L'immagine del Trentino alla fine della Prima guerra mondiale. Inaugurazione a Terragnolo il 13 agosto 2010, ore 18
Riapre a Terragnolo la mostra
«Paesaggi di guerra - L'immagine del Trentino alla fine della Prima
guerra mondiale» dedicata ai comuni delle valli del Leno.
La mostra racconta il primo anno di pace al termine della Grande
Guerra (1919), attraverso un'ampia selezione di immagini ritrovate
in archivi pubblici e privati locali e nazionali.
L'inaugurazione della mostra avviene venerdì 13 agosto 2010, alle
ore 18, e sarà aperta da sabato 14 agosto a domenica 29 agosto,
orari 17-21.
La mostra è una delle 12 diverse mostre fotografiche territoriali
realizzate dalla Rete «TrentinoGrandeGuerra» in allestimento.
Quello presso la palestra di Piazza di Terragnolo è l'ultimo dei
tre appuntamenti della mostra dedicata alle Valli del Leno: chi non
l'avesse visitata ha ancora questa opportunità per farlo.
Le fotografie documentano il desolante scenario di case in rovina
che i profughi e i soldati trovarono al loro ritorno.
Vallarsa, Trambileno e Terragnolo furono tra i comuni che più di
altri in Trentino soffrirono le devastazioni della guerra.
Dopo la conclusione del conflitto, vi fu la parentesi della
ricostruzione che la mostra coglie ai suoi faticosi inizi,
testimoniati dalla ripresa della vita quotidiana.
Soldati del Genio militare italiano impegnati in opere di
ripristino, operai sui cantieri, donne e uomini al lavoro, edifici
restaurati.
Per citare la realtà di Terragnolo, delle sue 686 case in cui prima
del 1915 vivevano circa 3.500 abitanti, alla fine della guerra 577
risultavano danneggiate e 109 rase al suolo.
Ogni risorsa economica era sparita.
Il bestiame (mucche, pecore, capre, maiali, pollame) era stato
requisito dagli austriaci. I pascoli del Pasubio, disseminati di
materiali esplosivi e attraversati da trincee e reticolati, erano
impraticabili. Le dodici malghe utilizzate prima della guerra,
erano distrutte o risultavano inservibili.
Le campagne, abbandonate per quattro lunghi anni, erano
inselvatichite.
La popolazione che aveva affrontato l'evacuazione proveniva da
lunghi anni di presenza endemica della pellagra.
Centinaia di persone (civili e soldati, donne, vecchi e bambini)
erano morte lontano dalla loro patria.
Di quanti avevano fatto ritorno, una parte trovò spazio nelle
cantine, nelle stalle o negli androni delle case; gli altri furono
sistemati in baracche.
La mostra è accompagnata da un catalogo con le immagini delle valli
del Leno e di tutto il Trentino alla fine della guerra introdotto
da testi scritti da Andrea Di Michele, Mauro Grazioli e Fabrizio
Rasera che inquadrano storicamente il periodo e le vicende.
All'interno della mostra viene proposta la videoinstallazione
«Ritorni», opera di Micol Cossali, che interpreta, attraverso un
percorso di fotografie e di testimonianze, lo stato d'animo di
profughi e di soldati che, tornando alle proprie case, scoprivano
quanto la guerra avesse trasformato il mondo che avevano lasciato
alcuni anni prima.
Scede di approfondimento
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Le valli del Leno nella Grande
Guerra
Nel corso del 1915, le truppe italiane avanzarono sul Pasubio
occupando il territorio dei comuni di Terragnolo, Trambileno e
della Vallarsa fino al ponte di San Colombano, alle porte di
Rovereto.
Nel maggio 1916 l'offensiva austro-ungarica di primavera
(Strafexpedition) costrinse i reparti italiani ad abbandonare una
parte del territorio conquistato. Sullo Zugna e a Passo Buole,
tuttavia, e nella parte meridionale del Pasubio la resistenza
italiana fu tale da farla fallire.
In particolare, gli italiani si attestarono sulla parte sommitale
del Pasubio, bloccando la spinta austro-ungarica verso la pianura.
I reparti austriaci tentarono in più occasioni (il 2 luglio e in
settembre-ottobre) di occupare la parte presidiata dagli italiani.
Nell'estate-autunno del 1916 gli austriaci diedero il via alla
guerra di mine, che raggiunse il suo culmine il 13 marzo 1918, dopo
dieci deflagrazioni, con il brillamento della mina austriaca da 50
tonnellate di esplosivo, che modificò l'aspetto della montagna,
lasciando però immutate le posizioni dei due eserciti.
La popolazione dei tre comuni fu sfollata tra il maggio 1915 e la
primavera del 1916, parte verso l'Austria, parte verso l'Italia. I
centri abitati furono rasi al suolo dall'azione delle contrapposte
artiglierie.
Al loro ritorno, i profughi trovarono solo distruzione e rovina. In
alcune frazioni non c'era una sola casa abitabile; le campagne, i
pascoli e i boschi erano impraticabili, il patrimonio zootecnico -
componente fondamentale della precaria economia di sussistenza -
completamente perduto.
Molti dei profughi dovettero rifugiarsi in baracche piccole e
insalubri costruite dall'esercito italiano. I lavori di ripristino
presero il via lentamente, al punto che nell'estate 1919 si fece
concreta la prospettiva di un nuovo esodo delle popolazioni per
assicurare loro, nel successivo inverno, il ricovero in abitazioni
meno precarie.
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Terragnolo
Delle 686 case di Terragnolo in cui prima del 1915 vivevano circa
3.500 abitanti, alla fine della guerra 577 risultavano danneggiate
e 109 rase al suolo.
Ogni risorsa e ogni potenzialità economica era sparita. Il bestiame
- mucche, pecore, capre, maiali, pollame - era stato requisito
dagli austriaci; dei quattro caseifici del comune nessuno era
attivo; i pascoli del Pasubio, disseminati di materiali esplosivi e
attraversati da trincee e reticolati, erano impraticabili; le
dodici malghe utilizzate prima della guerra, erano distrutte o
risultavano inservibili. Le campagne, abbandonate per quattro
lunghi anni, erano inselvatichite.
La popolazione che aveva affrontato l'evacuazione proveniva da
lunghi anni di presenza endemica della pellagra, la malattia da
denutrizione che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del
Novecento aveva colpito le plaghe povere del Trentino meridionale,
tra le quali in particolare Terragnolo, Trambileno e Vallarsa.
Centinaia di persone - donne, vecchi e bambini - erano morti in
esilio, lontano dalla loro patria. Dalla guerra non erano tornati
più di 80 dei soldati mobilitati, caduti soprattutto sui campi di
Galizia.
Di quanti avevano fatto ritorno, una parte poté sistemarsi nelle
cantine, nelle stalle o negli androni delle case solo parzialmente
distrutte; gli altri furono sistemati in baracche.
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Trambileno
Il comune di Trambileno subì danni gravissimi in tutte le sue
frazioni. Delle 343 case esistenti prima del 1915, alla fine della
guerra 240 risultavano danneggiate e un centinaio distrutte.
La comunità si trovò privata delle sue principali fonti di entrata:
le malghe, per la presenza sui pascoli di innumerevoli ordigni
bellici; il legname, a causa della devastazione dei boschi.
Le requisizioni del bestiame operate dagli austriaci avevano
cancellato l'allevamento. Alla fine della guerra fu una generosa
donna romagnola, Giulia Montanari, a far giungere alla popolazione
di Trambileno capre, galline e qualche maiale.
Le case erano state spogliate degli arredi, delle suppellettili e
della biancheria; le assi dei pavimenti e dei soffitti, le porte e
le finestre erano servite per costruire baracche, sistemare trincee
o semplicemente per riscaldarsi. In compenso, a Boccaldo, furono
trovati mobili prelevati a Rovereto.
Il paese di Pozzacchio, bombardato dalle artiglierie italiane, ebbe
54 delle sue 55 case rase al suolo. Anche a Pozza i 200 abitanti
dovettero sistemarsi in misere baracche aggrappate alla roccia.
Vanza, circondato da trincee e reticolati, ebbe 54 delle 66 case
completamente distrutte e le altre rovinate. Una delle baracche
costruite per la popolazione fu adibita a chiesa, servita da un
concerto di campane costituito da bossoli di artiglieria.
Il Genio militare intervenne nel 1919 soprattutto nella
sistemazione di edifici lesionati in modo non irreparabile. Ma fu
soprattutto nel 1920 che, grazie alla sistemazione delle strade, i
lavori poterono procedere alacremente.
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Vallarsa
Il comune di Vallarsa contava prima della guerra 975 case, delle
quali, nel corso del conflitto, 682 vennero danneggiate o
distrutte. Albaredo, Foppiano, Matassone, Aste, Riva, Sant'Anna,
Robolli, Anghebeni, Foxi, Raossi, Speccheri, Zocchio e Valmorbia
furono rasi al suolo; solo Staineri e Cumerlotti si salvarono.
Dopo il richiamo alle armi dei soldati avvenuto nel 1914 e nella
primavera del 1915, nei paesi era rimasta una popolazione di donne,
vecchi e ragazzi che furono evacuati nel 1915 e nel 1916, parte
verso l'Austria e parte verso l'Italia.
Alla
fine della guerra, ogni palmo del territorio comunale portava le
tracce del conflitto. L'approvvigionamento alimentare rimase per
molto tempo incerto a causa della pessima condizione delle strade.
Il rifornimento idrico in alcune frazioni mancò a lungo finché
l'acquedotto non venne ripristinato da un intervento di emergenza
realizzato dal Genio militare.
Le condizioni della popolazione piombarono a un livello di assoluta
povertà. L'intera comunità era rimasta priva di capre, di mucche e
di maiali.
La stessa possibilità di utilizzare i pascoli di montagna, che
nell'anteguerra consentivano di mantenere un allevamento diffuso,
era stata vanificata dalla onnipresenza di residuati bellici.
I boschi, un tempo fonte di reddito, erano stati rovinati dai
bombardamenti e dagli abbattimenti. Le campagne, invase da estese
opere campali, erano nel più completo abbandono.
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San Colombano
Il 3 novembre 1918, durante la ritirata, gli austriaci fecero
saltare il ponte di San Colombano.
Il crollo provocò l'interruzione della strada Rovereto-Pian delle
Fugazze e contemporaneamente mise fuori uso l'acquedotto che
riforniva Rovereto, Sacco ed altri paesi del circondario.
Considerato lo stato di necessità, il Comando Genio della 1ª Armata
ordinò la progettazione e la realizzazione di un
ponte provvisorio che ripristinasse l'acquedotto e il passaggio
delle persone.
Venne progettata una travata in legno a traliccio che contenesse il
canale per l'acquedotto e contemporaneamente ospitasse una
passerella per i pedoni.
La trave doveva essere lunga complessivamente 38 metri e poggiare
sulle spalle del vecchio ponte e su di un cavalletto intermedio,
consentendo due campate di 17 metri ciascuna.
La struttura fu realizzata a Rovereto in due parti, venne
trasportata nelle vicinanze del luogo destinato e lì
ricomposta.
La mattina del 5 dicembre 1918 fu intrapreso il varo della travata,
che completato al termine di 12 ore di lavoro ininterrotto.
L'acquedotto così ricostruito consentiva una portata di circa 300
litri d'acqua al secondo e un sovraccarico di 150 kg al m.l. per il
transito dei pedoni.
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Realizzazione
La Rete TrentinoGrandeGuerra è un progetto che mira alla
costruzione di un sistema territoriale capace di unire le varie
realtà associative, museali e istituzionali che in Trentino si
occupano dello studio, della tutela e della valorizzazione del
complesso patrimonio di beni, vicende e memorie della Prima guerra
mondiale.
Paesaggi di guerra. Il Trentino alla fine della Prima guerra
mondiale
Terragnolo, Trambileno, Vallarsa
Progetto: Rete TrentinoGrandeGuerra
Gruppo di lavoro: Paola Gios, Mauro Grazioli, Aldina Martini, Anna
Pisetti, Fabrizio Rasera, Giancarlo Sciascia, Luigi Valduga,
Camillo Zadra
Allestimenti: Studio Giovanni Marzari
Cura grafica: Alessio Periotto - Designfabrik
Fornitori: Edizioni Osiride,Paolo Gabbana, Zirkotech
Video: Micol Cossali
Con la collaborazione di
Comuni di Terragnolo, Trambileno, Vallarsa, Comprensorio della
Vallagarina
Associazione Culturale Ricreativa Il Forte Pozzacchio, Centro Studi
Museo Etnografico Vallarsa
Con il sostegno di
Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Provincia
autonoma di Trento, Museo Storico Italiano della Guerra, Fondazione
Museo storico del Trentino, il Sommolago, Trentino spa
Le immagini esposte e pubblicate sono state messe a disposizione
da
Archivio del Comune di Terragnolo
Archivio dell'Istituto di Storia e Cultura dell'Arma del Genio,
Roma
Archivio dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano -
Museo Centrale del Risorgimento, Roma
Archivio Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto
Archivio Fotografico Storico - Soprintendenza per i Beni
Storico-artistici - Provincia autonoma di Trento, Trento
Associazione Culturale Ricreativa Il Forte Pozzacchio
Biblioteca Civica di Rovereto
Biblioteca Comunale di Folgaria, Archivio Clam Gallas
Winkelbauer
Centro Studi Museo Etnografico Vallarsa
Per le informazioni sul progetto e il calendario completo delle
mostre e degli eventi connessi:
www.trentinograndeguerra.it
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