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Il libro storico della settimana – Di Guido de Mozzi

Titolo: Tappe della disfatta Autore: Fritz Weber Editore: Mursia - Ristampa 2007 Prima edizione: 1933 Pagine: 354, più 24 pagine centrali di foto

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IL CONTENUTO
Si tratta del più bel diario di guerra pubblicato nel primo dopoguerra da un ufficiale austroungarico, che comincia dai forti degli altipiani di Folgaria, Luserna e Lavarone, prosegue con la battaglia del Pasubio, continua con lo sfondamento di Caporetto e finisce con l'ultima battaglia del Piave (e ritorno a casa).
A forte Verle comandava una batteria e per un anno intero ha combattuto contro i forti italiani Verena e Campolongo e contro gli alpini che continuavano ad attaccare le fortificazioni austriache ridotte sempre più a cumuli di macerie.
Pubblicato per la prima volta nel 1933, è stato tradotto in molte lingue e in Italia è stato stampato e ristampato decine di volte.
Fritz Weber è nato nel 1895 e ha combattuto la Prima Guerra Mondiale nell'esercito austroungarico con il grado di tenente di artiglieria. E' morto nel 1972.

IL COMMENTO
Mio padre mi aveva fatto leggere questo libro quando avevo 18 anni e confesso che dopo di allora l'ho letto altre volte, perché negli anni è maturata la mia conoscenza storica e rileggendolo mi si sono chiariti sempre più alcuni aspetti della Grande Guerra.
La parte più interessante del libro è quella che riguarda il primo anno di guerra, trascorso per intero a Forte Verle. Gli appassionati di storia, infatti, possono trovare centinaia di libri su quasi tutte le battaglie, ma raramente trovano di qualcosa così suggestivo come il racconto del combattimento tra forti.
«È un tiepido giorno di primavera, ma qui dentro, nella piccola cupola corazzata, fa fresco come in una cantina. Se stendo la mano attraverso la feritoia, un alito di aria calda l'accarezza. Di tanto in tanto un soffio di vento spruzza di polvere i muri di cemento…»
Così, quasi bucolicamente, comincia il suo racconto. Ma presto diventa un terribile racconto di guerra, di quella più spaventosa, come se si trovasse all'interno di una corazzata che non può muoversi e che può solo ricevere colpi di cannone e poco può consolare il fatto che a sua volta può spararli.
I forti italiani erano meno protetti di quelli austriaci, ma molto meglio armati. Gli austroungarici avevano imparato a distinguere i proiettili in arrivo dal sibilo che li accompagnavano. Ogni volta che un proiettile andava a segno, il forte tremava, sobbalzava, si sbriciolava. Gli uomini morivano a decine, abituando i commilitoni a convivere con la morte.
Molto interessante anche il trasferimento del tenente Weber dagli altipiani all'Isonzo, fatto trainando con i cavalli un gigantesco cannone Skoda come quello che è esposto davanti al municipio di Rovereto.
Insomma si tratta proprio delle tappe di una disfatta, descritte senza soluzione di continuità da Folgaria al Piave.
Abbiamo fatto la recensione di questo libro perché pochi giorni fa è stato inaugurato il percorso multimediale a Forte Belvedere, del quale abbiamo pubblicato un articolo che merita leggere (vedi).
Anche per questo ne consigliamo vivamente la lettura.

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