Una legge bipartisan si è intromessa tra editori e lettori di libri
Col primo di settembre saranno vietati gli sconti superiori al 15% dei prezzi di copertina dei libri
In un momento in cui al Paese
vengono chiesti sacrifici di ogni genere, il Parlamento è riuscito
a varare una legge particolarmente illiberale. Porta il nome di un
parlamentare del PD, ma è stata approvata da tutti, anche dal
sedicente liberalissimo PDL.
La legge cui facciamo riferimento è quella che impedisce che
vengano effettuati sconti superiori al 15% sul prezzo di copertina
dei libri, tranne poche eccezioni. Entrerà in vigore il 1°
settembre.
È chiaro lo scopo della legge. Vuole che le librerie e le edicole
possano continuare a vendere libri senza subire la concorrenza
sleale degli editori che quando vendono online possono
risparmiare i costi della distribuzione.
Per la musica, la tecnologia ha quasi cancellato la distribuzione
di CD, in quanto è possibile acquistare via internet le comodissime
versioni MP3, con il vantaggio che si può acquistare anche il solo
brano che interessa, al prezzo di un singolo e senza il costo del
supporto, e ricevere il brano via email in pochi minuti.
Per i libri, ovviamente, la versione virtuale non offre gli stessi
vantaggi, perché chi volesse leggere il libro su carta (lo vogliono
i più), a stamparlo in casa verrebbe a costare più del prezzo di
copertina.
Però, vendendo i libri per posta, le grandi distribuzioni hanno il
vantaggio di evitare il costo della distribuzione. Una libreria ha
il margine del 30 percento e se volesse farlo, l'editore potrebbe
scontarlo nel prezzo.
Ecco perché si sono mossi i parlamentari, a difesa delle
librerie.
Però l'effetto impattante è che questa legge va a tutto svantaggio
dei consumatori, cioè dei lettori. Che senso ha fare una norma che
impedisca al consumatore finale di pagare meno un prodotto?
Una volta che produttore e consumatore trovano una loro strada meno
costosa, senza evadere le tasse, perché impedirla?
Per contro, non possiamo dimenticare che base di tutto c'è il
prezzo di copertina dei libri, perché si parla di cifre fuori di
ogni logica.
Pagare 25 euro per un libro di un autore famoso è ridicolo.
L'alternativa è prenderlo in prestito dalla Civica Biblioteca (cosa
che moltissimi ormai fanno), o non acquistarlo per niente.
Ma il legittimo dubbio è che i prezzi di copertina vengano gonfiati
per consentire agli editori di praticare grandi sconti a tutto
discapito della distribuzione.
In tutto questo, peraltro, ci sembra che sarebbe stato sufficiente
(e forse necessario) che l'Autorità garante per la concorrenza
vigilasse sui meccanismi delle promozioni commerciali dei
libri.
L'idea di fare forti sconti ai libri in prenotazione, ad esempio,
ci sembrava vincente. Comoda per lettori ed editori. Da fare anche
tramite la distribuzione tradizionale.
Certo è che le leggi volte a modificare le regole di mercato, prima
o poi sono destinate a cadere.In un momento in cui al Paese vengono
chiesti sacrifici di ogni genere, il Parlamento è riuscito a varare
una legge particolarmente illiberale. Porta il nome di un
parlamentare del PD, ma è stata approvata da tutti, anche dal
sedicente liberalissimo PDL.
La legge cui facciamo riferimento è quella che impedisce che
vengano effettuati sconti superiori al 15% sul prezzo di copertina
dei libri, tranne poche eccezioni.
È chiaro lo scopo della legge. Vuole che le librerie e le edicole
possano continuare a vendere libri senza subire la concorrenza
"sleale" degli editori che quando vendono online possono
risparmiare i costi della distribuzione.
Per la musica, la tecnologia ha quasi cancellato la distribuzione
di CD, in quanto è possibile acquistare via internet le comodissime
versioni MP3, con il vantaggio che si può acquistare anche il solo
brano che interessa, al prezzo di un singolo e senza il costo del
CD, e ricevere il brano via email in pochi minuti.
Per i libri, ovviamente, la versione virtuale non offre gli stessi
vantaggi, perché chi volesse leggere il libro su carta (lo vogliono
i più), a stamparlo in casa verrebbe a costare più del prezzo di
copertina.
Però, vendendo i libri per posta, le grandi distribuzioni hanno il
vantaggio di evitare il costo della distribuzione. Una libreria ha
il margine del 30 percento e va da sé che, se volesse farlo,
l'editore potrebbe scontarlo nel prezzo.
Ecco perché si sono mossi i parlamentari, a difesa delle
librerie.
Però l'effetto è che questa legge va a tutto svantaggio dei
consumatori, cioè dei lettori. Che senso ha fare una norma che
impedisca al consumatore finale di pagare meno un libro?
Una volta che produttore e consumatore trovano una loro strada meno
costosa, senza evadere le tasse, che senso ha impedirla?
Per contro, non possiamo dimenticare che base di tutto c'è il
prezzo di copertina dei libri, perché si parla di cifre fuori di
ogni logica.
Pagare 25 euro per un libro di un autore famoso è ridicolo.
L'alternativa è prenderlo in prestito dalla Civica Biblioteca (cosa
che moltissimi ormai fanno), o non acquistarlo per niente.
Ma il legittimo dubbio è che i prezzi di copertina vengano gonfiati
per consentire agli editori di praticare grandi sconti a tutto
discapito della distribuzione.
In tutto questo, peraltro, ci sembra che sarebbe stato sufficiente
(e forse necessario) che l'autorità garante per la concorrenza
vigilasse sui meccanismi delle promozioni commerciali.
L'idea di fare forti sconti ai libri in prenotazione, ad esempio,
ci sembrava vincente. Comoda per lettori ed editori. Da fare anche
tramite la distribuzione tradizionale.In un momento in cui al Paese
vengono chiesti sacrifici di ogni genere, il Parlamento è riuscito
a varare una legge particolarmente illiberale. Porta il nome di un
parlamentare del PD, ma è stata approvata da tutti, anche dal
sedicente liberalissimo PDL.
La legge cui facciamo riferimento è quella che impedisce che
vengano effettuati sconti superiori al 15% sul prezzo di copertina
dei libri, tranne poche eccezioni.
È chiaro lo scopo della legge. Vuole che le librerie e le edicole
possano continuare a vendere libri senza subire la concorrenza
"sleale" degli editori che quando vendono online possono
risparmiare i costi della distribuzione.
Per la musica, la tecnologia ha quasi cancellato la distribuzione
di CD, in quanto è possibile acquistare via internet le comodissime
versioni MP3, con il vantaggio che si può acquistare anche il solo
brano che interessa, al prezzo di un singolo e senza il costo del
CD, e ricevere il brano via email in pochi minuti.
Per i libri, ovviamente, la versione virtuale non offre gli stessi
vantaggi, perché chi volesse leggere il libro su carta (lo vogliono
i più), a stamparlo in casa verrebbe a costare più del prezzo di
copertina.
Però, vendendo i libri per posta, le grandi distribuzioni hanno il
vantaggio di evitare il costo della distribuzione. Una libreria ha
il margine del 30 percento e va da sé che, se volesse farlo,
l'editore potrebbe scontarlo nel prezzo.
Ecco perché si sono mossi i parlamentari, a difesa delle
librerie.
Però l'effetto è che questa legge va a tutto svantaggio dei
consumatori, cioè dei lettori. Che senso ha fare una norma che
impedisca al consumatore finale di pagare meno un libro?
Una volta che produttore e consumatore trovano una loro strada meno
costosa, senza evadere le tasse, che senso ha impedirla?
Per contro, non possiamo dimenticare che base di tutto c'è il
prezzo di copertina dei libri, perché si parla di cifre fuori di
ogni logica.
Pagare 25 euro per un libro di un autore famoso è ridicolo.
L'alternativa è prenderlo in prestito dalla Civica Biblioteca (cosa
che moltissimi ormai fanno), o non acquistarlo per niente.
Ma il legittimo dubbio è che i prezzi di copertina vengano gonfiati
per consentire agli editori di praticare grandi sconti a tutto
discapito della distribuzione.
In tutto questo, peraltro, ci sembra che sarebbe stato sufficiente
(e forse necessario) che l'autorità garante per la concorrenza
vigilasse sui meccanismi delle promozioni commerciali.
L'idea di fare forti sconti ai libri in prenotazione, ad esempio,
ci sembrava vincente. Comoda per lettori ed editori, da fare anche
tramite la distribuzione tradizionale.
L'unica consolazione è che le leggi volte a modificare le regole di
mercato, prima o poi sono destinate a cadere.
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