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«L'immagine del Trentino alla fine della Prima guerra mondiale»

Venerdì 9 luglio, al Castello di Rovereto, inaugurazione della mostra «Paesaggi di guerra, Vallagarina». - La scheda della mostra

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Venerdì 9 luglio, alle 18, nella sede del Museo della Guerra nel Castello di Rovereto sarà inaugurata la mostra «Paesaggi di guerra. L'immagine del Trentino alla fine della Prima guerra mondiale. Vallagarina», una delle dodici mostre fotografiche che la Rete TrentinoGrandeGuerra ha dedicato al Trentino del 1919.

La mostra presenta un reportage fotografico dedicato ai centri abitati, piccoli e grandi, della Vallagarina al termine della Grande Guerra, nel primo anno di pace che per i soldati e i profughi che tornavano dal fronte e dall'esilio rappresentò la scoperta dell'eredità di devastazione e di rovina lasciata dalla guerra sulle loro case e sul loro territorio.
Le fotografie, accompagnate da testi di inquadramento storico, provengono da archivi di Musei e di istituzioni pubbliche e da collezioni private.

Le immagini esposte nella mostra restituiscono uno scenario al tempo stesso disorientante e familiare.
Rovine di edifici, fabbriche devastate, edifici popolosi ridotti a cumuli di rovine, piazze ingombre di materiali, ponti distrutti, baraccamenti, civili e militari tra le macerie: scene che il Novecento ci ha abituati a vedere ma che nel 1919 rappresentarono per gran parte dell'Europa una «prima volta».
Fu così anche per quella parte di Trentino diventata teatro di guerra nel 1915-18.
La mostra che si inaugura venerdì a Rovereto presenta il tassello della Vallagarina, che assieme ad altre undici mostre (alcune delle quali inaugurate nei giorni scorsi) va a ricomporre il mosaico delle distruzioni della nostra provincia.

Dentro questo paesaggio vediamo i sopravvissuti alla guerra muovere i primi passi, soldati e civili alle prese con ciò che restava del mondo che avevano lasciato alcuni anni prima.
Le fotografie documentano un «paesaggio di guerra» desolato, ma anche l'avvio della ricostruzione e la ripresa della vita quotidiana: vi compaiono soldati del Genio militare italiano, operai sui cantieri, donne e uomini al lavoro, qualche uomo, qualche ultimo prigioniero in divisa austriaca.

Nella mostra è esposto un gruppo di sette acquarelli di Ernesto G. Armani e di Luciano Baldessari, dedicati alle rovine della guerra (v. scheda di approfondimento).

Attraverso una penetrante lettura delle immagini e la voce di alcune testimonianze, la videoinstallazione «Ritorni», opera della regista Micol Cossali, restituisce a questo passaggio il contesto delle emozioni di chi, tornando alla propria casa e trovandola in macerie, si trovò di fronte alla verità della guerra.

La mostra è corredata da un ampio catalogo che contiene le immagini di Rovereto, della Vallagarina e di tutto il Trentino alla fine della guerra.
Il volume è introdotto da testi di Andrea Di Michele, Mauro Grazioli e Fabrizio Rasera che inquadrano storicamente il periodo e le vicende.

Le altre mostre sono dedicate alla Valle di Sole, alla Valle del Chiese, alla Valle di Ledro, all'Alto Garda, a Mori, alle Valli del Leno, agli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, alla Valsugana Orientale e Tesino, alle Valli di Fiemme, Vanoi e Primiero.
Visitare una mostra dopo l'altra (il calendario e una breve presentazione di ciascuna delle mostre sono presenti sul sito www.trentinograndeguerra.it.) permetterà di capire perché la memoria della Grande Guerra sia ancora tanto viva in Trentino e di constatare quanta parte del nostro territorio sia stata sconvolta dal conflitto.

L'ultimo allestimento è previsto a Trento nell'autunno 2011, dove sarà proposta una visione complessiva delle distruzioni di guerra e dell'avvio della ricostruzione.


Nella foto qui sopra, Lizzana bombardata. Nella foto sotto il titolo, Baracche a Mori.

Info: Museo Storico Italiano della Guerra (onlus) via Castelbarco 7 - Rovereto TN
0464 438100 -
info@trentinograndeguerra.it - www.trentinograndeguerra.it

Schede di approfondimento

La Vallagarina alla fine della guerra

La Vallagarina fu una delle aree trentine più colpite dalla guerra.
Fin dai primi mesi della guerra tra l'Austria e l'Italia, i centri abitati posti dietro le prime linee austriache erano stati evacuati e la popolazione trasferita verso le province centrali dell'Impero austro-ungarico. Per più di tre anni, salvo rare eccezioni, nessuno poté rivedere il proprio paese. Al loro ritorno, alla fine della guerra, profughi e soldati scoprirono che quanto avevano lasciato era stato perduto o danneggiato in modo grave per effetto dei bombardamenti e per il sistematico saccheggio delle abitazioni praticato dai soldati.

Il ritorno della popolazione, a partire dal dicembre 1918 fu inizialmente un lungo, attonito peregrinare tra rovine, resti di fortificazioni, insidie create da residuati bellici sparsi ovunque. Lo scenario era composto da paesi bombardati, industrie spogliate e distrutte, vigneti, frutteti e piantagioni a gelso tagliati o divelti, campagne incolte, trasformate in campo di battaglia, ogni tipo di coltura scomparsa, l'allevamento e la bachicoltura estinti. Si dovette ricominciare dalle fondamenta, senza strumenti da lavoro, mobili, biancheria, viveri, denaro, a partire da un grado di devastazione pressoché totale.

Uno dei primi problemi fu la realizzazione di ricoveri di emergenza.
Accanto alla sistemazione provvisoria in avvolti e cantine o in edifici solo parzialmente lesionati, in molti centri abitati la soluzione adottata fu la costruzione di baracche. Spesso furono gli stessi abitanti a provvedere alla loro costruzione, smontando strutture abbandonate dall'esercito nelle retrovie del fronte e ricostruendole nei paesi distrutti; in altri casi fu l'Esercito italiano a provvedere.
Sorsero così quartieri di baracche precarie e insalubri: a Lizzana in 54 baracche vivevano un centinaio di famiglie, a Marco i nuclei familiari in baracca erano 115, a Mori vi coabitavano più di mille persone, a fronte di poco più di 2.000 che avevano trovato riparo nelle case sistemate alla bell'e meglio.
Spesso costruite senza cura per le condizioni elementari di abitazione, costringevano chi vi abitava ad una promiscuità poco decorosa, senza protezione dalle intemperie. Vi furono ospitate, oltre alle famiglie, anche scuole e luoghi di culto, così come era accaduto nelle città di legno di Mitterndorf e Braunau, da dove i profughi erano ritornati certi di trovare le case che avevano abbandonato quasi quattro anni prima.

I comuni e i comitati profughi aprirono magazzini per la distribuzione di brande, paglia, coperte. Ai profughi rimasti senza casa fu assegnato un sussidio giornaliero di 80 centesimi per poco più di due mesi.
La ricostruzione vide impegnate numerose istituzioni. Il Consiglio provinciale d'agricoltura inviò aratri, zappe, rastrelli, picconi, sementi. Le scuole ricominciarono a funzionare, spesso ospitate in baracche.

Rovereto

A Rovereto delle più di 900 case di abitazione, solo 37 erano rimaste illese; le industrie erano state distrutte e spogliate. Arredi, biancheria, macchinari: tutto era scomparso o ridotto a rovina.
Tra le principali urgenze, la giunta di Rovereto nominata dal Comando Supremo segnalò il ripristino dei tetti delle case, la costruzione di arredi per i profughi, il controllo della vendita di vestiti e viveri, la riattivazione della ferrovia Rovereto-Mori-Avio, il recupero di beni e attrezzature produttive, la riapertura degli impianti industriali, nonché misure di igiene pubblica. In pochi mesi furono riattati centinaia di edifici, dove trovarono alloggio circa 8.500 tra soldati e profughi. Nel maggio 1919 erano di nuovo attivi gli uffici comunali, le poste, gli uffici giudiziari, la Cassa di risparmio, l'Ospedale civile, le scuole e la biblioteca civica. Perfino il teatro riaprì i battenti.

Dopo la lunga stagnazione del periodo bellico, il numero dei matrimoni e delle nuove nascite tornò a crescere.
I danni alle abitazioni, alle industrie e alle campagne furono valutati in 42 milioni di lire, senza contare il credito di 20 milioni vantato nei confronti del passato governo austriaco. Il cambio della moneta colpì i risparmi e la liquidità delle famiglie, compromettendone la capacità di spesa e di investimento. A ciò si aggiunse la lentezza esasperante delle liquidazioni dei danni di guerra da parte dello Stato italiano, che sollevò molte proteste.

«Zona grigia», «Zona nera»

Con questo termine fu indicata la fascia di territorio trentino posta sulla prima linea, occupata, talvolta contesa dai con-trapposti reparti, che fu più colpita dalle distruzioni della guerra: Vermiglio e la Valle del Chiese, la Valle di Ledro e i paesi dell'Alto Garda, Brentonico, la Valle di Gresta, Mori e gran parte della Vallagarina, la Vallarsa, Trambileno e Terragnolo, Lavarone e Luserna, gran parte della Valsugana, il Primiero. Si trattava di 150 paesi, strade, campagne, boschi e pascoli, laboratori artigianali e manifatture.

Alle spalle della «zona nera» si estendeva, con profondità diverse, una «zona grigia», nella quale la permanenza degli eserciti e la sistematica rapina di ogni risorsa avevano prosciugato l'economia. Anche in quest'area l'artiglieria aveva colpito e le bombe d'aereo avevano incendiato edifici e ucciso persone, ma la popolazione non era stata evacuata, perché ritenuta al riparo dai pericoli maggiori e considerata bacino di manodopera al servizio dell'esercito e delle sue esigenze.

In Vallagarina, della «zona grigia» facevano parte Avio ed Ala a sud, Volano, Calliano, Villalagarina e Besenello a nord, retrovie rispettivamente per l'esercito italiano ed austro-ungarico, dove avevano sede comandi, tribunali, ospedali.
Lì vennero acquartierati i reparti a riposo, si concentrarono i depositi militari, si addestravano i reparti prima dell'impiego in prime linea, si accumulavano i materiali da inviare con le teleferiche fin sulle prime linee.
Contro questa eccezionale infrastrutturazione puntavano le artiglierie nemiche, talvolta con qualche efficacia, nonostante le distanze.
Di questo passaggio e di questo uso militare proprio della «zona grigia», rimasero alla fine della guerra tracce vistose nei baraccamenti, nei depositi, nei campi occupati dalle strutture logistiche, negli aeroporti e nei parchi macchine, ma anche negli edifici colpiti dalle bombe, forse in numero minore che nella «zona nera», ma non meno gravi.

Retrovie e comunicazioni

L'opera di ricostruzione vide impegnato dal dicembre 1918 all'agosto 1919 il Genio militare italiano e, in seguito, il Genio civile.
Oltre a ripristinare opere pubbliche - chiese e conventi, scuole ed asili, edifici comunali, ospedali, magazzini, ecc. - sia i militari che l'amministrazione civile si dedicarono a misure di emergenza come la costruzione di baracche, il risanamento di strade danneggiate dalla guerra, la ricostruzione di ponti abbattuti e l'apertura di nuove vie di comuni-cazione.

Si trattava di realizzazioni di grande valore strategico: ripristinare le vie di comunicazione era la condizione per consentire alle imprese impegnate nell'azione di ricostruzione di raggiungere anche le aree periferiche, le meno servite e spesso le più bisognose di sostegno.

Furono così rapidamente ricostruiti il ponte in ferro che attraversa l'Adige all'altezza di Ravazzone, sulla strada Rovereto-Riva; il ponte in ferro di Sacco che collegava i due versanti della Valle dell'Adige; il ponte di San Colombano che congiunge le due rive del Leno lungo la strada per Vallarsa ad est di Rovereto; il ponte in cemento armato sul rio Cavallo presso Calliano.

Vennero inoltre allargate e sistemate la strada tra Sacco e Isera, la strada nazionale presso Volano ed il tracciato verso Riva in prossimità di Passo San Giovanni. Furono riselciati parte del paese di Calliano e la strada nazionale in Ala e venne allargata la strada presso Serravalle. Furono infine costruite nuove strade comunali per rendere praticabili i trasporti nei piccoli paesi nei dintorni di Rovereto e Mori, verso Vallarsa, Trambileno e Terragnolo, Serravalle, Marco, Chizzola, Santa Margherita, Brentonico e Valle San Felice.

Gli «sguardi sulle rovine» di Ernesto G. Armani e Luciano Baldessari

In mostra sono esposti sette acquarelli realizzati nell'immediato dopoguerra dagli artisti Ernesto G. Armani e Luciano Baldessari, entrambi allievi del professor Luigi Comel presso la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, ambedue combattenti sul fronte orientale nella divisa dell'esercito austro-ungarico.

Armani e Baldessari sono due personalità molto diverse, con un approccio alla pittura naturalistico il primo, orientato alla ricerca d'avanguardia fin dagli anni della scuola il secondo. Gli acquarelli presenti in mostra rappresentano alcuni drammatici scorci di paesi devastati in Vallagarina, Vallarsa e Valle di Gresta.

La collezione venne donata al Museo da quella avventurosa figura di rivoluzionario che fu Emilio Strafelini, allora militante socialista e della Camera del lavoro, lo stesso che donò al Museo l'aereo Nieuport 10 che spicca nel nuovo allestimento, inaugurato meno di due anni fa.

Realizzazione

Rete Trentino Grande Guerra è un progetto che mira alla costruzione di un sistema territoriale capace di unire le varie realtà associative, museali e istituzionali che in Trentino si occupano dello studio, della tutela e della valorizzazione del complesso patrimonio di beni, vicende e memorie della Prima guerra mondiale.

Paesaggi di guerra
Il Trentino alla fine della Prima guerra mondiale
Vallagarina

Progetto Rete TrentinoGrandeGuerra
Coordinamento Mauro Grazioli, Anna Pisetti, Fabrizio Rasera, Camillo Zadra
Segreteria organizzativa Giancarlo Sciascia
Allestimenti Studio Giovanni Marzari
Cura grafica Alessio Periotto - Designfabrik
Fornitori Edizioni Osiride, Paolo Gabbana, Zirkotech
Video Micol Cossali

Con la collaborazione del Comune di Rovereto

Con il sostegno di
Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
Provincia autonoma di Trento
Museo Storico Italiano della Guerra
Fondazione Museo storico del Trentino
Il Sommolago
Trentino spa

Le immagini esposte e pubblicate sono state messe a disposizione da
Archivio dell'Istituto di Storia e Cultura dell'Arma del Genio, Roma
Archivio dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano - Museo Centrale del Risorgimento, Roma
Archivio del Museo Civico Rovereto
Archivio del Museo di Riva del Garda
Archivio del Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto
Archivio Fotografico Storico - Soprintendenza per i Beni Storico-artistici - Provincia autonoma di Trento, Trento
Archivio SAT di Brentonico
Biblioteca Civica di Rovereto
Collezione A. Less - O. Mederle
Collezione Oswald Mederle
Collezione Giancarlo Passerini

Per le informazioni sul progetto e il calendario completo delle mostre e degli eventi connessi:
www.trentinograndeguerra.it

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