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Dal fango delle trincee al vento del cielo

Pomeriggio «in volo» al Museo Caproni di Trento

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Dopo una breve introduzione prende vita il viaggio nel quale ci caliamo al museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento.
Viaggio che ci porta a scoprire la storia dell’aviazione militare dalla prima guerra mondiale al fascismo, analizzando non l’aspetto puramente bellico e militare ma piuttosto l’aspetto sociale.
 
Il Professore Fabio Caffarena docente di Storia contemporanea e coordinatore dell’archivio «Ligure della Scrittura Popolare» dell’ Università di Genova conduce questo avvincente viaggio attraverso documenti e foto che testimoniano storie di vita che fino ad oggi erano rimasti sepolti in archivi pubblici e privati.
I protagonisti di questo viaggio sono contadini, meccanici, autisti e falegnami cioè figure che nulla hanno a che vedere con il mito del volo che in quegli anni inizia a insediarsi nell’immaginario collettivo.
 
Agli inizi del 1900 l’aviazione era vista da tutti come uno spettacolo seduttivo e per questo moltissimi presentavano domanda per diventare aviatore, molti venivano presi nelle scuole di volo, basti pensare che in Italia si passò, nel giro di pochi anni, da 80 a 7.000 aviatori.
Molti soldati sognavano di fare l’aviatore per sfuggire alla guerra atroce combattute nelle trincee; nonostante la mortalità fosse circa il doppio che tra chi combatteva in trincea nella mente dei soldati di terra volare equivaleva a combattere una guerra più pulita.
 
Tra i documenti portati alla luce dal professor Caffarena ci sono le cartelle cliniche degli aviatori dell’ epoca, ma perché sono importanti questi documenti?ù
Perché ci mostrano l’estrazione sociale dei candidati aviatori (che come avevamo preannunciato prima fanno parte delle classi meno abbienti della società), patologie, ferite riportate e quant’altro concernente la salute psicofisica degli aspiranti aviatori.
Queste cartelle sono importanti anche perché sono state redatte da Agostino Gemelli fondatore dell’Università Cattolica e maggiore studioso dei soldati che hanno combattuto la prima guerra mondiale.
 
Gemelli sosteneva che il soldato perfetto dovesse essere un individuo che pensa poco ma che è in grado di fungere semplicemente da ingranaggio di una macchina.
La definizione che Gemelli dava alla figura del soldato era tutt’altro che mitica, la paragonava infatti ad un autista di autobus.
 
Durante la prima guerra mondiale si combatté una guerra nella guerra, instaurata dalle case produttrici di velivoli che promettevano ingenti somme di denaro ai piloti che abbattevano più nemici trasformando così la guerra in una competizione sportia.
Di tutti gli aviatori in attività gli assi erano solo 40, definiti tali dopo aver abbattuto almeno 5 nemici, a loro era riservata un ascesa sociale molto rapida tanto che alcuni di questi venivano ritratti in cartoline accanto ai loro aerei.
 
Ma finita la guerra che fine hanno fatto tutti i piloti arruolati?
Qualcuno è tornato ai propri campi, al proprio lavoro, ma qualcuno non volendo lasciare il volo continuò l’attività di pilota da civile.
Negli anni successivi il Fascismo intuì che l’aviazione poteva attrarre molto esercitando il suo potere seduttivo anche sulle masse, infatti Mussolini nel 1923 instaurò l’Aeronautica e si fece ritrarre in una foto a bordo di un aereo… era l’inizio della propaganda fascista.
Divenne presto un’arma fascistissima.
 
Il Fascismo però cambiò alcuni canoni dell’aviazione rispetto alla prima guerra mondiale, definendo l’aviatore come un intero popolo in volo che rappresenta i valori comuni del popolo Italiano e non più inteso come singolo soggetto.
Un personaggio emblematico dell’aviazione fascista fu Stefano Cagna visto come il «fascista e l’aviatore perfetto».
 
Il relatore si è soffermato molto sulla figura di Cagna, personaggio storico che lui sta studiando «per parlare della storia di Stefano Cagna dobbiamo per forza raccontare la storia dell’aviazione di inizio ’90», Mussolini e il fascismo puntarono molto sull’aviazione militare come propaganda compiendo imprese eroiche tra le quali un’attraversata oceanica verso l’America, portando l’aviazione militare Italiana ad essere riconosciuta come la migliore a livello mondiale.
Queste imprese però di militare avevano ben poco.
 
Lo stesso Cagna, riconosciuto come punta di diamante dell’aviazione, compì circa 4.000 ore di volo totali quasi tutte su idrovolanti.
Di queste solamente 30 ore furono di guerra effettiva e Cagna, divenuto pilota nel 1923, sparò il suo primo colpo ben 16 anni dopo.
Insomma... l’aviatore come figura eroica, al giorno d’oggi è ancora così?
 
Antonio PECA
antonio.peca@ladigetto.it

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