Educare, non è un gioco da ragazzi! – Di Minella Chilà
A Palazzo Geremia si è svolto un confronto sui figli e sul futuro, «Tra genitori liquidi e società visiva»
Regole e limiti da dare ai bambini servono veramente?
Come cercare di educare al meglio i propri figli in una società così complessa e piena di contraddizioni?
Il mestiere dell'educatore, del genitore, è davvero un mestiere impossibile?
Ecco alcune delle domande a cui i relatori del Convegno, promosso dal Comune di Trento dedicato al tema «Educare è un gioco di equilibri: genitori in bilico tra sì, no, non so», ieri pomeriggio, 17 novembre, a Palazzo Geremia, hanno cercato di rispondere.
(Nella foto in alto, da sinistra, l'assessore Violetta Plotegher (in piedi), prof. Giuseppe Disnan, Prof.ssa Maria Grazia Fava Viziello e il dott. Dinoi Pedrotti)
L'Assessore Comunale Violetta Plotegher ha introdotto i lavori del Convegno nell'ambito dell'iniziativa intitolata «Trento zero-diciotto» promossa in occasione del 23° anniversario della sottoscrizione della Convenzione internazionale sui Diritti dei minori e della «Giornata Internazionale del Fanciullo».
La città di Trento sta accompagnando la comunità a questa celebrazione, attraverso incontri, tavole rotonde e riflessioni sul tema dei diritti dei bambini e della loro educazione.
Una responsabilità, questa, che l'assessore considera collettiva e da condividere.
In questo percorso il Comune di Trento ha impegnato cinque Servizi dell'amministrazione che si dedicano a vario titolo alla famiglia e quattro assessorati, supportati da tutto il mondo associativo e cooperativo che concorre con altre iniziative in corso.
«C'è una città che si muove attorno a questo tema della famiglia e dei diritti dei bambini, un percorso che l'amministrazione comunale vuole con forza costruire assieme a tutte le parti sociali, politiche e istituzionali».
I relatori intervenuti hanno trattato le tre diverse età del bambino: il Dott. Dino Pedrotti famoso neonatologo trentino si è occupato del primo periodo di vita, il Prof. Giuseppe Disnan, psicologo, del periodo della «latenza» (6-10 anni) e la Prof.ssa Maria Grazia Fava Viziello dell'Università di Padova, del periodo dell'adolescenza.
Un interessante dibattito si è snodato per circa un'ora alla presenza di tanti genitori intenzionati a confrontarsi sul tema di come educare i propri figli.
Successivamente sono state poste una serie di domande ai relatori, che hanno evidenziato il clima di incertezza che le mamme e i papà di questo tempo stanno vivendo nel rapporto familiare.
«Ai miei tempi – racconta il dott. Pedrotti – era tutto un po' più facile, il papà aveva il compito di dire no, ed era un no! La mamma invece era un po' più malleabile e tutto procedeva senza preoccuparsi troppo dei risvolti psicologi del rapporto.
«Adesso i ruoli sono quasi invertiti, i papà sono più fragili, più emotivi e le famiglie scricchiolano sempre più nelle fondamenta. Occorre recuperare l'autorevolezza che avevano i nostri nonni e cercare di non confondere i reali diritti dei bambini con il «lasciar fare loro quello che vogliono».
La platea ha sorriso fragorosamente quando il dottor Pedrotti ha definito il bambino «materiale esplosivo»,
«Se lo scaldiamo troppo potrebbe scoppiarci tra le mani, quindi dobbiamo prepararci a questo mestiere, chi maneggia esplosivo deve conseguire un patentino ed affrontare un esame, lo stesso dovrebbe succedere quando si diventa genitori».
«È importante prepararsi – ha proseguito – e studiare per diventare dei bravi genitori e per poter maneggiare con cura il nostro bambino aiutandolo a crescere, lui ha tutto il diritto di avere dei genitori che si occupano della sua educazione, non solo delle cose materiali (vestiti, giochi, motorino, video game...).»
E quando gli si chiede cosa fare con i bambini quando piangono e ciò – sappiamo bene - rappresenta il cruccio di tante mamme, risponde che ci sono varie scuole di pensiero (lasciarlo piangere fino allo sfinimento, tanto fa polmoni è sbagliato!), ma quello che lui consiglia è puntare a stabilire un rapporto di fiducia tra il genitore ed il bambino.
Questa è la strada da percorrere sin da quando sono piccoli piccoli.
«Mettetevi nei panni dei vostri bambini!» è il motto del conosciutissimo neonatologo trentino che ha curato e tenuto tra le sue braccia tante generazioni di bambini.
Ricordiamoci che i nostri figli stanno crescendo acquisendo delle competenze maggiori dei propri genitori, basti pensare a tutta la tecnologia con cui già da piccoli vengono a contatto. Nel futuro questi bambini sapranno utilizzare la tecnologia più dei loro padri.
Il Prof. Disnan ha rimarcato più volte il ruolo della scuola, nell'educazione dei figli.
«Quando i nostri bambini iniziano la scuola diventano dei bambini pubblici nel senso che escono dal guscio familiare per confrontarsi con gli altri bambini non solo nelle varie fasi dell'apprendimento, ma nel loro modo di essere».
Anche la famiglia del bambino diventa più esposta, esce dal suo privato, e si confronta con culture e sensibilità diverse.
Entrare in conflitto, come spesso accade, con la scuola che rappresenta un punto fondamentale nel triangolo emotivo (famiglia, scuola, bambino), vuol dire mettere a rischio un sistema di crescita futuro.
La scuola può anche rappresentare un momento di grande difficoltà per la famiglia, perché se il proprio figlio frequenta con successo le attività scolastiche, consegue buoni voti, non ha problemi di relazione con i suoi pari e le maestre, allora tutto è perfetto, ma se ciò non succede la famiglia può cadere in uno stato di frustrazione tale da mettere a repentaglio equilibri interni delicati.
In tale stato di conflitto, il bambino può rischiare di essere schiacciato e quindi ritardare aspetti fondamentali della sua maturazione che costituiscono un patrimonio prezioso per affrontare meglio e più strutturati il periodo difficile dell'adolescenza.
Una grande lacuna oggi del sistema scuola è - a suo avviso - il poco spazio che viene dato al rapporto con i genitori, il relatore trova - a dir poco - scandaloso che i colloqui e gli incontri previsti con gli insegnanti siano relegati a sole poche ore all'anno. Invece, il rapporto dovrebbe essere più costante e di maggiore interazione e confronto tra i vari livelli e fasi di crescita del bambino.
Un grande problema delle relazioni moderne familiari è la tendenza diffusa di voler a tutti i costi proteggere il proprio bambino dalla sofferenza, dalle sconfitte, dalle sue frustrazioni.
«Acquisire la giusta distanza tra noi e i nostri bambini, aiutarli ad affrontare ostacoli e sfide, stando al loro fianco o addirittura dietro, pronti ad intervenire solo in caso di grave pericolo o per sostenerli e consolarli ad affrontare una sconfitta, respingendo con fermezza la tentazione di sostituirsi a loro è la maniera giusta, anzi l'unica per permettergli di crescere e di sviluppare una personalità forte e resistente agli urti della vita».
Va progettata anche la fase della conoscenza dei propri limiti, più aiutiamo il nostro bambino a comprenderli, maggiore sarà la sua capacità ad affrontare adeguatamente ogni situazione futura.
La Prof.ssa Maria Grazia Fava Vizziello invita i genitori a riflettere su una delle difficoltà emergenti che affligge l'adolescente: la separazioni dei propri genitori, un evento in crescente aumento in Italia e, viste le ultime statistiche, anche a Trento.
Racconta di «genitori liquidi» che non riescono ad elaborare la separazione coniugale e spesso dimenticano di ricreare con i propri figli un equilibrio improntato alla serenità, oggi si tende a delegare ai Tribunali le scelte educative che i genitori non riescono più a compiere.
Non si può ottenere da nessun Tribunale e da nessun psicologo la formula per stabilire una relazione felice, è un lavoro lungo e difficile, ma necessario per garantire ai nostri figli un futuro emotivo più maturo e strutturato.
La Prof.ssa Fava, incanta la platea quando parla del «tono emotivo», dell'umore che occorre costruire in una famiglia, da ciò a suo avviso dipende il futuro dei nostri figli. Più cercheremo di formare una famiglia aperta al dialogo e alla comunicazione più i nostri figli sceglieranno un futuro di felicità.
Il tono triste all'interno di una famiglia toglie speranza ai giovani e determina negativamente il buon esito delle future scelte.
Spesso sentiamo rispondere ai giovani alle domande sul loro domani: «non so, non ci penso» come se non ci fosse una prospettiva, un sogno da raggiungere, un obiettivo da realizzare.
Questa disillusione spesso dipende dal tono e dall'umore che abbiamo saputo creare all'interno delle nostre famiglie.
Un ragazzo che vive in un nucleo dove si discute anche animatamente delle questioni, dove si affrontano anche a muso duro le problematiche, ma che poi ci si incontra e ci si ritrova di nuovo assieme, per esempio al pranzo della domenica, rappresenta una garanzia per i nostri figli di stabilità, di scambio emotivo e di fiducia nel futuro.
Oggi si discute meno, specie in famiglia, viviamo in una società visiva è più semplice accendere la televisione, giocare ad un videogame, vivere insomma in un'altra realtà che affrontare questa, dove genitori ansiosi e pretenziosi vorrebbero figli perfetti, buoni, educati e sereni senza però sforzarsi di creare un ambiente, un umore, un tono familiare che sostenga concretamente tali aspettative.
Le regole sono importanti, ma per far sì che gli adolescenti le rispettino occorre stabilire un patto. Creare un'alleanza tra genitori e figli è una condizione necessaria per seminare, per garantire un terreno fertile ove far maturare fiducia e confronto tra diverse generazioni.
Minella Chilà
minella.chila@ladigetto.it
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