Francesco Squarcina è il nuovo Commissario del Governo

Ha 58 anni, è sposato e ha una figlia. È veneto di origine e proviene da altro incarico a Gorizia. Ricevendo la stampa, si è presentato con una magnifica, sottile considerazione

Si è presentato oggi alla stampa in nuovo Commissario del Governo per la Provincia autonoma di Trento, prefetto Francesco Squarcina, dopo aver preso contatto formale con le autorità della nostra provincia, tra le quali il presidente Lorenzo Dellai, il Questore Caldarola e il colonnello della Guardia di Finanza De Luca, mentre si incontrerà domani con il comandante dei carabinieri, colonnello Fausto Rossi.
Si è dimostrato molto alla mano e concreto, come ci si aspetta più da un direttore d'azienda che da un uomo di Stato, e ha fatto subito una buona impressione presso i colleghi giornalisti.

È nato il 24 gennaio 1951 a Palermo «per caso», da genitori veneti (veneziano il papà e bellunese la mamma), anche se la sua parlata presenta una piccola inflessione più friulana che veneta. È sposato e ha una figlia, entrambe venute ad abitare con lui a Trento.
È entrato in servizio, quale funzionario dell'Amministrazione Civile del Ministero dell'Interno, nel marzo del 1979, proprio alla prefettura di Belluno da cui trae origine parte della sua famiglia. Ha ricoperto vari incarichi, tra i quali Capo di gabinetto. Dopo aver superato il necessario corso di formazione, è stato promosso Vice Prefetto Ispettore nel 1990 e successivamente è stato trasferito alla Prefettura di Trieste, dove è stato promosso Vice Prefetto Vicario.
Trasferito nuovamente prima alla Prefettura di Gorizia nel 1997 e successivamente a quella di Belluno, sempre con l'incarico di Vice Prefetto Vicario (colui che sostituisce il Prefetto in caso di mancanza del titolare), infine è stato nominato Prefetto un anno fa e destinato nuovamente a Gorizia, per svolgere il delicato incarico di gestione degli immigrati presso la Commissione Territoriale.
Dal 1° settembre, cioè da oggi, è Commissario del Governo per la Provincia autonoma di Trento.

Signor Prefetto - gli diciamo, - la domanda è d'obbligo. È felice di essere venuto a Trento?
«Sì, certo. - risponde senza mostrare dubbi. - So di venire un una provincia dove le cose vanno meglio che da altre parti e direi che per un prefetto non ci siano prospettive migliori. Inoltre - aggiunge, forse per prevenire una questione che si era posto, - non dimentichiamo che dal punto di vista della carriera, sono diventato prefetto di una città capoluogo.»
Lei ha maturato grande esperienza nei problemi legati all'immigrazione. Conosce la realtà trentina da questo punto di vista?
«È presto per poterlo affermare - sorride, - mi sono insediato stamattina. Ma so che qui avete istituito un servizio che varrebbe la pena esportare. Ma credo che ci saranno molte cose che varrà la pena approfondire. Ho l'impressione che con il Federalismo fiscale ogni esperienza positiva dovrà essere presentata a Roma, e da Roma nuovamente alle periferie.»
La Questura di Trento in questi giorni ha presentato un rapporto dal quale si evince che negli ultimi tempi la criminalità è tenuta sotto controllo. I tecnici dicono che il rinnovare i vertici porta un contrasto più efficace. Ha idee in proposito?
«Anzitutto, lasciamo che i poliziotti li facciano i poliziotti. Però devo dire che la prima cosa che ho notato a Trento è il punto debole della stazione. La stazione è sempre il punto debole… - Aggiunge poi. - È il primo punto di riferimento di chi emigra, è un luogo di aggregazione direi quasi fisiologico. Anche noi Italiani, quando abbiamo emigrato per gli stessi motivi per cui lo fanno oggi questi disgraziati, le stazioni erano fondamentali. Lì ci trovavamo a casa... Qui a Trento, poi, sembra proprio un posto accogliente. E accogliente deve restare, ma lasciatemi prendere posizione.»

Ci ha fatto molto piacere quest'ultima dichiarazione. Il Prefetto ci ha ricordato che l'Italia è stato un paese di emigranti, invitandoci così a vedere le cose con maggiore obbiettività.
Desideriamo aggiungere che, per quanto possa sembrare singolare oggi, anche il Trentino è stato un popolo di emigranti. La fame, quella vera, in passato l'abbiamo certamente conosciuta più noi montanari, delle popolazioni della opulenta pianura Padana. Come abbiamo detto più volte, dopo l'alluvione del 1966 i Trentini sono stati a due passi da un'ennesima emigrazione di massa. Se ciò non è accaduto, il merito va a due fattori: lo Stato italiano che, ricostruendo il Trentino, ci ha fatto capire che non eravamo Italiani di serie B; e la capacità del Padre della nostra autonomia, Bruno Kessler, che è riuscito a moltiplicare i benefici provenienti da Roma, dimostrando che a parità di risorse eravamo in grado di amministrarci molto ma molto meglio da soli.
Se ricordiamo questa verità storica che sta alla base della nostra Autonomia, allora i rapporti tra Trento e Roma saranno sempre ricchi e forieri di sinergie anziché viatico di invidie e incomprensioni.
A quanto pare, dunque, il nuovo Commissario del Governo si è presentato mostrando un aspetto di sé che promette decisamente qualcosa di buono.