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A 71 anni da Malga Zonta la commemorazione della strage

Olivi: «Da eventi come questo è nata la nostra democrazia. Ma ci sono anche oggi guerre silenziose»

Malga Zonta, 71 anni dopo. Una memoria che continua ad essere coltivata, ma anche una memoria che si aggiorna.
Perché i valori che sono alla base della Resistenza hanno una ragione d'essere anche oggi. Potremmo sintetizzare così il senso dei messaggi pronunciati oggi a passo Coe, in quello che, il 12 agosto del 1944, fu il teatro della strage nazifascista che costò la vita a 17 persone, 14 partigiani e tre malgari rastrellati sull'altopiano.
Molte le persone presenti, molte anche le delegazioni dal Trentino e dal Veneto e le autorità, fra cui il vicepresidente della Provincia autonoma di Trento Alessandro Olivi, il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, il direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino Giuseppe Ferrandi.
«Il tragico evento di Malga Zonta non esaurisce il suo valore fra queste montagne – ha detto Olivi – perché i giovani che qui trovarono la morte non si battevano semplicemente per conquistare un loro spazio di libertà privato, ma per affermare valori universali, che sono all'origine dell'Italia e dell'Europa odierne.
«Valori che però devono essere declinati anche al presente, – ha detto ancora il vicepresidente della Provincia. – L'intolleranza e l'egoismo possono dar vita anche oggi a guerre, magari più silenziose. Respingere gli immigrati è un atto di guerra: lo ha detto Papa Francesco, e non è un proclama politico, è un grido di umanità.»
 

 
Giovani e meno giovani, mescolati ai gonfaloni dei comitati Anpi, dei Comuni della zona, delle associazioni ex-combattentistiche che sull'altopiano di Folgaria si ritrovano ogni anno: erano davvero in molti oggi a malga Zonta, per ricordare, ancora una volta, la strage in cui persero la vita 17 giovani, nell'estate del 1944.
Aperta da Luisa Canalia, presidente del Consiglio comunale di Folgaria, e da Valter Orsi, sindaco di Schio, la manifestazione, dopo i discorsi delle autorità, è proseguita con la prolusione della professoressa Carla Poncina, direttrice dell'Istituto storico della Resistenza di Vicenza, e quindi con la tradizionale messa al campo officiata da monsignor Giuseppe Grosselli. Il tutto accompagnato dal coro Sojo Rosso Valli del Pasubio e dalla banda cittadina di Cornedo Vicentino.
 
Ma memoria che si rinnova, quindi, quella della strage nazifascista.
«Una memoria lontana dalle polemiche spicciole – ha detto ancora il vicepresidente Olivi, – ma che sa distinguere. Perché c'è chi ha saputo stare dalla parte giusta, e c'è chi si è schierato dalla parte sbagliata.»
Quella dei partigiani è stata dunque una scelta politica, certo. Ma oggi, nella rilettura che cerchiamo di darle, a beneficio soprattutto delle nuove generazioni, «una scelta anche umanistica», all'insegna di valori che devono aiutarci ad orientarci nelle scelte che dobbiamo fare adesso, e qui il riferimento è andato in primo luogo ai profughi che fuggono da guerre e persecuzioni terribili.
 
A sua volta Ferrandi ha sottolineato come malga Zonta sia diventata un simbolo universale, e sbaglia chi preferisce prendere le distanze da questa commemorazione pensando che sia di parte.
«Malga Zonta – ha detto – racchiude dei valori che sono per loro natura includenti. In primo luogo perché la lotta partigiana è stata una lotta plurale, a cui hanno partecipato comunisti, socialisti, cattolici, repubblicani e monarchici, ed è da questo pluralismo che è nato l'humus della nostra democrazia.
«Poi perché chi andava sui monti, in luoghi come questo, lo faceva per ripudiare la guerra, in nome non di un pacifismo generico ma di un rifiuto ben preciso, quello della guerra nazifascista.
«Infine, perché l'Italia che i giovani come quelli uccisi a malga Zonta avevano in mente era un'Italia aperta, pronta a dialogare anche con gli Stati che le erano stati nemici. L'Italia da cui è nata l'Europa di oggi.»
 
Richiami nel corso della manifestazione sono venuti anche ad un'altra memoria, quella che scaturisce dalle manifestazioni per il Centenario della Prima guerra mondiale.
Di nuovo, una memoria «allargata», capace di includere, di riscoprire anche gli attori più trascurati di quella immane tragedia dei nazionalismi.

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