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Giuseppe Colangelo, «Il giullare di Amblar» – Di Daniela Larentis

La presentazione della raccolta poetica ha avuto luogo alla libreria Ancora di Trento lo scorso 9 febbraio, con introduzione di Massimo Parolini – L’intervista

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Giuseppe Colangelo.

A Trento, alla libreria Ancora di Via Santa Croce, lo scorso 9 febbraio ha avuto luogo la presentazione della raccolta poetica «Il giullare di Amblar» di Giuseppe Colangelo (Edizioni del Faro).
Moderatore dell’incontro, il prof. Massimo Parolini, stimato giornalista e poeta.
La raccolta comprende sessantasette poesie definite dall’autore piccoli esercizi di «troponomastica trentina», poiché a partire dal nome dei luoghi dei paesi vi esercita i propri giochi ludico metaforici.

Come spiega lo stesso Parolini, Colangelo, da quasi un cinquantennio approdato a Trento in qualità di insegnante di materie letterarie negli istituti superiori, studioso di letteratura, esperto di didattica della storia, saggista e critico letterario, autore di poesie, esplora i toponimi trentini attraverso giochi diparole, calembour e limerick, offrendo al lettore un mix di umorismo e arguzia.

Nella poesia «Benevento e Trento», la toponomastica viene da lui utilizzata come veicolo per esprimere un attaccamento affettivo alla sua terra d'adozione, Trento, che egli accosta poeticamente alla sua città natale, Benevento.
Il testo riflette sull'amore per la lingua e la cultura della nuova terra, evidenziando la ricchezza che deriva dall'interazione e dall'innesto delle radici culturali.
Nel volume, le poesie sono divise tra quelle adatte ai bambini e quelle rivolte a un pubblico più adulto, con omaggi a personaggi locali e luoghi.

Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Giuseppe Colangelo, nato a Guardia Sanframondi (BN), vive dal 1975 a Trento dove ha insegnato italiano e storia in vari istituti superiori.
Studioso di letteratura contemporanea, si è occupato di svariati ambiti culturali, tra cui i rapporti tra letteratura e mondo contadino e le vicende del fascismo e della Resistenza nel Trentino.

Ha pubblicato saggi su Scotellaro, Rebora, Silone, Rebellato, Di Ciaula, Kosovel, Sovente, Abate, la poesia trentina del XX secolo e due raccolte diversi: Epigrammi, ghiribizzi e allegre diatribe (1999) e Parole d’occasione (2010).
Per la RAI regionale ha scritto i programmi Le terre dei poeti (2004) e La memoria divisa. Tredici romanzi per raccontare la guerra civile italiana (2005).
Da molti anni collabora come critico letterario con il quotidiano L’Adige.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

 
Come nasce l’idea della raccolta poetica «Il giullare di Amblar»?
«All’origine c’è la precisa volontà di rendere omaggio alla terra in cui molti anni fa ho scelto di vivere, con un gesto di affetto da esprimere mediante il mezzo che mi è più congeniale, la scrittura.
«I testi, composti a intervalli irregolari dal 2010 in avanti, erano già pronti per la pubblicazione nel 2015, al compimento giusto dei quarant’anni da me trascorsi in Trentino, e invece lasciai perdere continuando a rimaneggiarli, con potature, decurtazioni e ritocchi, alla ricerca di un assetto il più possibile vicino alle mie intenzioni.»
 
Ci dice qualcosa anche sul titolo, così particolare?
«Devo tornare brevemente alle intenzioni di cui ho appena parlato, che erano tutte nella direzione di mantenermi lontano dalle insidie della retorica nonché di evitare l’omaggio adulatore, ruffiano e gli strumenti adatti per farlo mi sono sembrati subito l’ironia e l’autoironia.
Di qui la scelta del termine giullare e cioè giocoliere, risalente al provenzale antico joglar che discende a sua volta dal latino iocularis (da iocus scherzo).
«Insomma un personaggio inventato – ma vero alter ego, un sostituto di fiducia – che se ne va in giro per le valli del Trentino ad acchiappare nomi di luoghi e di paesi per giocare liberamente con essi. Quanto ad Amblar, io di quel paesino dell’alta Val di Non conoscevo solo il nome, il nome per l’appunto! Così buono da pronunciare, così in accordo con giullare, così in armonia – una rima interna fascinosa – con joglar!
«Mi à parso immediatamente il più giusto, non potevo lasciarmelo sfuggire. La raccolta si apre con un componimento intitolato Il tuo nome Amblar e si chiude con quello che le dà il titolo generale.»
 
In che modo ha utilizzato i nomi dei luoghi e dei paesi trentini per creare giochi fonici e metaforici?
«In modi diversi. In alcuni casi sono le caratteristiche di un paesaggio a far scattare la scintilla del gioco:
«A Besenello / c’è un castello / che di giorno è sempre quello / ma quando sera sale / si traveste da astronave.
«In altri le connotazioni storiche: Il merlo di Bezzecca / allegro saltabecca / e non teme mai ribaldi / ha studiato Garibaldi.
«Il merlo di Bezzecca / più non saltabecca / ma ripete come un disco / obbedisco obbedisco. In altri ancora il prodotto tipico di un certo territorio:
«La vita ahimè / è solo un contorno / disse mesta / tra sé e sé / la patata di Gresta / alla vista del forno.
«Certe volte infine - ma potrei continuare ancora con l’elenco delle modalità - il nome di un paese è il puro pretesto per inventare un viluppo di versicoli ludofonici:
«A Cavedago / c’è un mago / di Cloz / che dà spago / al mago / di Oz.
Il tutto spiega, non senza motivo dunque, la scelta del sottotitolo del libro che è piccoli esercizi di troponomastica trentina
 
Fra i vari componimenti poetici, potrebbe commentarne un paio?
«Scelgo di commentare i due, fra quelli (non molti), che richiedono la lettura delle Note ai testi poste in calce al volumetto, per essere intesi appieno. Il primo è intitolato Tre ruganti su ‘n ten doss e si riferisce alle irriverenti storpiature (di marca popolare?) del latino chiesastico di una volta.
«Il Trentino ne annovera parecchie, tre le quali due capolavori assoluti, un Angele Dei qui custos es mei, tibi commisum pietate superna ridotto in betibi commesso patate superba e il Te rogamus audi nos” della preghiera a Maria, splendidamente sfigurato in tre ruganti su ’n ten doss”. Ecco il testo: «Tre ruganti su ‘n ten doss / sembra calma dipintura / di maiali pascolanti / ma fu sublime storpiatura / di parole latinanti / che suonavano in preghiera / Te rogamus audi nos». Il secondo si intitola Così Grauno.
«Grauno è l’ultimo paese della Valle di Cembra, dove il Martedì Grasso di ogni anno si svolge un antico rituale di passaggio dall’inverno alla primavera incentrato sull’abbruciamento di un pino che, dopo essere stato benedetto, viene trascinato per le vie del paese fino alla busa del carneval dove ha luogo il rogo.
«In base alla direzione delle falive gli anziani presagiscono l’andamento dell’annata agricola: se il vento le spinge verso Trento l’annata sarà ricca, se le porta verso Cavalese l’annata sarà magra. Basta spiegazioni, ecco i versi: “Brucia il pino brucia / nella busa del Carneval / (ma brusa bene o brusa mal?): / falive vive su Trento / fanno cuore contento / falive attive su Cavalese / annata magra e spese. / Così nel rito antico / apre Grauno una sera / le porte a primavera».
 
L’immagine di copertina è realizzata da uno dei più importanti protagonisti del panorama artistico trentino contemporaneo, Lome: perché lo ha scelto per rappresentare la sua raccolta di poesie?
«In generale perché seguo e amo da sempre il lavoro creativo di Lome; nello specifico perché questa immagine così carica di senso e di suggestioni (in alto a sinistra la parola poetry, le lettere dell’alfabeto che trasvolano libere come lanciate da un saltimbanco della lingua, la forza magnetica del colore, la sigla KN, in basso a sinistra, che richiama la principale opera – manifesto italiano dell’astrattismo – del grande roveretano Carlo Belli, etc.) mi ha catturato, proprio come il nome di Amblar. A tal punto da farmi esclamare senza esitazione eureka!»
 
A cosa sta lavorando? Quali i progetti editoriali futuri?
«Per pareggiare il conto ho cominciato a scrivere versi su luoghi e paesi della mia terra di origine. Si intitolerà Il giullare di Warda (piccoli esercizi di troponomastica sannita).
«Warda è il nome longobardo del mio paese natio, Guardia Sanframondi, nel cuore del Sannio, in provincia di Benevento. Sto poi raccogliendo i saggi e gli articoli che nel corso degli anni ho dedicato a diversi autori della letteratura trentina del Novecento e oltre.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

 Tre haiku per la Biblioteca di Piné (di Giuseppe Colangelo)  
«Fiorisce libri
la riva di Serraia:
oh acqua gaia.»
 
«Godi lettore
luogo vago è questo
lago dei libri.»
 
«Pagine aperte
donano a sé ed altri.
Loro, i pinaltri.»

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