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«Alt(r)e Visioni, Le genti di montagna» – Di Daniela Larentis

In corso a Livo, nella suggestiva ambientazione di Palazzo Aliprandini Laifenthurn, la mostra collettiva curata da Nicoletta Tamanini, visitabile fino al 3 settembre 2023

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Carlo Sartori, «Si va al lavoro» - 1977 – Particolare.
 
È in corso a Livo, in Val di Non, «Alt(r)e Visioni, Le genti di montagna», la collettiva ideata e curata da Nicoletta Tamanini, ospitata nell’antico Palazzo Aliprandini-Laifenthurn. Inaugurata lo scorso 29 luglio innanzi a un folto pubblico, rimarrà aperta fino al 3 settembre 2023 nei seguenti orari di apertura: dal martedì al venerdì ore 20-22; sabato, domenica e festivi, ore 15-22 (ingresso libero).
A seguito dei gratificanti risultati delle passate stagioni, l’Associazione «Il Quadrifoglio» di Livo ha promosso l’iniziativa artistico-culturale, inserita all’interno della sesta edizione della manifestazione «Fior di Palazzo», ponendo questa zona della Val di Non al centro di un vivace dibattito artistico.
 
Lungo il percorso espositivo, è possibile ammirare oltre 70 opere di 7 noti artisti: Tullio Garbari, Carlo Sartori, Pietro Verdini, Flavio Faganello, Marco Simonini, Simone Turra e Matthias Sieff.
Si tratta, spiega la curatrice, che ha curato anche le due precedenti edizioni dell’evento, di artisti operanti in un arco temporale che dai primi del Novecento giunge fino alla contemporaneità, molto diversi per cultura, formazione e modalità espressive, tuttavia uniti da un forte sentimento per il territorio d’origine.
 
È lei stessa a introdurli nel testo di presentazione in catalogo, mettendo in luce alcuni interessanti aspetti.
«Ospite illustre, con ben tre dipinti realizzati tra il 1915 e il 1917 durante il forzato, doloroso soggiorno a Milano per gli eventi bellici, è il pittore perginese Tullio Garbari, scomparso prematuramente a Parigi nel 1931 all’età di 39 anni.
«Pur influenzato in quel periodo dalla pittura colta del tempo già si intravvedono nella sua opera, forse anche a causa della nostalgia dovuta alla lontananza, il legame con la terra d’origine ed alcuni segni connotativi di quel linguaggio assolutamente personale che l’artista maturerà nel corso del suo breve e tormentato percorso creativo.»
 

Tullio Garbari,  Paesaggio perginese  con il Brenta - 1916.
 
«Diverso – sottolinea poi – il registro poetico di Carlo Sartori, il pittore contadino, non ancora pienamente compreso nella poliedrica complessità del suo fenomeno artistico, il cui apprezzato e variopinto pennello narra prevalentemente, ma non solo, le storie della ruralità trentina, dei suoi usi e delle sue tradizioni.
«Una ricerca, quella del pittore del Lomaso che, da autodidatta, lo porterà con costanza e passione fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2010, ad essere artista colto e ben formato, latore, per quanto riguarda questo tema, di una poetica semplice e immediatamente comprensibile come semplice è, apparentemente, la vita contadina, ricca di piccoli momenti di gioia, di garbata ironia, di serena condivisione, ma anche di attimi di disperazione e profonda religiosità.»
 
Dell’artista toscano ma trentino d’adozione Pietro Verdini evidenzia, peraltro «Protagonista di una vita degna di un romanzo d’avventura che dalla povera Lunigiana lo condurrà attraverso i conventi toscani fino al Santuario de La Verna per poi, dopo un percorso lavorativo nella Guardia di Finanza, consegnarlo definitivamente all’arte, Verdini è un altro cantore delle genti trentine, simili per carattere e fisionomia alle popolazioni dell’entroterra tosco-emiliano da cui proviene.»
 

Carlo Sartori , «Si va al lavoro» - 1977 (opera intera).
 
Prosegue, parlando degli altri protagonisti della mostra, nomi conosciuti e apprezzati, come il fotografo Flavio Faganello.
«Faganello ha fissato nel tempo scatti immortali che descrivono in maniera quasi pittorica anche grazie al sapiente uso del bianco/nero, situazioni, usi, tradizioni e semplici momenti quotidiani, sublimandoli in narrazioni di un vissuto contadino carico di poesia e umanità oggi assolutamente scomparsi.
«Simile nell’intento, ma differente per l’ovvio divario temporale in cui gli scatti sono stati realizzati, è il percorso artistico di Marco Simonini, fotografo roveretano da sempre innamorato del paesaggio trentino e delle sue bellezze naturalistiche e da anni impegnato anche nel documentare, con garbo e curiosità, ciò che residua oggi sul territorio delle antiche tradizioni contadine, come la pratica dell’alpeggio, l’attività del malgaro e del casaro, la coltivazione dei campi e la cura degli ultimi, preziosi castagneti.»
 
Tamanini si sofferma infine sugli altri due artisti in mostra, gli scultori Simone Turra e Matthias Sieff.
«Nella Valle del Primiero è nato e tuttora lavora lo scultore Simone Turra. Selezionando spesso personalmente le pietre da scolpire tra le rocce dei monti circostanti e alternandole, nelle sue opere, con l’impiego di altri materiali tra cui legno, gesso o bronzo, Turra delinea un’umanità di particolare forza e fisicità, caricata dal peso e dalla fatica di una vita trascorsa in terre difficili e, fino a qualche anno fa, piuttosto isolate, come alcune zone del territorio in cui è nato.
«Dominato dal Gruppo del Sassolungo, in valle di Fassa, è invece situato l’atelier di Matthias Sieff, il più giovane tra gli artisti presenti in mostra. Dotato di un linguaggio originale, immediatamente riconoscibile, l’artista ladino, pur continuando l’antica tradizione dei suoi avi, attualizza la scultura lignea interpretandone l’intima essenza.»
 
«Alt(r)e Visioni, Le genti di montagna» è una mostra che merita di essere visitata, occasione per immergersi nella bellezza di un territorio, Il Trentino, che ha molto da offrire. In programma sono fissati inoltre una serie di altri eventi collaterali, per scoprire il luogo e la storia, oltre che per entrare in contatto con altri artisti: della letteratura, della poesia e della musica.

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Pietro Verdini, Contadino innamorato - 1990.

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