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«L'ultimo anno 1917-1918» alle Gallerie di Piedicastello

Inaugurata oggi a Trento una mostra di grande impatto visivo ed emotivo

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Inaugurata oggi alle Gallerie, Trento, «L'ultimo anno 1917 -1918» la mostra della Fondazione Museo storico del Trentino che ripercorre l'ultima fase della Grande Guerra in Italia.
Con un allestimento imponente si raccontano i due protagonisti del conflitto: i soldati e i civili, spesso a torto dimenticati.
La conclusione è dedicata alle donne per le quali la guerra significò lavoro e dunque emancipazione, ma anche immani tragedie, soprusi e violenze.
Il visitatore è invitato ad entrare nel campo di battaglia e a conoscere i drammi che questo evento che a cent'anni di distanza continuiamo a chiamare «Grande» provocò.
All'anteprima per la stampa della mostra hanno preso parte Tiziano Mellarini, assessore alla cultura, cooperazione, sport e protezione civile e Flavia Piccoli Nardelli, presidente della Commissione «Cultura, Scienze e Istruzione» della Camera dei deputati, assieme Giorgio Postal, presidente della Fondazione Museo storico del Trentino, e Giuseppe Ferrandi direttore della Fondazione.
L'assessore Tiziano Mellarini ha sottolineato l'importanza di questa mostra nell'ambito delle iniziative per il Centenario della Grande Guerra, tese a diffondere la memoria del conflitto ma anche monito per la pace, mentre l'onorevole Flavia Piccoli Nardelli ne ha rilevato la qualità sia dal punto di vista dei contenuti che del linguaggio utilizzato.
 
Un'esposizione di impatto visivo ed emotivo. Un allestimento materico in tubi innocenti, con pannelli ora molto alti, ora molto vicini a formare lunghi stretti cunicoli.
L'idea - o meglio la sensazione - è quella di essere dentro un campo di battaglia, con la sua disarmonia, la sua ruvidità, la sua crudezza.
La galleria nera, inoltre, per la prima volta si fa a più livelli con scale e passerelle su cui si sale per entrare nei settori dedicati all'assalto e alla guerra verticale.
Il visitatore è quindi spinto a svolgere delle azioni fisiche che lo aiutano a comprendere e a ricordare temi e concetti che altrimenti potrebbero rimanere astratti, in qualche maniera distanti.
E dall'alto, può anche vedere, in una nuova prospettiva, la mostra e la galleria nera, con i suoi 3.000 metri quadrati di spazio espositivo.
 
Una nuova prospettiva dell'intera Grande Guerra emerge invece attraverso i contenuti su cui insiste «L'ultimo anno 1917 -1918».
Non solo vincitori e sconfitti ma uomini. Quegli stessi che il generale Cadorna trattava come proiettili: «Le sole munizioni che non mi mancano sono gli uomini» sta scritto infatti in caratteri cubitali sulla parete della Galleria Nera.
Non solo soldati poi, ma civili. E non solo uomini, ancora, ma donne, bambini e anziani.
La guerra fu totale proprio perché coinvolse tutti, vicini e lontani dal fronte.
 

 
 Soldati e civili costituiscono i due poli tematici della mostra 
Dopo una parte introduttiva che riassume gli eventi caratterizzanti il 1917 e il 1918, con uno sguardo alla situazione bellica europea, si entra nella prima sezione, dedicata ai soldati.
Mappe, fotografie, cartine e oggetti simbolici permettono di individuare i principali luoghi degli scontri militari sul fronte italiano, in special modo sul Carso e sull'Isonzo.
L'obbiettivo è quello di illuminare l'esperienza della guerra di trincea, l'impatto, sia fisico che psicologico, della violenza bellica sui soldati ma anche la funzione coercitiva e repressiva esercitata dalle autorità italiane nel mantenere unito e coeso l'esercito schierato contro gli austro-ungarici.
Lo scopo sottinteso a questa sezione è quello di spiegare le condizioni dei soldati italiani prima della disfatta di Caporetto e, soprattutto, l'usura materiale e morale cui sono sottoposti nei due anni che precedono l'offensiva austro-tedesca dell'ottobre 1917.
 
Altro polo tematico è quello dedicato ai civili, agli effetti che la guerra ha avuto sulle donne, uomini, bambini non coinvolti direttamente nei combattimenti ma comunque mobilitati, sui trentini profughi in Italia e, dopo la sconfitta di Caporetto, sulle migliaia di friulani e veneti fuggiti di fronte all'offensiva austro-ungarica.
Un'analisi che non dimentica coloro che rimangono sotto la dura occupazione militare austriaca all'indomani dell'ottobre 1917.
Lo sviluppo del tema legato ai civili non può fare a meno di affrontare questioni come la fame e le malattie, che mietono migliaia di vittime e sono il prodotto di un'economia di guerra che investe enormi risorse sui soldati e sull'impegno bellico, mentre tende a sacrificare il benessere dei cittadini comuni, che assistono ad un grave deterioramento delle loro condizioni di vita.
 

 
 La parte finale dell'esposizione è incentrata sulle donne 
Se è vero che la Grande Guerra costituisce un potente fattore di modernizzazione del loro ruolo nella società, è altrettanto indiscutibile ch'esse diventino oggetto «passivo» della guerra di massa.
La donna che sostituisce, nella fabbrica e nei campi, l'uomo chiamato a combattere al fronte è un'immagine nuova, «attiva», che rompe costumi e schemi consolidati.
Eppure, essa rimane stilizzata nell'immagine dell'infermiera amorevole, della madrina di guerra, della sposa e della madre dolente.
Allo stesso tempo, la guerra totale brutalizza le donne, sia come «bottino di guerra», preda degli stupri del nemico, sia come «sfogo sessuale» dei combattenti che trovano nei «casini di guerra» l'occasione di «liberare» violentemente la tensione accumulata nelle trincee.
 
Tra il polo «soldati» e il polo «civili» c'è, nel cuore della galleria nera, una sezione che – come afferma il curatore Lorenzo Gardumi – «ha il compito, in un certo senso, di sollevare il visitatore dal racconto precedente e prepararlo al successivo».
Una parte prettamente cinematografica con filmati che «dovrebbero fungere da spazio di respiro, di allentamento dell'intensità».
Ad accompagnare il visitatore c'è anche una sorta di percorso parallelo, affidato al riadattamento del diario di una batteria austroungarica, che dal fronte dell'Isonzo si sposta, raggiunge il Piave e quindi gli altipiani. «Un documento interessante perché presenta una sintesi degli avvenimenti del 1917, visti però dalla prospettiva degli altri.
 
Percorrere «L’ultimo anno» è insomma un'esperienza «immersiva» che permette di scoprire o riscoprire vicende poco conosciute accanto a quelle più note, di conoscere comportamenti e atteggiamenti molteplici e diversificati imposti ai singoli e alle masse, di entrare nelle dinamiche di un evento storico che dopo cento anni continuiamo a chiamare «Grande».

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