Immigrati e media: l’impatto della cronaca sulla nostra pelle
Prosegue il Forum organizzato da Provincia, Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale della stampa
Come cambia l'impatto di una
notizia a seconda di come la raccontiamo, dei termini che
adoperiamo?
Come cambia l'idea che gli italiani si stanno facendo degli sbarchi
a Lampedusa se ne parliamo come di un «esodo biblico», di uno
«Tsunami umano» o come di un flusso migratorio di portata assai
inferiore rispetto a quello registratosi ad esempio nel 2008
(quando i migranti arrivati sulle coste dell'isola furono
31.000)?
Ed è giusto, preciso eticamente corretto classificare lo straniero
che arriva in Italia su un gommone come «clandestino» prima ancora
che sia stato valutato se ha diritto ad essere accolto o meno come
un «rifugiato» sulla base delle norme di diritto
internazionale?
Se ne è parlato stamani nella sala Rosa della Regione durante il
forum «La cronaca sulla nostra pelle», nell'ambito dell'evento
organizzato da Provincia, Cinformi, Ordine dei giornalisti e
Federazione nazionale della stampa sul rapporto
media-immigrazione.
Al tavolo dei relatori Riccardo Staglianò ( La Repubblica), Dan Ion
(rappresentate delle associazioni dei Migrantes in Trentino),
Luciano Scalettari (Famiglia Cristiana), don Vittorio Cristelli
(già direttore di Vita trentina), Viorica Nechifor (presidente
Associazione nazionale stampa interculturale), Raffaele Crocco
(Rai), Mauro Sarti (Agenzia di stampa Redattore sociale), moderati
dal presidente dell'Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige
Fabrizio Franchi.
L'evento è stato trasmesso in diretta dalla web tv della
Provincia autonoma di Trento.
Ad aprire i lavori l'assessore provinciale alla solidarietà
internazionale e convivenza Lia Giovanazzi Beltrami, che ha
sottolineato come proprio in questi giorni «la cronaca nazionale
riprenda e dibatta i temi che si stanno discutendo qui a Trento in
questo Forum, a partire dall'assenza di un linguaggio comune per
descrivere i fatti. E se non c'è chiarezza nell'informazione le
paure si amplificano senza motivo. In Trentino sembra che per ora
verranno ospitati 25 profughi: normalmente noi ne riceviamo una
trentina all'anno, quindi siamo perfettamente in grado di gestire
la situazione. Nella peggiore delle ipotesi formulata dal Governo,
l'arrivo in Italia nel prossimo periodo di 50.000 migranti, il
Trentino ne ospiterà 450. Ci sono associazioni, gruppi, enti
locali, che stanno offrendo la loro disponibilità a farsi carico di
questo impegno. Dobbiamo dire con chiarezza queste cose e
sforzarci, tutti, di non alimentare timori irrazionali.»
Ma, ha detto a sua volta Franchi nell'introdurre i lavori, c'è chi
fa proprio questo, «prospettando esodi biblici verso le nostre
coste. E nessuno si chiede perché si lasciano delle persone
confinate su un'isola senza assistenza per giorni, salvo poi a
prospettare un evento 'salvifico' che risolva le cose.»
Per Staglianò, «i trentini forse non si rendono conto della fortuna
che hanno»; il riferimento è non solo al dibattito organizzato in
questi giorni, in cui si cerca di affrontare razionalmente una
questione che altrove viene cinicamente strumentalizzata, ma anche
alle politiche di accoglienza sviluppate in questi anni nei
confronti dei migranti.
«Altrove va sempre più di moda la filosofia del Nimby, ovvero non
nel mio giardino; in Trentino si dice che arriveranno solo 25
profughi, noi ne accogliamo 30 all'anno. Qui un discorso basato su
principi di civiltà è sistematico, altrove sembra già un'eresia
dire che potremmo farcela. Si tenga conto che in Egitto e Tunisia,
paesi non certo ricchi come l'Italia che stanno a loro volta
affrontando cambiamenti epocali, sono arrivati dalla Libia circa
300.000 persone, e noi facciamo una tragedia per qualche migliaio.
Nel 2008 arrivarono in Italia 36.000 migranti, 31.000 dei quali
attraverso Lampedusa, eppure non parlammo di esodo biblico. Per
cui, come giornalisti, dobbiamo innanzitutto recuperare l'aderenza
ai fatti, e poi usare un linguaggio corretto, perché le parole sono
importanti.»
Dan Ion ha portato il punto di vista dei «nuovi trentini», che
chiedono ai mass media di esercitare una funzione sociale ed
educativa, aiutando i cittadini a crearsi una coscienza
critica.
E questo, con riferimento alle migrazioni, anche raccontando la
realtà dei paesi di provenienza, quasi sempre ignorata dagli organi
di informazione.
Scalettari a sua volta ha stigmatizzato l'uso fatto in questi
giorni di espressioni come «esodo biblico», confrontando gli
sbarchi a Lampedusa con esodi di ben altra portata, come quello che
nel 1994 portò 2,5 milioni di ruandesi a lasciare il loro paese per
rifugiarsi nel vicino Zaire (oggi Repubblica democratica del
Congo).
«Quando arrivarono i primi barconi dall'Albania, vent'anni fa,
scattò nel nostro paese una vera e propria gara di solidarietà -
ricorda ancora il giornalista di Famiglia Cristiana; - abbiamo
raccolto le storie di alcuni di quegli immigrati, uno di loro, ad
esempio, oggi è uno dei più bravi cineoperatori italiani: che fine
avrebbero fatto se fossero arrivati adesso?»
Da Scalettari inoltre un invito ai presenti - soprattutto ai
giornalisti che lavorano nel sociale - ad essere un po' più
smaliziati nel raccontare le vicende riguardanti l'immigrazione,
evitando i toni sempre e comunque pietisti e raccontando anche le
cose «belle», con le parole e con le immagini, come hanno fatto di
recente persino testate come Vanity Fair o Marie Claire.
Don Cristelli ha illustrato i meccanismi che stanno dietro al
confezionamento della notizia e l'impatto che questa produce, anche
andando al di là di qualche luogo comune.
«I media non creano nuovi comportamenti, piuttosto danno un metodo,
mostrano una strada a chi ha già dentro di sé la tendenza a
pensarla - o a comportarsi - in un certo modo.»
Viorica Nechifor ha illustrato l'impegno dell'Associazione di cui è
presidente, sottolineando anche le difficoltà che spesso i
giornalisti stranieri che operano sul panorama italiano riscontrano
nell'iscriversi agli albi dell'Ordine, nonostante l'esistenza di
una circolare ministeriale del 1985.
Raffaele Crocco ha detto che in Italia «non è mai esistita un'età
dell'oro, ovvero una forte cultura dell'accoglienza. Negli anni '70
il razzismo al Nord aveva come oggetto i Meridionali, che oggi
dovrebbero dire grazie agli stranieri, perché quando sono arrivati
loro lo hanno catalizzato.»
Riguardo al ruolo dei giornalisti, «facciamo fatica a cambiare una
cosa che funziona benissimo e nel giornalismo l'emergenza funziona
sempre, sia perché fa vendere di più sia perché gratifica l'ego del
giornalista che se ne occupa. Succede anche qui: partiamo di
qualche episodio di criminalità in piazza Dante come di una
situazione di emergenza, ma altrove, dove sono abituati a ben
altro, riderebbero di queste nostre esagerazioni. E poi attenzione:
c'è anche un razzismo più subdolo di chi semplicemente non vuole
accogliere gli immigrati, quello di chi spalanca loro le porte a
patto però che si adattino a fare solo i lavori più umili e non
avanzino pretese di ascesa sociale.»
Proprio per evitare ipocrisie, ha concluso Crocco, riprendendo un
tema già affrontato ieri, non dobbiamo avere paura di dire che un
marocchino ha fatto una rapina in banca se quella è la sua
nazionalità, perché il giornalista deve innanzitutto
raccontare.
Infine Sarti, per il quale il giornalista deve sì fare il suo
dovere di «raccontare», ma deve anche «denunciare, e farlo con
insistenza, deve martellare, al fine di far cambiare le cose che
non vanno, perché altrimenti che senso ha fare questa
professione?»
Oggi il giornalismo cambia, si aprono possibilità diverse, ci sono
ad esempio le web tv, anche quelle di piccolissime dimensioni, che
raccontano, senza «filtri», la vita delle comunità.
Ciò apre oppportunità nuove; ma bisogna fare formazione, sia nei
confronti dei giovani sia anche - lo ha ricordato Franchi in
chiusura - dei professionisti «navigati», perché quella del
giornalista è l'unica professione che non prevede l'obbligo di un
aggiornamento sistematico.
«E qualcuno di noi si farebbe curare da un medico che non apre una
rivista scientifica da 30 anni?»
In margine al forum di stamani è stato presentato il premio «Renato
Porro», istituito dal Comitato provinciale per le comunicazioni del
Trentino e riservato a programmi, prodotti e servizi trasmessi nel
periodo 1 maggio-15 novembre 2011 dalle emittenti radiofoniche e
televisive del Trentino sulle tematiche dell'immigrazione. Il bando
sarà pubblicato entro la fine di aprile.
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