Nuova versione del Corriere sulla qualità della vita in Trentino
Gian Antonio Stella: «Ingenti risorse dall'Autonomia, ma anche capacità di spendere»
Il collega Gian Antonio Stella tesse
oggi sul Corriere della Sera l'elogio del Trentino Alto Adige, dove
«si vive bene (non solo per i soldi)». Si riferisce alla
valutazione effettuata sulla qualità della vita dal Sole 24 ore,
che ha collocato Bolzano al primo posto e Trento al secondo.
In mezza pagina ricorda che, come in passato ha tirato le orecchie
al Trentino (sto riassumendo con una certa semplicità), adesso
vuole riconoscere che la nostra provincia ha una marcia in più,
grazie al fatto che qui la gente ha il senso innato della buona
gestione della pubblica amministrazione.
Sembra una sorta di riabilitazione dopo le dure parole che aveva
pubblicato qualche mese fa criticando senza cognizione di causa
quelli che lui definiva privilegi della nostra Autonomia.
Uscita che noi avevamo ampiamente combattuto parola per parola in
un articolo reperibile
tramite questo link.
In realtà una riabilitazione non lo è, o per lo meno lo è solo in
parte, perché rimane un errore di fondo nei concetti che reggono i
ragionamenti che Gian Antonio Stella si ostina a fare sulla nostra
terra.
Riteniamo opportuno parlarne, perché stanno alla base non solo
della logica della nostra autonomia, che è (nonostante quanto
dichiarato recentemente da Casini) decisamente esportabile in tutto
il Paese.
«Certo, - scrive Stella all'inizio del secondo capoverso - le
province di Trento e Bolzano godono grazie all'autonomia di
forti contributi statali.»
Più avanti precisa che peraltro «va ricordato che Trento e Bolzano
si fanno carico di una serie interminabile di spese (dalle strade,
visto che l'Anas non c'è, a tutte le scuole dalle materne
all'università…) che altrove sono a carico dello Stato.»
Ed è qui, caro Stella, che le cose vanno spiegate come stanno
effettivamente, altrimenti non è altro che l'espressione di una
visione centralistica dello Stato, proprio quella stessa che 150
anni fa vide il Regno d'Italia imporre la piemontizzazione
nel paese neonato per la sola ragione che i Savoia l'avevano
conquistato (differentemente dalla Germania, dove gli stati
tedeschi avevano rinunciato a parte della propria sovranità per
fare l'impero).
Le cose stanno così. I Trentini versano a Roma tutte le imposte che
il Governo stabilisce ogni anno con la legge finanziaria (oggi
legge di stabilità). In seguito agli accordi previsti nel
Pacchetto, lo Stato restituisce poi alla Provincia
autonoma di Trento (idem per l'Alto Adige) il 90% degli
incassi.
Con quella cifra, che corrisponde a poco meno di cinque miliardi di
euro, noi dobbiamo gestire quasi tutto. Cioè tutto, meno
magistratura, esercito, forze dell'ordine e poche altre cose.
Detto in altra maniera, lo Stato riceve dal Trentino (e dall'Alto
Adige) il 10% della raccolta fiscale per pagare magistratura,
esercito e forze dell'ordine per la nostra quota parte.
È tanto o poco? Chissà. Certo è che quando è stato sottoscritto il
pacchetto dell'autonomia, lo Stato credeva di essersi
tolto il problema di mantenerci.
Il resto sì è, come dice Stella, merito nostro. Cioè se ci basta
molto meno di quel 90% per gestire le competenze che altrove sono
dello Stato (strade, scuole, sanità, forestali, protezione civile e
così via) è perché sappiamo amministrarci.
Merito dell'influenza austriaca? Chissà. Più probabilmente è merito
della fame che ha attanagliato la nostra gente per secoli e secoli
e che, risultati alla mano, non abbiamo scordato mai del tutto.
E qui sta l'esperienza da esportare. Se ogni regione avesse il suo
budget da utilizzare per gestire il quasi tutto che
gestiamo noi, credeteci, imparerebbero a non sforare i bilanci.
Certamente la percentuale che lo Stato dovrà restituire alle
autonomie locali dovrà variare da area ad area (una Lombardia dovrà
essere trattata ben diversamente da una Basilicata), ma si tratta
solo di negoziare con il pallottoliere e con il buonsenso del padre
di famiglia.
È solo così che gli invalidi non si decuplicano in pochi anni e che
la Sanità può sbordare solo a discapito di altre voci di spesa
locale.
Infine, non dimentichiamo che anche noi partecipiamo al disavanzo
dello Stato con una quota di bilancio di cui non possiamo disporre
per via di quel patto di stabilità che Roma ci impone ogni
anno con la Legge Finanziaria (oggi detta appunto di
Stabilità).
Questo è quanto. Non si parli più né di contributi né di
spese.
E si cerchi di diffondere la cultura del doversi amministrare con
quello che si ha. Vedrete come li faranno bastare i quattrini.
g.demozzi@ladigetto.it
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