metallici, lo spettatore ha la possibilità di modificare l’opera per mezzo di elementi modulari calamitati.
Un’invenzione, la sua, che segna il superamento della pittura e di una staticità che non le appartiene.
 
Negli anni Novanta inizia il suo periodo Madì, è cofondatrice della sezione italiana del movimento.
Lei e alcuni artisti, fra cui il grande Salvador Presta, alla Galleria d’arte Struktura di Milano fondano il Movimento Madì italiano.
Nel 1993 il MART, a Palazzo delle Albere, Trento, le dedica una mostra personale a cura di Gabriella Belli e Luigi Serravalli.
L’opera esposta è «Pentagramma blu» delle dimensioni di un’intera parete, realizzata su diversi pannelli metallici dipinti di blu su cui sono collocati cromosettoriali mobili.
È un grande successo di pubblico.
 

Elena Fia Fozzer, forma e colore, 2004.
 
Nel 1995 vince la Coppa Volpi a Pisa per l’installazione Madì.
Renzo Francescotti, scrittore e critico d’arte, nel 2006 le dedica un’esaustiva monografia pubblicata da Temi.
Dagli anni Duemila partecipa a numerose mostre sia in Italia che all’estero, è del 2007-2008 la grande esposizione al Foyers S. Chiara di Trento presentata da Luciano Caramel, Renzo Francescotti e Fiorenzo Degasperi.
A Trento seguono altre due importanti personali e diverse partecipazioni a collettive dal 2008 al 2013. Sue opere e istallazioni si trovano in musei e istituzioni pubbliche e private, sia in Trentino che oltreconfine; conta al suo attivo numerosissime mostre, circa 50 personali e oltre un centinaio di mostre di gruppo tra Trento, Milano, Parigi, Amersfoort (Museo Mondrianhuis), Budapest, Buenos Aires (MACLA), Madrid (Museo Reina Sofia).
 
Viene segnalata in varie pubblicazioni sulla pittura italiana. Nel 2011 viene insignita della Targa della PRO CULTURA «una vita per la Pittura».
È del 2017 la cerimonia di riconoscimento alla lunga carriera artistica di Elena Fia Fozzer a Trento, presso Palazzo Geremia, seguita da una mostra a Torre Mirana dal titolo «Forma, colore, luce».
 

Elena Fia Fozzer, Parete metastabile eolica, 2007.
 
Due parole sul «Movimento Madì», un’avanguardia che viene da lontano, dall’Argentina peronista in opposizione ai canoni artistici e politici di quel regime dittatoriale.
All’inizio si forma come un’arte di rottura, per perdere poi la sua connotazione politica, assumendo altri significati.
Era stata la stessa Elena Fia Fozzer, in una precedente intervista, a ricordarne la nascita: «Negli anni Novanta, io e alcuni artisti fra cui il grande Salvador Presta, alla Galleria d’arte Struktura di Milano fondammo, o meglio, rifondammo, il movimento Madì italiano.
«Il movimento Madì, fondato da C. Arden Quin, aveva raccolto attorno a sé, in Argentina, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i giovani di sinistra che volevano opporsi all’accademismo dell’arte ufficiale, lo stesso nome ha origine dalle iniziali del materialismo dialettico.
«Arden Quin si spostò poi a Parigi, il movimento cambiò anche nome. Nel 1995 a Madrid si riunì tutto il Madì del mondo per la spettacolare mostra internazionale al Museo Reina Sofia, fortemente voluta dallo stesso Presta, a cui parteciparono gli esponenti di 13 Paesi.
«Seguirono le mostre a Saragoza, Barcellona e Siviglia e il lungo viaggio in Turchia, nonché esposizioni negli Stati Uniti, in URSS e in America Latina. Sintetizzando al massimo, è un’idea dell’arte che suggerisce la trasformazione: le superfici si incontrano, si piegano, si intingono di colore…, l’opera è considerata un oggetto gioioso che convive con te nel tuo spazio.»
Ciò che Elena Fia Fozzer ha sempre voluto veicolare attraverso la sua arte è un messaggio positivo, di gioia e di speranza.
La sua è un’arte gioiosa, purtroppo a causa di un momento particolarmente difficile della sua vita personale, oltre al periodo cupo che stiamo vivendo tutti, per lei trovare la giusta ispirazione ora come ora non è facile.
 
«Pace appesa a un filo», realizzata nel 2018, richiama con forza il pensiero di quanto sia complicato il raggiungimento di una pace duratura tra i popoli; la storia dell’uomo è costellata di tentativi di appianare i conflitti, nonostante ciò il mondo purtroppo è tuttora dilaniato da guerre sanguinose.
Quest’opera pare suggerire anche l’idea di una «libertà fragile»: ci illudiamo di essere liberi, ma la libertà basata sull’assenza di limiti e sul disinteresse del bene comune si è dimostrata illusoria.
L’arte serve anche a questo, a veicolare messaggi di pace, invitando a riflettere su ciò che accade attorno a noi.
 
Elena Fia Fozzer è un’artista poliedrica. Valente pittrice, è peraltro autrice di diverse raccolte poetiche e numerosi racconti (risale al 1977 la pubblicazione del suo primo libro di poesie).
Vi proponiamo un breve racconto intitolato «Senza saperlo ho preso parte alla Resistenza - dopo l’otto settembre del 1943, il Trentino, il Tirolo e il Bellunese erano stati annessi al Terzo Reich»
 

Elena Fia Fozzer, Pentagramma blu, 1993.
 
Estate 1944. Còredo (Val di Non).
Sotto casa, in mezzo a una strada sterrata di paese, lungo la canaletta di terra fatta con le nostre mani, noi si giocava con le biglie di vetro colorate. Le schizzavamo tra il pollice e l’indice e ognuno puntava a superare l’altro.
Sollevai lo sguardo solo un po’ e vidi quegli stivali grandi con sopra un uomo e, lì vicino, altri uguali. Le SS, pensai.
«Dov’è tuo padre?»
«L’è a laorar al Pont dei Vodi» – risposi in dialetto e mi rimisi con noncuranza a giocare. Se me lo ricordo così bene, vuol dire che una qualche consapevolezza c’era in me.
Certo non dell’orrore che si sarebbe verificato se quei soldati non mi avessero creduto! Il mio papà era proprio lì in casa, uscito dal suo nascondiglio; due rampe di scale ed era fatta. Lui fucilato come disertore dell’esercito tedesco, noi tutti spediti…
Forse avevo sentito in casa le zie che si passavano la voce: se domandano di Aldo bisogna dire che è a lavorare al ponte.
A me nessuno badava, avevo solo 6 anni. È vero, lo confesso, mi è sempre piaciuto recitare e, pensando a quel momento, mi sembra di ricordare un pizzico di soddisfazione nel vedere, dopo le mie parole, gettate lì con la giusta indifferenza, quei famigerati stivali allontanarsi.
Voi che ne dite? Ora faccio pittura e scultura, ma forse facevo meglio a fare la teatrante… del resto nel mio dna c’è anche questo.

(Elena Fia Fozzer, racconto tratto dalla raccolta «Acquerelli di parole», 2013, con prefazione di Renzo Francescotti).

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Elena Fia Fozzer, Pace appesa a un filo, 2018.

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande