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Disagio giovanile – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

La vita «accelerata» che ci siamo dati, abbiamo impoverito bambini e adolescenti dei mezzi necessari per stare nel mondo

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Sappiamo bene che la parola disagio sta a indicare il contrario dell’agio ed è condizione di sofferenza o stato globale di malessere.
Ma quello giovanile che, vista la frequenza, ci sembra di conoscere bene, sovente è un’etichetta generica con cui tentare di spiegare il comportamento adolescenziale o quell’agire per noi pericoloso.
Una percezione adulta di ogni epoca, presente ad ogni passaggio generazionale.
«La gioventù di oggi è corrotta nell’anima, malvagia… Non potrà mai essere ciò che era la gioventù di una volta e non potrà mai conservare la nostra cultura» – dice un’iscrizione trovata su una tavoletta assiro-babilonese di circa mille anni prima di Cristo!
 
In questo nostro tempo complesso però ci sfugge il fatto che gli adolescenti di oggi, privati del futuro, impauriti e angosciati (come tutti) dalla precarietà dell’esistenza e assaliti dal panico, faticano a gestire le loro emozioni.
Ma a dire il vero, presi dal dovere di proteggerli oltre misura, forse abbiamo trascurato di aiutarli a riconoscere gli stati d’animo problematici che attraversano l’esistenza e costruire nei primi anni di vita le necessarie mappe emotive.
Li abbiamo invece resi analfabeti sul piano emozionale al punto tale che oggi la generazione Alpha, fatica molto a costruire relazioni affettive, valide e durature e appare sempre di più in difficoltà onlife nella loro gestione.
 
Gli adolescenti oggi, attraversando la tempesta delle sofferenze scatenata dalla pandemia, non hanno acquisito la capacità di gestire ciò che provano. Impastano la fatica fisiologica dello sviluppo affettivo, relazionale e sociale con la mancanza di strumenti psicologici e razionali.
Ma non sono malati di mente e portatori di una deviazione patologica dalla norma, perché la normalità non esiste. Sono a disagio perché mancano degli strumenti che servono per dare senso a ciò che accade.
Le neuroscienze, ci confermano da tempo che una parte del cervello, il cosiddetto lobo frontale della corteccia in cui vengono elaborati i pensieri, è anche quella zona intricata di connessioni neuronali con cui si esercita la gestione e il controllo delle emozioni che arriva a maturazione tardi, non prima dei 20-21 anni.
 
Ritardo o tempo lungo e fisiologico dell’immaturità, regolato non da noi ma da leggi biologiche che la nostra civiltà vorrebbe controllare, ma che produce disagio in un mondo in cui tutto corre velocemente e accade presto, troppo precocemente, facendo sembrare che l’attesa sia un tempo sprecato o inutile.
La vita «accelerata» che abbiamo dato a noi stessi e abbiamo imposto ai bambini e ai giovani, sta impoverendo gli adolescenti dei mezzi necessari per stare nel mondo.
Insieme a questo la distanza o la trascuratezza materiale e affettiva delle figure di riferimento, sta creando nuove povertà relazionali in adolescenza e oltre.
 
Aumenta la mancanza di tolleranza alle frustrazioni e l’incapacità di leggere i sentimenti propri e altrui e finisce per contribuire alla costruzione di personalità rigide e ostinate che non sanno dare un significato a quello che vivono e aumenta quella zona grigia del disagio che prima di essere patologia dell’umore o depressione è fuga dal mondo e ritiro sociale, attacco al corpo e rifiuto del cibo o autolesionismo non suicidario.
Per nulla da trascurare.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it

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