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Con i graffiti di «Pietrarte» un tuffo nel passato remoto

Il presidente del Consiglio Provinciale Kaswalder ha aperto la mostra delle opere di Liberio Furlini a Palazzo Trentini

Da oggi e fino a tutte le festività natalizie, a palazzo Trentini si potrà tornare indietro nel tempo.
Ha aperto i battenti nel pomeriggio «Pietrarte», una rassegna delle opere che Liberio Furlini da Lavis ha realizzato nell’ultimo lustro attorno a un originale tema: i graffiti preistorici e le pitture rupestri, che sono giunti all’uomo contemporaneo dalle grotte e dai sottoroccia in ogni continente.
L’artista - rivano di nascita, classe 1950 - dopo aver visitato con grande emozione la grotta Chauvet in Francia, ha abbracciato un’impresa a dir poco impegnativa: interpretare le opere del lontano passato, dipingendo o incidendo lastre di porfido o di altre pietre nostrane.  

Pietrarte – proposta dalla Presidenza del Consiglio provinciale - ci conduce quindi in tutta Europa, in Asia, nelle Americhe, in Australia, lungo un itinerario ideale che appare molto efficace anche in chiave didattica.
Negli spazi seminterrati di palazzo Trentini l’artista ha allestito un angolo di officina, in cui è possibile rendersi conto de visu del particolare processo creativo e produttivo.
Tra le pitture rupestri riprodotte da Furlini (ne vengono esposte ben 120) troviamo citato anche il monte Baldo, con un curioso graffito antropomorfo, il riparo Dalmeri (piana della Marcèsina, in Valsugana) con uno stambecco e una figurina umana, nonché le figure umane e i gatti ripresi rappresentati dagli antichi sull’altopiano trentino-veronese della Lessinia.

L’inaugurazione di oggi è stata aperta dal presidente Walter Kaswalder, che ha letto anche il caloroso saluto del sindaco di Santa Eufemia Maiella, in Abruzzo, uno dei luoghi in cui Furlini ha lasciato un segno importante come affrescatore.
A interpretare e valutare lo sforzo pittorico di Furlini ci sono - in catalogo - i contributi di Tullio Pasquali, conservatore onorario del Muse e grande esperto di arte rupestre, di Andrea Angheben, di don Marcello Farina e dello stesso curatore Claudio Mattè.

Quest’ultimo ha elogiato il coraggio con cui Furlini ha messo mano a un ciclo di grande dispendio «fisico ed economico», ottenendo un risultato di grande impatto comunicativo. Pasquali ha illustrato la grande «magia» dell’arte preistorica, ricordando che la conosciamo a partire dal 1879, quando viene scoperta la «Cappella Sistina» dell’antichità più remota, ossia la fantastica grotta di Altamira.
Angheben, direttore del Consorzio italiano del porfido del Trentino, dal suo punto di vista ha colto il valore dell’opera di Furlini per aver messo al centro la pietra del nostro territorio.

E ha illustrato le caratteristiche delle pietre in funzione del gesto figurativo e artistico, spiegando che per la pittura già l’uomo preistorico capì bene di doversi rivolgere a rocce calcaree, quindi tenere e porose, riservando invece la graffiatura a quelle granitiche e più impenetrabili.
Don Farina da ultimo ha dissertato sulla caratteristica lineare ma poi infine circolare della storia, per arrivare a definire l’arte rupestre come senza tempo e quindi particolarmente evocativa per il cuore dell’uomo.

La mostra è liberamente visitabile (con green pass) a palazzo Trentini, in via Manci 27 a Trento, dal 3 dicembre 2021 a sabato 8 gennaio 2022. Orari: 9.30-18.30 nei feriali, 9.30- 12.30 il sabato, domenica chiuso.

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