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Intervista alla giovane regista trentina Tiziana Poli – Di L. Grillo

«Del Trentino porto un aspetto caratteriale. Forse un’antica e radicata cultura del lavoro che, rielaborata, mi porta a un’ostinata determinazione e a non mollare mai»

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Tiziana Poli, trentina, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Venezia, specializzandosi in Fotografia, Cinema e Video.
A Trento, è cofondatrice de «Il funambolo», associazione culturale con cui organizza eventi culturali, occupandosi prevalentemente di allestimenti, video e grafica.
Dal 2010 al 2013 ha frequentato il corso di regia alla ZeLIG - scuola di documentario, televisione e nuovi media di Bolzano - e si è diplomata presentando il film Un fin del mundo, girato in Messico nel 2012.
Sono stata felice di approfondire il suo percorso artistico, porgendole alcune domande.

Come sei arrivata a lavorare nel grande cinema?
«Già nell’estate del 2012 ho affiancato Alessandro Rossetto, regista del film Piccola Patria, presentato al Festival del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.
«Poi sono approdata a Roma, accompagnata dal mio tutor didattico Emanuele Vernillo, che devo davvero ringraziare perché mi ha portato con sé a Roma, dopo diverse insistenze da parte mia, permettendomi di iniziare a lavorare con Pietro Marcello e con la sua casa di produzione Avventurosa
 
E dopo il diploma conseguito a Bolzano?
«Nel 2013 ho cominciato a lavorare con Pietro Marcello, formando un sodalizio artistico che dura tuttora e mi ha portato a collaborare a Bella e Perduta, presentato al Festival di Locarno nel 2015, e a Martin Eden, coppa Volpi al recente Festival di Venezia e vincitore del Festival di Toronto nella sezione Platform. In quest’ultima occasione, ho ricoperto il ruolo di Art Director.
«Nel 2016 sono stata aiuto regista di Meritxell Campos Olivè per il film Santa Inocencia.
«In questi ultimi anni ho lavorato con Alice Rohrwacher sul set di Lazzaro Felice e Lamica geniale (che uscirà quest’anno), e con Federica Di Giacomo.
«Questi registi hanno tutti una radice che affonda nel mondo del documentario, o quanto meno tendono a quel mondo, affrontando anche il cinema di finzione con uno sguardo particolare. Quello del documentario è d’altra parte l’ambito cinematografico da cui anche io provengo.»
 
Qual è l’esperienza più interessante vissuta fino ad ora?
«È difficile dirlo perché ogni esperienza è stata per me l’occasione di entrare da una piccola porticina che svela un immaginario complesso.
«Stare vicino a un regista significa cercare di entrare in un universo di volti, luoghi, emozioni, idee come lui o lei li vede e percepisce. Sono quindi tutte esperienze uniche. Potrei al massimo elencare le più difficili e faticose.»
 
Ti aspettavi il grande successo di critica e pubblico di «Martin Eden»?
«A dire il vero ci speravo, ma non me lo aspettavo in queste proporzioni, sia di critica che di pubblico. Ne sono contenta sicuramente per il nostro film e per tutti gli sforzi che abbiamo fatto, ma anche per il cinema in generale.
«Spesso si pensa che il cinema di un certo tipo sia difficile da capire, ma se ci fosse la possibilità di vedere quotidianamente qualcosa di diverso, il cinema cosiddetto d’autore, questo non accadrebbe. La verità è che l’abitudine conforma lo spettatore, nella banalità così come nella bellezza.»
 
Quali progetti hai per il prossimo futuro?
«Qualcosa bolle in pentola, ma non posso ancora rivelare nulla.»
 
Cosa porti di Trento e del Trentino nella tua esperienza?
«Un aspetto caratteriale. Forse un’antica e radicata cultura del lavoro che, rielaborata, mi porta a un’ostinata determinazione e a non mollare mai.»
 
Complimenti, cara Tiziana, e buona fortuna!
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it

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