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53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/ 2019

Capitolo «Processi formativi»: la sostenibilità a scuola, un mondo in fermento

 La sostenibilità a scuola: un mondo in fermento 
Il 73,9% dei 1.012 dirigenti scolastici intervistati dal Censis nel corso dell’anno pensa che l’etica ambientalista degli studenti sia cresciuta grazie all’«effetto Greta».
Il 60,9% ritiene che i propri alunni siano molto sensibili e partecipi delle esperienze che la scuola propone al riguardo.
Il 17,4% riferisce che sono loro stessi a farsi promotori di una nuova etica ambientale presso le famiglie, per il 12,9% spesso si fanno latori di nuove iniziative presso le scuole stesse.
Nell’87,9% degli istituti si è optato per una ottimizzazione dei materiali di consumo e nell’85,3% per la riduzione, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti.
La salute e la corretta alimentazione degli alunni hanno rappresentato gli ambiti di intervento nel 66% delle scuole, dove sono stati aboliti cibi preconfezionati (snack, merendine, bibite gassate, ecc.) dai distributori automatici installati nei plessi scolastici (42,5%) o sono stati rimossi i distributori automatici, introducendo snack e merende preparate a scuola con cibi sani e prodotti locali (23,6%).
Vi sono poi molti progetti finalizzati all’abolizione dell’uso della plastica a scuola, con la fornitura di borracce o l’installazione di distributori per l’acqua.
Il 68,7% dei dirigenti di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado, e il 24,3% di quelli delle scuole secondarie di II grado hanno attivato orti scolastici.
Nel 49,2% delle scuole gli studenti sono coinvolti in attività di giardinaggio e manutenzione del verde scolastico.
 
 Quando la scuola è inclusiva 
L’aumento impetuoso degli alunni di cittadinanza non italiana nelle scuole sembra arrestarsi.
Nell’anno scolastico 2018-2019 gli alunni stranieri sono 857.729, con un incremento dell’1,9% rispetto all’anno precedente (+15.628 alunni) e costituiscono il 10% del totale.
Tra il 2003 e il 2007 la scuola italiana ha accolto ogni anno tra i 67.000 e i 72.000 nuovi studenti non italiani. Il 63% di questi è rappresentato dalle seconde generazioni.
Gli strumenti e le strategie messi in campo per rispondere ai bisogni di formazione e inclusione della nuova utenza stanno avendo esiti positivi, con un lento ma progressivo miglioramento dei tassi di scolarità, irregolarità negli studi e successo formativo.
Più del 90% dei dirigenti interpellati dal Censis valuta soddisfacente il livello di integrazione a scuola degli alunni di origine immigrata, in particolare di quelli nati in Italia.
Il 71% negli ultimi tre anni non ha riscontrato situazioni problematiche. Il 45,5% ha segnalato la realizzazione di interventi mirati nelle classi interessate da episodi di intolleranza o discriminazione in collaborazione con il corpo docente e d’intesa con le famiglie.
 
 I candidati preferiti dalle imprese non solo semplici diplomati 
La domanda di capitale umano espressa dalle imprese privilegia ancora i diplomati di scuola secondaria di II grado.
Nel 2018 su 4.554.000 ingressi programmati da imprese dell’industria e dei servizi, i diplomati erano circa 1.600.000, il 35% del totale.
I diplomati continuano a prevalere sui laureati, destinati a ricoprire il 12,1% dei posti di lavoro programmati, pari a 550.000.
Il restante 52,9% di contratti di lavoro riguarda individui con più bassi livelli di scolarizzazione.
Una impresa su quattro (il 26,2%, dato che nel Nord-Est sale al 30,4%) fatica a reperire diplomati, perché troppo pochi o per la loro inadeguatezza.
Il 25% delle imprese cerca giovani che abbiano completato un percorso Its o Ifts (per alcuni indirizzi di studio viene superata la soglia del 30%).
Con riferimento ai 139 corsi dell’Istruzione tecnica superiore conclusi nel 2017, l’80% dei diplomati ha trovato lavoro (di cui il 90% in un’area coerente con il proprio percorso formativo).
Resta però ancora sottodimensionata la capacità di offerta: 2.601 diplomati Its nel 2017 a fronte di un bisogno di circa 400.000 (la quota di copertura dell’Its si attesta dunque su livelli inferiori all’1%).
 
 Giovani senza confini 
Nel 2017 il 31,1% degli emigrati italiani con almeno 25 anni era in possesso di un titolo di studio di livello universitario e il 53,7% aveva tra i 18 e i 39 anni (età media di 33 anni per gli uomini e di 30 per le donne).
Tra il 2013 e il 2017 è aumentato molto non solo il numero di laureati trasferiti all’estero (+41,8%), ma anche quello dei diplomati (+32,9%).
Tra il 2008 e il 2017 i saldi con l’estero di giovani 20-34enni con titoli di studio medio-alti sono negativi in tutte le regioni italiane.
Quelle con il numero più elevato di giovani qualificati trasferiti all’estero sono Lombardia (-24.000), Sicilia (-13.000), Veneto (-12.000), Lazio (-11.000) e Campania (-10.000). Il Centro-Nord, soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna, ha compensato tali perdite con il drenaggio di risorse umane dal Sud.

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