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Trento, Festival CinemaZero, the day after

FCZ si è concluso e merita di essere raccontato sia per la varietà e la qualità dei film per l’entusiasmo del pubblico che ha partecipato alle quattro serate

I giornali informano sulle iniziative in città, ma difficilmente fanno sapere poi come siano andate le cose.
Mentre invece FCZ, il Festival CinemaZero, che si è chiuso ieri I° dicembre, merita di essere raccontato, sia per la varietà e la qualità dei film che ha offerto, sia per l’entusiasmo del pubblico che ha partecipato alle quattro serate diventando a sua volta protagonista dell’evento attraverso il voto.
 
La prima sera l’ospite d’onore è stato il regista basco Oskar Alegria, autore di diari di viaggio per El Pais, giornalista e reporter.
Il suo film Zumiriki – presentato al Festival di Venezia 2019 in Orizzonti – è l’affascinante diario di un uomo che ritorna nei luoghi della sua infanzia, implacabilmente cambiati dopo la costruzione di una diga.
In una capanna Oskar vive per quattro mesi, fornito di qualche strumento tecnologico, scrive e filma quanto accade intorno a lui, di giorno e di notte.
Ritrova memorie che credeva perdute, incontra animali ormai in via di estinzione come la genetta, si fabbrica una zattera-isoletta artificiale su cui ondeggia, sdraiato su un’amaca… e quando torna nel nostro mondo subito avverte la mancanza di quegli spazi e di quei silenzi.
Alla proiezione è seguito un vivace dibattito con il regista.
 
La seconda sera ancora cinema, nella sezione classici il film di Man Ray, Emar Bakia, del 1926, diciannove minuti di sperimentazione di impronta surrealista, e successivamente La casa di Emar Bakia, un lungometraggio ancora di Alegria, che ripercorre la ricerca della casa in un viaggio ricco di suggestioni poetiche.
Subito dopo, proiezione di opere in concorso – ne sono pervenute 911 da 69 Paesi – e dei cortometraggi realizzati a Trento per SguardoZero.
E voto per il pubblico.
 
Sabato, terza giornata del Festival, lunga maratona a partire dalle 15: prima sono stati proiettati film che hanno partecipato al concorso, ma considerati dalla giuria per così dire poco artigianali, cioè dotati di un maggiore supporto produttivo.
Abbiamo visionato documentari provenienti dall’Italia, dall’Argentina e dall’Estonia, coinvolgenti e diversi tra loro, uno ad esempio raccontava la storia della prima opera di architettura rzionalista di Buenos Aires, voluta da Victoria Ocampo, scrittrice e intellettuale molto nota; un altro, estone, ci ha presentato un neodiciottenne che celebra a suo modo il passaggio alla maggiore età; un altro ha descritto la rabbia furiosa di un padre.
 
I film proiettati dopo sono stati davvero eccezionali: «Le cose belle», girato a Napoli nel 2014 da Ferrente e Piperno, descrive una Napoli disperata, quattro vite a confronto di ragazzi dei quartieri degradati, filmati nel 1999 – quando erano adolescenti ancora capaci di sognare – e nel 2010, spenti dalla vita.
Il secondo è stato un film-sorpresa, realizzato con spezzoni di 451 film, dal filmmaker ungherese Gyorgy Palfi: abbiamo riconosciuto fotogrammi di Fellini e Bertolucci, la Rossella di Via col vento, il Ludovicovan di Arancia meccanica e via così…
 
Sorprendentemente unitario, film senza attori e senza budget…in linea con CinemaZero che sostiene un cinema creativo e intelligente, a basso (o nullo) costo.
E poi, dopo il consueto e assai gradito spuntino (grazie sempre a sponsor generosi che si fidano di questo festival!), opere in concorso e, per gli spettatori, l’onore e l’onere di votare.
Domenica, ultima giornata – peccato! – ricca offerta di film: prima nella sezione classici Kino Glaz girato nel 1924 da Dziga Vertov, teorico del cinema sovietico post-rivoluzionario, documentario attento alla nuova società, ma anche capace di guardare oltre e di presentire altre tragedie, poi un omaggio a Emmanuel Carrère, notissimo come scrittore e critico cinematografico, regista di un film quasi introvabile che gli organizzatori trentini hanno recuperato a fatica e sottotitolato, Retour a Kotelnitch, del 2003, tratto dal Romanzo russo ripubblicato recentemente: in realtà Carrère parte alla ricerca di un prigioniero ungherese dimenticato in Russia per 55 anni e ritrova una parte delle sue origini, a partire dalla lingua russa che lo ha accompagnato da bambino.
Per approfondire le tematiche e la personalità dell’autore, è intervenuta Francesca Lorandini, docente di Lingua e Letteratura francese presso l’Università di Trento.
 
Proiezione ancora dei corti di SguardoZero, già selezionati dal pubblico e premiazione dei vincitori: I° premio per Leonardo Loraschi, con La soluzione, girato in una fabbrica abbandonata e guidato da Guido Laino che ha svolto la funzione di tutor.
2° premio per Attraverso di Giacomo Longato e Claudia Uccia (tutor Alberto Brodesco) e 3° Valerio Rubino con Incauto (tutor Paolo Martino).
Quanto ai cortometraggi in concorso, ci sono stati i premi attribuiti dal pubblico (tre) e il premio della Giuria, composta da Michele Abbondanza, Luca Albrisi, Paola Calliari, Duccio Canestrini, Fabrizio Croce, Guido Laino e Sara Zanatta.
 
Il pubblico ha premiato al 3° posto il film tedesco «04_Emil_Casting.mp4» di Lili Zahawi, al 2° il film di animazione Un dìa en el parque dello spagnolo Diego Porral, al I° ancora un film spagnolo – Uno – di Javier Marco Rico che ha raccontato con immagini poetiche il dramma dei migranti.
La giuria ha premiato il film danese «Manden der Ikke Kunne do» (L’uomo che non poteva morire) di Christian Julius Telmer ed ha deciso di segnalare con una menzione speciale Uno.
 
Non poteva esserci conclusione migliore del FCZ della proiezione di Selfie, girato da Agostino Ferrente nel 2019: ha affidato l’incarico di filmare a due ragazzi napoletani, Alessandro e Pietro, che ricordano il loro amico Davide ucciso per caso e vivono animati dalla speranza che qualcosa di buono possa ancora accadere.
Meno disperato di ««Le cose belle», ma ugualmente profondo.
Così si è conclusa la dodicesima edizione del Festival CinemaZero, mentre il pubblico si allontanava pensando già alla tredicesima.

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