Verso un travagliato 150° anniversario dell’Unità d’Italia
Le picconate al Trentino dei colleghi Rizzi e Stella sul Corriere

I colleghi Gian Antonio Stella e
Sergio Rizzo hanno pubblicato ieri un articolo a due pagine sul
Corriere della sera, inserito della serie di interventi finalizzati
alle celebrazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia,
dedicato al Trentino, uno degli ultimi due territori annessi al
Regno d'Italia con la conclusione della Grande Guerra.
Francamente non è stato un gran pezzo, né in funzione delle
celebrazioni né rispetto alla realtà attuale.
E visto che il Corriere si sta occupando così un po' di tutta
l'Italia risorgimentale, viene da dubitare anche sugli altri
articoli. Se quello che conosciamo risulta così superficialmente
sfalsato dai redattori, come poter pensare che gli altri pezzi
siano corretti?
Ma scendiamo nel dettagli, a partire dal titolo.
«Piovono gli euro. E Battisti diventa un ricordo
scomodo».
Ma i due aspetti vanno tenuti ben separati. L'Autonomia non c'entra
con i nostri eroi, cerchiamo di tener separati i beni materiali da
quelli spirituali. Siamo assolutamente contrari alla
contrapposizione di Battisti ad Andreas Hofer, che vivono in epoche
e ambiti distanti anni luce. Per cui in questo articolo non ne
parliamo affatto. Non raccogliamo la provocazione.
E cominciamo col fare alcune precisazioni, partendo dall'inizio
dell'articolo in questione, quando si parla dei caduti
trentini.
Il Trentino ha perso nel corso della Grande Guerra qualcosa come
11.400 soldati, mille dei quali nelle fila del Regio Esercito
italiano e il resto per l'Imperial Regio Esercito austro
ungarico.
Una cifra folle, se si pensa che il Trentino agli inizi del '900
era abitato da sole 300.000 persone, 60.000 delle quali richiamate
alle armi. Nessun'altra provincia ha offerto un numero così
spaventosamente elevato di soldati e di eroi nel corso di quel
conflitto.
(Vedi in
proposito nostro articolo in Pagine di
Storia).
Stella e/o Rizzo scrivono in proposito che «tutti i caduti hanno
diritto di essere ricordati». Bontà loro. E beati loro: noi abbiamo
dovuto attendere 90 anni per poter ricordare anche quelli
caduti con le mostrine dell'Impero.
Non c'è cimitero trentino che non abbia dei caduti, non c'è paese
che non abbia dovuto sopportare la perdita dei propri cari in
doloroso silenzio, solo perché avevano militato dalla parte
sbagliata…
Per alcune colonne l'articolo si occupa di disquisizioni tra Patt e
Lega, dove il primo sarebbe mantenuto in vita per evitare il
travaso dei voti al secondo.
Dimenticano gli autori che passare dalla sudditanza di Roma a
quella della Padania non sarebbe altro che passare dalla padella
alle brace.
Ma questo è un concetto che può sfuggire solo a chi non vive
l'Autonomia come la vive un Trentino.
Il Trentino non è né terra redenta né preda di guerra, per la
semplice ragione che il Principato Vescovile ha sempre
goduto di una sua autonomia, finché Napoleone non lo ha conquistato
per poi passarlo agli Asburgo. I quali, una volta caduto Bonaparte,
se ne sono ben guardati dal restituire ai Trentini la sovranità.
Così come non hanno restituito la Repubblica di Venezia ai
Veneziani.
Ma la questione vera dell'assunto dei due giornalisti sta nei
vantaggi economici della Provincia autonoma di Trento, che secondo
loro sono dei privilegi.
Che il Trentino prenda più soldi di quanti non ne mandi a Roma, è
falso. Lo dicono i dati. Il Trentino riceve da Roma il 90 percento
di quanto manda a Roma. E, comunque, riportare questa cifra senza
subito specificare che con essa il Trentino gestisce e paga tutti i
servizi che non siano Polizia, Magistratura, Fisco e Difesa,
significa voler gettare una luce fosca sulla nostra Autonomia.
La percentuale è stata recentemente ratificata da un accordo
sottoscritto dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con il
Ministro dell'Economia Tremonti.
Quando il ministro Calderoli (e non il governatore della Lombardia
Formigoni, come si legge nell'articolo) sbottò con la famosa frase
«Basta con i privilegi del Trentino Alto Adige», aveva
preso un granchio. Lo ammise successivamente lui stesso (ed è
strano che Stella e Rizzo non ne abbiano preso nota), dopo aver
verificato che quell'ulteriore incriminato unmiliardo e 400
milioni che lo Stato doveva dare al Trentino si riferiva ad
arretrati.
Quando ci vennero riconosciuti l'Autonomia e il suo finanziamento,
con la restituzione del 90% delle imposte inviate a Roma,
il Governo centrale sapeva benissimo che non ci sarebbe
bastato.
Il Trentino era una piccola provincia dimenticata dal mondo,
formata da oltre 220 comuni, alcuni dei quali microscopici, con una
popolazione abituata a vivere solo di quello che aveva e nel timore
di Dio.
Le periodiche emigrazioni sono sempre state generate da grandi
calamità naturali, quando la gente che aveva perso tutto non voleva
perdere anche la dignità. Per questo il Governo Provinciale non
dimentica i suoi emigrati.
Il particolare di Stivor è citato erroneamente
nell'articolo. I nostri non hanno lasciato il Trentino per andare
in Bosnia, dove non si stava meglio che da noi. La comunità in
questione si era affidata ad un cialtrone, un bandito da quattro
soldi che l'aveva guidata lì invece che nella Terra Promessa.
La vera domanda da porsi sarebbe «quanti soldi costerebbe allo
Stato se dovesse fornire lui anche in Trentino tutti i servizi come
fa nel resto del paese».
Che oggi ci basti meno di quel 90 percento che lo Stato Italiano ci
aveva assegnato con la carità pelosa di Donna Prassede, è
perché sappiamo amministrarci. È perché, contrariamente a quanto si
legge nell'articolo di Rizzo e Stella, non abbiamo mai sperperato i
quattrini e perché il rigore della nostra Pubblica Amministrazione
è lo stesso di sempre.
Quanto a tutto il resto, sono fatti del Trentino. E dei Trentini.
Cosa ne facciamo dei nostri soldi, non riguarda nessun altro.
Che si voglia spendere di più in Sanità, che si vogliano pagare di
più gli insegnanti (purché lavorino a tempo pieno), che si vogliano
le Comunità di Valle per stimolare la comunità di intenti, che si
voglia incentivare l'alpeggio per il benessere degli animali, che
si aiuti gli emigrati trentini nel mondo, che si investa per il
turismo (il nostro vero tesoro è sotto i piedi) e così via dicendo,
sono fatti esclusivamente nostri.
Questo sta nei termini dell'Autonomia.
L'articolo riporta un sacco di altre
informazioni inutilmente deteriori per l'immagine trentina. Sono un
po' fuori tema, ma merita citarne alcune. |
Per concludere, citiamo lo stesso principio di sempre. Il resto del
Paese non deve pensare a come ridurre le entrate della nostra
Autonomia, ma a come fare per aumentare le proprie.
Il che non è difficile. Basta procedere anche con le altre regioni
con il sistema del controllo budgettario.
Si concordi la percentuale che deve essere restituita ad ogni
regione (a volte sarà sotto quella del Trentino, a volte sarà ben
oltre il 100%), dopodiché dovrà essere la regione ad arrangiarsi,
come hanno fatto il Trentino e l'Alto Adige.
Siamo certi che tutti, messi di fronte al budget concordato, sanno
comportarsi con buonsenso.
Sappiamo che l'Unità del Regno d'Italia è avvenuta per conquista
militare e non per accordo federale come accadde per la Germania.
In quest'ultimo gli Stati rinunciarono a parte della propria
sovranità per creare l'Impero, mentre da noi ogni sovranità locale
avvenne per graziosa concessione dello Stato conquistatore.
Bene, proprio lo Stato Italiano, al quale siamo orgogliosi di
appartenere, deve rendersi conto che la strada da seguire è quella
delle sovranità locali, che dovrebbero nascere proprio con quel
Federalismo Fiscale che, a quanto ci è dato da capire, sapremo in
cosa consisterà solo quando sarà realizzato.
Infine una postilla.
Francamente non crediamo che Stella e Rizzo stiano facendo il gioco
di Tremonti. Primo perché ci pare improbabile la realizzazione di
un disegno così machiavellico. Secondo perché crediamo nella
assoluta indipendenza dei due colleghi.
Tuttavia qualcosa è cambiato nei loro confronti. Se prima leggevamo
con interesse gli articoli scritti da Stella e Rizzo sul 150°
anniversario dell'Unità d'Italia, adesso dovremo sempre porci la
domanda se quanto scritto corrisponda alla verità storica, o se
sarà tutto da leggere col beneficio d'inventario,
sull'esperienza di quest'ultimo articolo sul Trentino.
Tra un anno festeggeremo il 150esimo anniversario del nostro
giovane Paese.
Speriamo di riuscire a farlo nonostante i picconatori che nascono
ovunque si provi invidia per lo status del Trentino, dimenticando
che 60 anni fa gli invidiosi di oggi fingevano di non vederci.
g.demozzi@ladigetto.it
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