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La tromba dell’armistizio apre la mostra Fronte del Garda

Al forte di Nago, grazie a Museo della Guerra Rovereto e Comune Nago-Torbole, una mostra aperta fino al 31 ottobre

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Rimarrà aperta sino al 31 ottobre la mostra Fronte Garda ospitata nel Forte alto di Nago.
Programmata dal Comune di Nago-Torbole e curata dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, con la collaborazione anche dell’Associazione Culturale Benàch e del Gruppo culturale Nago Torbole, l’evento è inserito nel programma di iniziative per il Centenario della Grande Guerra varato dalla Comunità dell’Alto Garda e Ledro e sostenuto dal Servizio Attività culturali della Provincia di Trento.
E all’inaugurazione si è assistito ad una vera e propria chicca della memoria grazie allo spettacolo storico capace di abbinare la narrazione di Francesca Sorrentino al virtuosismo musicale del prof. Ivano Ascari impegnato a suonare quella che è definita la Tromba dell’Armistizio ovvero quel cimelio storico il cui suono anticipò nell’autunno 1918 l’arrivo a Serravalle all’Adige dei Plenipotenziali austriaci giunti per trattare l’armistizio, poi firmato qualche giorno dopo a Villa Giusti a Padova. 

Tra i presenti il sindaco Giani Morandi con l’assessore Luisa Rigatti, il presidente del Museo Alberto Miorandi con il direttore Camillo Zadra, i consiglieri provinciali Lorenzo Baratter e Luca Giuliani.
La mostra occupa quasi l’intero piano superiore del Forte e accompagna il visitatore, sala dopo sala, attraverso i capitoli principali di quel conflitto, con una serie di materiali messi a disposizione dal Museo della Guerra (grandi plastici, artiglierie, uniformi), legati alla vita quotidiana dei soldati (brande e strumenti connessi alla preparazione del cibo) e attraverso l’esposizione di numerose opere grafiche e pittoriche - alcune inedite - legate all’esperienza del fronte: opere di futuristi come Anselmo Bucci e Ettore Gallardi, o di Kriegsmaler come Francesco Ferdinando Rizzi, di cui saranno messi in mostra 5 disegni a carboncino prestati dalla Fondazione Museo storico del Trentino. 

È esposta anche una rara bicicletta italiana («Aquila», mod. 1912) usata dai soldati dei reparti Volontari Ciclisti Automobilisti, prestata dal signor Pierluigi Farè.
Un capitolo importante della storia raccontata è quello della guerra dei volontari ceco-slovacchi che sul Doss Alto combatterono inquadrati nella 6a Divisione e che lasciarono sul terreno – e sul patibolo – numerosi compagni.
Saranno esposti manifesti di reclutamento, rari cimeli e i busti di due dei principali artefici della nascita della Repubblica ceco-slovacca, Milan Rastislav Štefánik e Tomáš Garrigue Masaryk.
 

 
La guerra sul Garda ebbe anche un risvolto «navale».
Temendo incursioni italiane, gli austriaci installarono proiettori e stesero barriere galleggianti all’ingresso dei porti di Riva e di Torbole, oltre che sul Sarca.
Nel maggio 1915 gli italiani costituirono la flottiglia del Garda con alcuni piroscafi della navigazione civile armati con pezzi di artiglieria di piccolo calibro, affiancati da motoscafi armati (MAS) e dalle torpediniere della Regia Finanza.
Sulle rive del lago furono collocate artiglierie pesanti, mitragliatrici ed impianti di segnalazione, ma a parte alcune incursioni sulla costa austriaca, non si ebbero azioni rilevanti.
 
Quello sul Garda fu un fronte minore nella Grande Guerra. Se «tutto il Tirolo è una fortezza», come aveva dichiarato il Luogotenente del Tirolo von Toggenburg, la zona di confine che si affaccia sul lago rappresentava un baluardo impenetrabile, con i forti di Nago e del Brione, il Tombio, la Tagliata del Ponale, la fortificazione campale costruita sulle pendici del Baldo e dei monti della Val di Gresta, nella piana del Sarca e sulle montagne ad ovest di Riva.
Anche per evitare di infilarsi in questo budello fortificato, nel maggio 1915 Cadorna aveva deciso di esercitare verso est la massima pressione dell’esercito italiano, lasciando al fronte trentino, e quindi anche al lago di Garda, una funzione strategica marginale.

Per quanto marginale rispetto al teatro generale del conflitto, anche il fronte del Garda fu un fronte sanguinoso che vide coinvolte da una parte e dall’altra migliaia di uomini e lasciò dietro di sé sofferenze e distruzioni. Tutta l’area fu evacuata e la popolazione deportata, le case vennero bombardate e distrutte.
Numerosi volontari trentini che combatterono in divisa italiana trovarono la morte sulle pendici del monte Baldo, assieme a tanti altri soldati caduti per il solo fatto di essere stati richiamati in una guerra che certamente non avevano voluto.

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