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Ci ha lasciati Monica Vitti, aveva 90 anni

Era una leggenda del cinema italiano. Purtroppo stava male da anni

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Monica Vitti, pseudonimo di Maria Luisa Ceciarelli, era nata a Roma il 3 novembre 1931.
La sua caratteristica voce roca e l'innata verve l'hanno accompagnata per quasi quarant'anni di carriera cinematografica, dalle sue interpretazioni drammatiche nella «tetralogia dell'incomunicabilità» di Michelangelo Antonioni («L'avventura», «La notte», «L'eclisse» e «Deserto rosso») che le diedero fama internazionale, a quelle in ruoli brillanti (da «La ragazza con la pistola» a «Io so che tu sai che io so») che la fecero considerare l'unica "mattatrice" della commedia all'italiana, tenendo ottimamente testa ai colleghi uomini Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni.
Ha ottenuto numerosi premi, tra cui cinque David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), tre Nastri d'argento, dodici Globi d'oro (di cui due alla carriera), un Ciak d'oro alla carriera, un Leone d'oro alla carriera a Venezia, un Orso d'argento alla Berlinale, una Concha de Plata a San Sebastián e una candidatura al premio BAFTA.
 
Nata a Roma da padre romano, Angelo Ceciarelli, e da madre bolognese, Adele Vittiglia, da bambina ha vissuto a Messina per circa otto anni a causa del lavoro del padre, un Ispettore del Commercio Estero.
In quel periodo fu soprannominata scherzosamente dai familiari «setti vistìni», per via della sua freddolosità che la portava a indossare i vestiti l'uno sull'altro.
Sette sottane, traduzione del nomignolo infantile, diventò poi il titolo del suo primo libro autobiografico, edito nel 1993, seguito da Il letto è una rosa (1995).
 
Scoprì la passione per il teatro durante la guerra, mentre - racconta lei stessa - giocava con i burattini dilettando i fratelli, distraendoli così da un periodo molto buio.
Nel 1953 si diplomò all'Accademia nazionale d'arte drammatica, allora diretta dal suo maestro Silvio D'Amico e intraprese quella che sarà una breve ma formativa attività teatrale, in cui diede prova della sua versatilità recitando in Shakespeare e Molière.

Particolarmente significativa fu la sua esperienza accanto a Sergio Tofano - suo insegnante in Accademia - negli allestimenti delle commedie sul personaggio di Bonaventura, firmate dallo stesso Tofano con lo pseudonimo «Sto»; qui offrirà le sue prime prove di versatilità nella comicità, che contraddistinguerà gran parte della sua carriera.
 
Su consiglio di Tofano, in quegli anni fu invitata ad adottare un nuovo nome e cognome, più artistico. Allora si mise a tavolino, e scelse metà del cognome di sua madre, Vittiglia, alla quale fu molto legata e che perse in giovane età. Al cognome associò il nome "Monica", che aveva appena letto in un libro e le suonava meglio.
Nel 1956 esordì come Ofelia in Amleto di Riccardo Bacchelli al Teatro Olimpico di Vicenza e in Bella di Cesare Meano al Teatro del Convegno di Milano con la regia di Enzo Ferrieri. A Roma si esibì in una serie di atti unici comici al Teatro Arlecchino (ora Teatro Flaiano).
Dopo qualche ruolo di secondo piano in alcune pellicole comiche, venne notata dal regista Michelangelo Antonioni, con il quale intrecciò una relazione artistica e sentimentale, che ne fece la sua musa e la protagonista nella sua celeberrima tetralogia cosiddetta dell'incomunicabilità.
Diventò così la tormentata Claudia in L'avventura (1960), la tentatrice Valentina di La notte (1961), la misteriosa e scontenta Vittoria di L'eclisse (1962) e la nevrotica Giuliana in Deserto rosso (1964).
 
Lavorò, anche se saltuariamente, come doppiatrice: diede la voce al personaggio Ascenza nel film Accattone di Pasolini; a Rossana Rory in I soliti ignoti di Monicelli e a Dorian Gray nel film Il grido di Antonioni; è la voce inoltre di Dalila (Daphne) nel film Senti chi parla adesso! (1993), sostituendo la voce di Diane Keaton nella versione originale, insieme a Renato Pozzetto, voce del cane Scag (in originale Rocks), originalmente doppiato da Danny DeVito.
È stata doppiata a sua volta da Vittoria Febbi in La pacifista (1970) di Miklós Jancsó, anche se dello stesso film esiste una versione in cui Vitti si auto doppia (sono disponibili entrambe nel DVD Cinekult, mentre solo il doppiaggio con la Febbi è presente nell'edizione Alan Young).
 

 
Fu Mario Monicelli, su proposta del produttore Fausto Saraceni, a metterne in risalto la sorprendente verve di attrice comica, dirigendola nella commedia «La ragazza con la pistola» (1968), dove Vitti interpretò il ruolo di Assunta Patanè, una ragazza siciliana che insegue fino in Scozia l'uomo che l'ha "disonorata" (Carlo Giuffré) con l'intento di vendicarsi.
Il film ebbe un grande successo e contribuì notevolmente a ridefinire la carriera dell'attrice romana, soprattutto agli occhi del pubblico.
Questo significativo e di fatto definitivo mutamento dell'immagine cinematografica di Vitti fu in qualche modo anticipato, nel 1964, dal film Il disco volante di Tinto Brass e nel 1966, dal film di produzione britannica Modesty Blaise, «La bellissima che uccide di Joseph Losey», al quale partecipò anche Rossella Falk, e da altre commedie italiane del 1967, tra cui «Ti ho sposato per allegria di Luciano Salce» e «La cintura di castità» di Pasquale Festa Campanile, ove ebbe come partner rispettivamente Giorgio Albertazzi e Tony Curtis.
Nel 1966 rifiutò un ruolo in Grand Prix di John Frankenheimer, ove sarebbe stata inserita in un cast internazionale guidato da James Garner, Toshir? Mifune e Yves Montand.
 
Lasciate alle spalle le esperienze internazionali, sia pure episodiche, e una volta confermato il suo talento brillante, tra gli altri, in «Dramma della gelosia» (1970) di Ettore Scola, «Gli ordini sono ordini» (1972) di Franco Giraldi e La Tosca (1973) di Luigi Magni, Vitti, durante gli anni settanta, sarà protagonista di numerose pellicole del filone della commedia all'italiana. L'esperienza accanto ad Alberto Sordi nei film con lui interpretati per la regia di quest'ultimo sarà quella che l'avvicinerà maggiormente al grande pubblico, nel senso più nazional-popolare del termine.
 
Negli anni ottanta tornò a lavorare con Michelangelo Antonioni in Il mistero di Oberwald (1980) e Alberto Sordi in Io so che tu sai che io so (1982).
Nel 1981 affiancò Vittorio Gassman in Camera d'albergo di Mario Monicelli. Nel 1983, con la pellicola Flirt di e con l'esordiente Roberto Russo, ricevette il premio dell'attrice al Festival di Berlino del 1984; la collaborazione con Russo, suo futuro marito, continuò con Francesca è mia (1986); entrambi i film furono sceneggiati anche dalla stessa Vitti. In quel periodo recitò a teatro in La strana coppia (1987) e Prima pagina (1988).
Nel giugno del 1984 prese parte al picchetto d'onore ai funerali del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, insieme ad altri esponenti del cinema italiano come Federico Fellini e Marcello Mastroianni.
Nel 1988, il prestigioso quotidiano francese Le Monde commise una clamorosa gaffe nei suoi confronti, pubblicando in prima pagina la notizia della sua morte, «avvenuta per suicidio con barbiturici».
 L'attrice, con grande eleganza e senso dell'umorismo, si limitò a smentire la notizia, ringraziando i responsabili della gaffe per averle allungato la vita. Nello stesso anno fu protagonista con Orazio Orlando del videoclip Ma chi è quello lì, brano eseguito da Mina, tratto dall'album Rane supreme, e composto da Pino D'Angiò.
 

 
Dopo aver esordito anche nella regia col film Scandalo segreto (1990), da lei anche scritto e interpretato accanto a Catherine Spaak, e che rimane la sua ultima apparizione sul grande schermo, nel 1992 recitò nella miniserie TV «Ma tu mi vuoi bene?» accanto a Johnny Dorelli, in cui interpretò il ruolo di un'assistente sociale, e nella stagione 1993-1994 fece parte del cast della trasmissione di Rai 1 Domenica in. Alla Mostra del cinema di Venezia del 1995 ricevette infine il Leone d'oro alla carriera.
Il 15 giugno 2000 prese parte ai festeggiamenti per gli ottant'anni di Alberto Sordi, mentre il 24 giugno, assieme ad altri colleghi, festeggiò la sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico per la consegna dei Globi d'oro a Cinecittà.
A dicembre del 2000 nella basilica di San Pietro in Vaticano, celebrò il Giubileo, assieme a molti personaggi del mondo dello spettacolo.
Nell'aprile 2001 venne ricevuta al Quirinale assieme ai premiati del David di Donatello. Sempre nello stesso mese, partecipò alla convention dell'Ulivo insieme al marito Roberto Russo.
 
Già allontanatasi dalle scene da diverso tempo e prima di ritirarsi definitivamente a vita privata, a causa delle sue condizioni di salute, si mostrò al pubblico per l'ultima volta nel marzo del 2002, alla prima teatrale italiana di «Notre-Dame de Paris».
Nello stesso periodo concesse anche l'ultima intervista. Verrà immortalata dai fotografi per le ultime volte, dapprima in giro per le vie di Roma e poi a Sabaudia, in compagnia del marito.
Nel 2016, il marito Roberto Russo ha rotto il silenzio, dichiarando false le voci che circolavano sulla presunta degenza dell'attrice presso una clinica svizzera, e confermando che vive nella casa romana in cui ha sempre vissuto, accudita proprio da lui stesso e da una badante.
Questa dichiarazione è stata ribadita dal marito anche nel 2020, in occasione dell'89º compleanno dell'attrice.
Nel 2021, in occasione dei suoi novant'anni, le è stato dedicato il docufilm Vitti d’arte, Vitti d’amore, diretto da Fabrizio Corallo e promosso dalla Rai, che è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2021 e poi trasmesso su Rai 3 il 5 novembre 2021.[15]
 
Ha avuto tre lunghe e importanti storie d'amore. La prima, con il regista Michelangelo Antonioni; poi, con il direttore della fotografia Carlo Di Palma, che l'ha anche diretta in tre film nella metà degli anni settanta; infine, con il fotografo di scena e regista Roberto Russo, che ha sposato il 28 settembre 2000, in Campidoglio, dopo 27 anni di fidanzamento.

È morta, dopo una lunga malattia, il 2 febbraio 2022.[16]

Si ringrazia Wikipedia per le note e le foto.

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