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Verso il 70° anniversario del bombardamento della Portela/ 8

Dal libro di Nadia Mariz «Trento 1940-1945. I testimoni raccontano» – Terza puntata: sfollamento

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Alcuni giorni dopo il bombardamento del 2 settembre, il Comitato provinciale dispone il Piano di sfollamento totale.
«Risultano da sfollare 56.519 persone, di queste però dovranno rimanere in città per mobilitazione civile, per impiego, per concorso alla vita, alla difesa e alla resistenza della Nazione 4.200 persone, mentre sono già alle armi 3.356 e soggette a obblighi militari 4.794.
«Soltanto 6.892 persone hanno dichiarato di voler sfollare volontariamente; rimangono dunque da allontanare d’autorità circa 30.000 cittadini, di cui 3.697 bambini fino a 10 anni, 874 vecchi oltre i 70 senza assistenza, 700 degenti in ospedali e case di cura.»
 
Carri stracolmi di masserizie e mobilio caricati alla rinfusa fanno da spola tra la città e i paesi dove nei centri scolastici sono accolti quanti non hanno nessuno che li ospiti.
Ad altri è offerto alloggio presso gli alberghi, il vitto alla cucina popolare.
Da quel giorno, a partire dalle prime luci dell’alba e fino al tramonto, i sentieri e le strade che collegano la città ai paesi della periferia si animano di lunghe colonne di uomini e donne.
Sono i nuovi pendolari che continuano il proprio lavoro in città, ricongiungendosi alla famiglia sfollata solo per la notte.
Ai sinistrati sono distribuiti buoni per il prelevamento gratuito e senza punti di indumenti e, presso la sede comunale, è istituito un Comitato per l’assistenza che fin da subito inizia la raccolta di offerte.
Il Municipio lancia un appello a tutti i comuni della provincia per «un atto di umana solidarietà verso quella parte di popolazione di Trento sinistrata dall’incursione aerea nemica del 2 settembre decorso».
Quasi all’unisono i comuni rispondono positivamente versando nel complesso la somma di 190.830,90 lire [lo stipendio medio di un impiegato era di circa 900 lire mensili - NdA].
All’istanza si uniscono anche enti e privati cittadini donando 403.672 lire.
 
I mutilati di guerra colpiti dall’incursione e i degenti negli ospedali o bisognosi di cure sono invitati a farne segnalazione presso l’Opera Nazionale di assistenza ai Mutilati di guerra.
Il Comitato orfani di guerra invita gli aventi diritto a rivolgersi presso la struttura di via Belenzani per l’avvio delle pratiche per ottenere l’assistenza.
Il Comune autorizza la costruzione di 163 rifugi privati in roccia. Adeguandosi ai nuovi ritmi di vita e agli allarmi, cambiano gli orari delle funzioni religiose.
Dal giorno del bombardamento, affinché la sirena d’allarme sia udita senza impedimenti, è proibito il suono delle campane della città.
 
Ne «Il Brennero» del 4 settembre 1943 è pubblicata la notizia riguardante il bombardamento sulla città e si traccia un primo bilancio della tragedia.
Sul quotidiano è dato spazio anche all’incursione su Bolzano, avvenuta lo stesso giorno e che ha provocato 12 vittime e un centinaio di feriti.
In evidenza ci sono anche le «Norme per la popolazione in caso di incursioni aeree».
La Prefettura avverte dell’avvio dei lavori di costruzione di una galleria nella roccia adibita a rifugio antiaereo in piazza Venezia nei pressi di palazzo Venezia. Nella medesima piazza è allestito un ospedale da campo.
La cronaca degli accadimenti prosegue di giorno in giorno e ne «Il Brennero» del 5 settembre appare il primo annuncio di scomparsi.
«Chi ne sa qualcosa? La famiglia Celva, abitante in una delle case colpite dall’incursione in via Prepositura prega chiunque potesse fornire qualche informazione sulle figlie Flora di anni 21 ed Evelina di anni 19 di comunicarlo agli uffici del nostro giornale.»
A nome del Comando del Presidio Militare di Trento alla popolazione è comunicata anche l’entrata in vigore del coprifuoco.
«A partire dalle ore 0 del giorno 8 corrente, l’orario del coprifuoco è il seguente: dalle 23 alle 4.30 del mattino successivo durante il quale è proibito circolare. I cittadini sono inoltre invitati a limitare l’uso del telefono nelle conversazioni private.»
 
Tra le tante compaiono anche notizie e testimonianze incoraggianti.
«Squadre di operai, vigili del fuoco, alpini, soldati del Presidio hanno lavorato intensamente per tutta la giornata. Vi sono state scene commoventi: un giovane che è rimasto per quasi quarantottore imprigionato con le gambe tra due travi è stato rinvenuto svenuto e prontamente soccorso da un medico è stato messo fuori pericolo. Alcuni sacerdoti hanno assistito ai lavori di sgombero prodigandosi in opere di pietosa carità verso i superstiti e impartendo l’assoluzione alle vittime.»
 
«Nel pomeriggio del 2 settembre verso le 16.50, al suono della sirena d’allarme, tutti gli operai addetti allo sgombero delle macerie lasciarono il lavoro per ritirarsi nei rifugi più vicini. Solo una persona rimase sul posto, padre Raffaello dei Cappuccini di Trento il quale non volle abbandonare un giovane ventenne che stava per essere estratto dalle macerie con le gambe spezzate. Benché il ferito intimasse al frate di allontanarsi, questi continuò il lavoro interrotto dagli operai e trasse in salvo il disgraziato.»
 
«In merito ai numerosi atti di abnegazione e di altruismo compiuti il giorno del bombardamento ci viene segnalato il gesto sublime che è costato la vita al sedicenne Antonio Frasson figlio del capo operaio addetto ai magazzini frigoriferi di via G. B. Lampi.
Il giovane era già sulla via per mettersi in salvo nel sottopassaggio della ferrovia quando, interrogato dal padre se le valvole dell’ammoniaca erano state chiuse, per evitare l’espandersi del gas in caso di crollo della casa, ritornava immediatamente sui suoi passi.
Sceso nei sotterranei del frigorifero riusciva nell’intento mentre tutto gli crollava intorno, sacrificando la sua giovane vita per salvare gli altri che avrebbero potuto rimanere soffocati nei ricoveri delle case adiacenti.
Il giovane ha lasciato nel più crudo dolore i genitori e cinque fratelli dei quali era il maggiore. La luminosa memoria di questo esemplare soldato del dovere sarà ricordata con affetto e riconoscimento dalla popolazione.»
  
Nadia Mariz 
(Continua)
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