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Roberto Codroico, in mostra a Trento – Di Daniela Larentis

«Dall’Arte Popolare Religiosa alla pura Astrazione» è il titolo della personale che sarà inaugurata venerdì 28 aprile 2023 in Duomo, in Aula San Giovanni – L’intervista

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Roberto Codroico, 1969.
 
Venerdì 28 aprile, prenderà il via a Trento la mostra personale di Roberto Codroico, importante esponente del panorama artistico contemporaneo trentino.
«Dall’Arte Popolare Religiosa alla pura Astrazione» verrà inaugurata in Duomo alle 17.00, in Aula San Giovanni, con intervento di Mons. Lodovico Maule, Decano del Capitolo della Cattedrale, e presentazione critica di Nicoletta Tamanini.
Lucia Zanetti Vinante, proyect sponsor artistico-culturale, organizzatrice dell’evento, sottolinea come l’artista sia negli anni passato da un segno chiuso a un segno via via sempre più astratto, come sarà possibile osservare lungo il percorso espositivo.
 
Roberto Codroico, architetto ed artista, ha peraltro maturato una lunga esperienza nell’ambito del restauro e della valorizzazione del patrimonio; ha operato in questo campo per molti anni svolgendo l’attività di funzionario ai Beni Culturali, fra i suoi importanti interventi su noti edifici storici ricordiamo a Trento il Castello del Buonconsiglio e il Palazzo delle Albere, le chiese di Santa Maria Maggiore, della Santissima Trinità e un lungo intervento di restauro lapideo del Duomo, nonché la Rocca di Riva del Garda, il Castello di Fornace, Castel Romano nelle Giudicarie, per citarne alcuni a titolo esemplificativo.
 
Nato in Germania, vissuto per molti anni in Veneto (trascorre l’adolescenza a Padova e si laurea in Architettura a Venezia), trentino di adozione, per lungo tempo è stato infatti responsabile della tutela e restauro dei principali monumenti e centri storici del Trentino.
È stato fra l’altro membro delle Commissioni Comprensoriali per la Tutela del Paesaggio in rappresentanza del Servi zio Beni Culturali; della Commissione Provinciale per la tutela del Paesaggio; della Commissione Edilizia del Comune di Trento; della Commissione Beni Culturali; del Comitato Tecnico del Castello del Buonconsiglio. Docente universitario, studioso e storico dell’arte, è autore di diversi saggi sull’argomento, conta al suo attivo un centinaio di pubblicazioni.


Roberto Codroico, 1968.
 
La produzione artistica è molto vasta e si trasforma nel tempo; la sua è una pittura solo in una prima fase figurativa; attorno agli anni sessanta ritrae teste e nudi femminili, alternandoli a crocefissioni, nature morte, qualche paesaggio, passando a lavori dalle forme astratte, curvilinee e molto colorate.
Il segno da chiuso diventa via via sempre più astratto, una trasformazione che avviene anche grazie all’incontro e alle frequentazioni con importanti personaggi del Novecento, come Hans Richter, che considera il suo Maestro, uno dei fondatori del movimento Dada, come determinanti sono per lui i contatti con Vlado Kristi, Kurt Kren, Otto Muehl, per citarne alcuni. Egli si reca da Richter verso la fine degli anni sessanta per sottoporgli alcune domande inerenti a uno studio sulla «quarta dimensione della pittura» che sta conducendo, raggiungendolo a Locarno, in Svizzera.

Il minimalismo delle sue opere, caratterizzate dalla costante presenza di linee pure, esprime la necessità di un ritorno all’essenzialità.
I Teatrini prendono invece vita a partire dal 1970 sotto gli influssi degli Azionisti Viennesi, seguendo i suggerimenti di Hans Richter e il contrappunto di Ferruccio Busoni.
Codroico conta al suo attivo prestigiose esposizioni sia in Italia che all’estero. Fra le più recenti, citiamo a titolo esemplificativo un’esposizione di grande interesse, allestita a Palazzo Trentini nel 2021 dal titolo «Autonomia Ad Arte - L’autonomia prima dell’autonomia nel contemporaneo», che proponeva una lettura originale del tema sull’Autonomia della Provincia di Trento, partendo dalle sue radici storiche nella fondazione del Principato vescovile di Trento e nei successivi sviluppi storico-politici.
 
Nel 2020 aveva già presentato, sempre nella splendida ambientazione di Palazzo Trentini, una serie di opere in dialogo con quelle di un altro apprezzato pittore, il tirolese Robert Scherer (i due artisti, legati da una solida amicizia ventennale, hanno esposto assieme più volte sia in Italia che in Germania).
In attesa dell’inaugurazione di questa nuova mostra, abbiamo avuto il piacere di rivolgergli alcune domande.
 

Roberto Codroico, 1968.
 
Come è nata l’idea di questa mostra?
«Cerco tutti giorni l'ultima espressione della mia personalità, e lavoro con metodo artigianale. Dipingere è per me una necessità vitale come mangiare tutti i giorni.
«Di conseguenza ne deriva l'esigenza di mostrare agli altri il mio lavoro, di confrontarmi ed accettarne il giudizio senza per questo rinunciare al mio modo d'intendere l'arte e di esprimerla con un linguaggio personale.»
 
Come è stato pensato il percorso espositivo?
«Lo spazio espositivo dell'Aula di San Giovanni non è molto ampio ed è chiuso da una volta a botte piuttosto bassa, ha però un grande fascino per la sua storia, il diretto rapporto con l'edificio storico più importante del Trentino, la Cattedrale, e per il suo profondo significato religioso.
«È per questo che ho pensato ad una insolita esposizione; porre a confronto alcuni lavori degli anni sessanta con opere realizzate lo scorso anno.
«Soggetti, tecniche e modi di dipingere molto diversi ma che sono l'evoluzione l'uno dell'altro.»
 
Partendo dal ciclo di opere a tema religioso afferenti alla fine degli anni sessanta, sul tema della crocifissione e della Madonna, potrebbe condividere una riflessione sul rapporto «arte-religione»?
«Monsignor Lodovico Maule nella sua presentazione alla mostra ha chiaramente sottolineato la differenza tra quella che definiamo arte sacra e quella, che in modo più specifico, chiamiamo arte per la liturgia.
«Arte sacra è quell’espressione del genio umano che pone davanti a noi soggetti e realtà legati al mondo del sacro, mentre l’arte per la liturgia compie un ulteriore passo nel proporre opere che divengano sostegno per la preghiera.
«Gli storici dell'arte non si pongono il problema dell'uso delle opere d'arte ma generalmente si soffermano semplicemente sugli aspetti estetici. I miei lavori degli anni sessanta si rifanno liberamente ed in modo palese alla millenaria iconografia dell'arte religiosa, senza tener conto di classificazioni storiche, stili o scuole.»
 

Roberto Codroico, entrambi 1969.
 
Da storico dell’arte, potrebbe delineare brevemente il passaggio dal figurativo all’astratto di Wassilly Kandinsky? Come possono aver influito su tale passaggio le immagini popolari religiose?
«Nel secondo pieghevole che accompagna la mostra racconto il passaggio da parte di Wassilly Kandinsky dal figurativo all'astratto. Il pittore russo dipingeva scene popolari, racconti biblici e figure di santi, inoltre assieme alla pittrice Gabriele Münter collezionava piccoli quadri d'arte popolare bavarese, generalmente immagini di santi, poi all'improvviso in lui matura la pittura astratta.
«Quanto le immagini popolari religiose abbiano influito su questo passaggio è difficile da stabilire, certo è che anche per la copertina del Blaue Reiter utilizza l'immagine di San Giorgio a cavallo.
Ma partiamo dal dicembre del 1910, da quando Kandinsky aveva rassegnato le dimissioni da presidente del Neue Künstlervereinigung München e stava vivendo uno straordinario momento creativo a contatto con Franz Marc, Gabriele Münter, Alexei von Jawlensky, Marianne von Werefkin, Paul Klee ed il musicista Arnold Schönberg.
«Poco dopo dipinse un grande quadro intitolato concerto 3 composto da due macchie, una di colore giallo ed una di colore nero a rappresentare un pianista al pianoforte, mentre in basso, utilizzò molti schizzi di variopinti colori per evidenziare il pubblico e le note musicali che si diffondono nell’ambiente. Un'opera di puro colore.
«Poco prima di questa grande tela aveva dipinto una serie di immagini di santi: l’Ultimo giudizio e la Resurrezione di Cristo, così come più volte san Giorgio a cavallo che uccide il drago. Soggetti ispirati dall’arte popolare religiosa bavarese che assieme a Gabriele Münter collezionava. Verso la fine dell'anno scrisse un saggio dal titolo Über das Geistige in der Kunst in cui affermava che era giunto il tempo del nuovo regno dello spirito, esprimibile in pittura con i colori messi in relazione con la musica.
«Con Marc predispose un almanacco composto dalla raccolta di scritti e disegni di artisti moderni vicini all'astratto. Per la copertina dello stesso, che intitolarono Der Blaue Reiter, Kandinsky realizzò molte composizioni con San Giorgio che uccide il drago, simbolo del trionfo della fede cristiana. Poco dopo concluse il dipinto il giudizio finale, una grande tela sulla quale espresse le tensioni politiche del tempo; i difficili rapporti tra Germania e Russia, e la sensazione dell’avvicinarsi di un conflitto mondiale, i contrasti con gli artisti del gruppo Neue Künstlervereinigung München, e i problemi con Gabriele Münter, ma soprattutto quanto aveva già cercato di evidenziare con i lavori: Apocalisse, L’angelo con la tomba del giudizio finale, San Wladimiro, Il profeta Elia e L’evangelista Giovanni. Per Kandinsky fu un periodo di esplosiva creatività ma anche di contrasti e liti con gli altri artisti. Si impegnò quindi ad allestire in fretta e furia una mostra a Monaco alla Moderner Gallerie di Heinrich Thannhause.
«Durante il periodo d'apertura di questa mostra fu diffuso lo scritto Über das Geistige in der Kunst illustrato con dieci xilografie, non esente da concetti teosofici, e citazioni di Rudolf Steiner e di Helena Blavatsky tratte dal libro Der Schlüssel der Theosophie.
«Non mancarono critiche alle opere esposte a Monaco e al testo di Kandinsky. Tra le voci più autorevoli quella del gesuita Josef Kreitmaier, già aperto oppositore dell’espressionismo e di tutte le forme dell’arte moderna. Poche settimane dopo la prima mostra ne fu inaugurata una seconda con acquerelli di Kandinsky e, per la prima volta in Germania, con opere di Kazimir Malewic, pioniere dell'astrattismo geometrico e del suprematismo. La mostra fu visitata da Karl Gabriel Pfeill critico d’arte, poeta e filosofo, che nel 1919 fondò l’associazione Der Weiße Reiter, e nel 1920, in collaborazione con il giornalista Konrad Weiß, pubblicò una antologia di scritti cattolici d'arte pure dal titolo Der Weiße Reiter in opposizione all'almanacco Der Bleue Reiter di Kandinsky e di Franz Mac e alle opere esposte nel 1911 alla Galleria Thannhauser di Monaco.»
 

Roberto Codroico, entrambe 2022.
 
Da pittore figurativo negli anni giovanili, è passato gradualmente all’astratto. Ci può raccontare in breve questa fase della sua evoluzione?
«Non nego di aver visto nell'evoluzione di Kandinsky qualcosa paragonabile alla mia evoluzione senza per questo paragonarmi al grande artista russo precursore dell'astratto.
«Il mio percorso, molto diverso, è segnato da alcuni incontri casuali, altri cercati con alcuni esponenti delle così dette avanguardie storiche, con gli azionisti viennesi e le fughe in avanti non esenti da contestazioni degli anni sessanta.»
 
Progetti futuri?
«Se il Signore mi concederà la forza fisica e mentale, continuerò a dipingere, a cercare nuove vie d'espressione nel campo delle arti figurative e a occuparmi di ricerche storiche. Vorrei ancora sperimentare nuovi percorsi, linguaggi, tecniche e confrontarmi con gli altri. Con un certo rammarico devo dire d'aver fatto solo l'uno per cento di quanto volevo fare.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it


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