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Sabina Castelli, «Svuotamenti antropomorfi» – Di D. Larentis

Le opere dell’artista trentina, afferenti al ciclo non ancora concluso, sono l’ultima sintesi del suo percorso artistico – L’intervista

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Sabina Castelli - Foto © Laura Parolini.

Gli «Svuotamenti antropomorfi» di Sabina Castelli sono opere potenti, vibranti, ultima sintesi del suo percorso artistico.
Quello degli «Svuotamenti» è un ciclo, non ancora concluso, a cui l’artista trentina ha dato vita molti anni fa: opere di grande suggestione che «scavano» nel profondo, evocando emozioni, sentimenti, passioni.
Sabina Castelli riduce tutto all’essenziale, procedendo per sottrazione; ogni scultura è un’opera che si presta a più letture: viviamo in un mondo sempre più complesso e imprevedibile, in una società definita in molti modi, società liquida, società del rischio, dell’incertezza.
Come diceva il filosofo Bauman nelle sue numerose pubblicazioni, la nostra è una società in cui è «difficile sostare nell’incontro».
Quei volti pensanti, in relazione con l’ambiente in cui sono immersi, raccontano più di molte parole, assumendo la dignità di interlocutori, di «Tu», detto utilizzando il linguaggio di Martin Buber, del quale Giuseppe Milan parla in una sua nota pubblicazione dedicata alla pedagogia del «filosofo del dialogo».
 

Sabina Castelli, Ciclo Svuotamenti - Foto © Laura Parolini.
 
Sono opere che entrano in relazione dialogica con l’osservatore.
La relazione Io-Tu proposta da Martin Buber è una dimensione aperta, un’esortazione ad allargare i propri orizzonti del pensare e dell’agire.
Le sculture afferenti a questo ciclo richiamano l’idea di essenzialità, di una sobrietà intesa come valore da recuperare, soprattutto in un’epoca caratterizzata da un consumismo esasperato.
Il consumismo è la filosofia dell’adesso e dell’ora, per usare un’espressione di Bertman, mentre per creare queste opere ci vuole tempo e molta pazienza: volti enigmatici, velatamente malinconici, intrisi di poesia, trasognati, figure dormienti che sembrano appartenere a una dimensione onirica, accomunate da una dolcezza di fondo che le rende estremamente attraenti.
 

Sabina Castelli, Ciclo Svuotamenti - Foto © Laura Parolini.
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Nata a Trento (1967), Sabina Castelli si diploma in decorazione pittorica all’Istituto d’Arte «A. Vittoria» per poi continuare gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove ha come maestri Carmelo Zotti, Ennio Finzi e Amedeo Lolli (con il quale approfondisce la ricerca di anatomia artistica).
Si diploma in pittura nel 1994 con il critico d’arte Toni Toniato. Ha esposto, tra l’altro, nelle seguenti collettive: Premio Fondazione Bevilacqua La Masa – Venezia (1991); Premio di pittura «Prima Parete» – Milano Oratorio di S.Ambrogio (1993); Mostra di pittura e grafica «Prima Opera» – Venezia Palazzo Albrizzi – Istituto rumeno di cultura (1994); Mostra di pittura «Il viaggio di Goethe in Italia», Arci – Trento Palazzo della Regione (1998); Concorso di pittura «G. Segantini» – Arco (2003); «Teogrammi» (personale) – «Galleria Tikkit», Trento (2004). Collettiva: 2005: Il vento d’aprile soffia ancora, ARCI Trento; esposizione di opere presso Enoteca Grado 2012 (2014) e presso Torre Mirana. Dal 2001 è docente di ruolo di educazione artistica e di storia dell’arte.
Abbiamo avuto il piacere di porgerle alcune domande.
 

Sabina Castelli, Ciclo Svuotamenti - Foto © Laura Parolini.
 
Quali sono i soggetti da cui trae maggior ispirazione?
«L’ambiente familiare è per me fonte di continua ispirazione, colgo quotidianamente le espressioni dei volti dei miei figli, di mio marito, ma anche delle persone con cui entro in relazione nella vita di tutti i giorni, degli alunni che incontro a scuola.
«Io tengo un corso di disegno e storia dell’arte in sei classi, più un corso pomeridiano di ceramica, ciò mi offre l’opportunità di leggere le innumerevoli espressioni dipinte sui volti di centinaia di ragazzi e ragazze.
«Ogni volto è affascinante e racconta una storia, facendo questo lavoro mi viene spontaneo peraltro fare delle associazioni con i protagonisti dei quadri esposti nei musei.»
 
Quale tecnica utilizza nella realizzazione delle sue opere?
«Nel modellare l’argilla, utilizzo una particolare lavorazione, l’antica tecnica a colombino. Realizzo le forme manipolando piccoli salamini di creta, i colombini, unendoli man mano con le dita.
«Io uso pochissimi strumenti, preferisco servirmi delle mani. Nel processo di modellazione creo anche delle pressioni dall’interno, facendo emergere le forme, accogliendo i suggerimenti che la materia stessa mi trasmette; è un viaggio mai uguale che mi regala emozioni diverse.»
 

Sabina Castelli, Ciclo Svuotamenti - Foto © Laura Parolini.
 
Quando è nato questo ciclo?
«Sono affascinata dalla scultura arcaica da sempre; in particolare amo la scultura etrusca, mi hanno sempre affascinato i canopi, le urne cinerarie, oggetti avvolti dal mistero.
«Questo viaggio di tipo culturale mi ha fornito degli spunti che mi sono serviti per poter poi sviluppare una ricerca personale, ricerca che mi ha condotto al ciclo degli Svuotamenti antropomorfi.
«Si tratta di opere legate alla nostra epoca, volti sezionati, tagliati, che richiamano l’idea di frammentazione, un concetto molto contemporaneo.
«Le prime opere sono del 2011, le ultime del 2023. Dopo aver iniziato a modellare l’argilla ho abbandonato quasi completamente la pittura.
«Naturalmente c’è stata un’evoluzione; nel tempo, affinando la tecnica, ho aggiunto qualche particolare, cercando sempre di mantenere il giusto equilibrio. La dimensione classica mi affascina molto, il classico inteso come idea di bello e buono
 
Lei organizza laboratori di argilla. Può parlarci di questa esperienza?
«Come ho accennato poco fa, sono docente di disegno tecnico e storia dell’arte al Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Trento e organizzo da tempo laboratori di argilla per i ragazzi, nell’ambito delle attività extracurriculari, attività impegnativa ma molto appagante.
«Seguo diversi gruppi: per me è gratificante cogliere l’entusiasmo dei partecipanti mentre, esprimendo la loro creatività, imparano una tecnica così affascinante.»
 

Sabina Castelli, Ciclo Svuotamenti - Foto © Laura Parolini.
 
Suo padre, Gino Castelli, è un noto pittore: lei ha respirato l’arte fin da bambina. Può condividere un ricordo d’infanzia legato a lui?
«Ho tantissimi ricordi legati alla figura di mio padre. Da bambina lui mi prestava i suoi pennelli sottilissimi, si fidava di me e mi esortava a dipingere assieme a lui, mi permetteva di intervenire su alcune zone delle tele che stava dipingendo, coinvolgendomi. È un ricordo che mi accompagnerà sempre.»
 
Progetti futuri/sogni nel cassetto?
«Un sogno sarebbe quello di realizzare una piccola comunità di ceramisti, sarebbe bello potersi incontrare con regolarità per fare degli approfondimenti, all’insegna della condivisione.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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