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«Il diradarsi dell’oscurità», ovvero i trentini e la seconda guerra

Articolata in tre volumi, la trilogia mette a confronto visivo gli eventi bellici con lo scorrere della vita politica, economica e civile

«Trovo davvero significativo il titolo - ha esordito l'assessore provinciale Franco Panizza - perché sulla guerra cala sempre l'oscurità della memoria. È quindi fondamentale ridare luce a una storia fatta di sofferenze e restituire il senso della memoria e del ricordo ai tanti morti civili e militari, a tutte le persone che hanno sopportato il dolore dei lunghi anni di guerra. Quest'opera ripiana un debito, come in precedenza era stato fatto con Il popolo scomparso, curato anch'esso dal Laboratorio di Storia di Rovereto.»

«E lo fa con la consueta efficacia - sono state le conclusioni dell'assessore Panizza - con tantissime immagini che non hanno bisogno di parole, con fotografie che ricostruiscono fedelmente la storia senza necessità di spiegazioni.»
L'assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione, ha infine ringraziato gli autori, i prestatori e tutti coloro che hanno lavorato alla trilogia in questi anni, riservando parole di riconoscenza anche all'editore, ben radicato sul territorio Trentino, che ha investito con coraggio in un lavoro prezioso per tutta la comunità.

«Senza le fotografie niente è davvero successo», così si apre il primo dei tre libri che compongono l'opera: «Il diradarsi dell'oscurità. Il Trentino, i trentini nella seconda guerra mondiale 1939-1945», Rovereto, Egon, 2010, un'opera unica nel panorama editoriale trentino.
Una poderosa ricerca sulla seconda guerra mondiale vista dal Trentino attraverso la selezione di migliaia fotografie e documenti esaminati in sei anni di lavoro da 15 ricercatori.

Articolata in tre volumi (1939-41, 1942-43, 1944-45), la trilogia funziona come una scatola cinese: c'è un racconto fotografico, fatto di oltre 3.000 fotografie e scandito cronologicamente, che mette a confronto visivo gli eventi bellici con lo scorrere della vita politica, economica e civile, ed è accompagnato e commentato da frammenti di diari e lettere conservati nell'Archivio della scrittura popolare di Trento.

Da esso fuoriescono un centinaio storie, individuali e collettive, spesso sconosciute e scelte per la loro emblematicità, raccontate attraverso altre immagini, documenti, testimonianze e testi del Laboratorio.
E, ancora, 23 album fotografici di soldati, l'album di un tedesco, due di civili, quattro album da disegno di prigionieri, una raccolta di documenti cinematografici.

La ricerca si è svolta a tutto campo: dagli archivi pubblici a quelli privati, da quelli trentini e italiani a quelli esteri (Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti, Svizzera, Sud Africa, Australia); dalle fonti iconografiche a quelle documentarie, da quelle bibliografiche a quelle memorialistiche e a quelle orali.

Pensata e impostata all'origine come una ricerca sostanzialmente uguale a quella che aveva portato alla redazione de «Il popolo scomparso», via via che è proseguita ha assunto forma diversa: più documentazione d'archivio e di provenienza privata, più memoria orale consegnata e raccolta, un accumulo enorme di conoscenza, il tutto per restituire il più possibile visibilità a uomini e donne, dissolti dagli eventi e al tempo stesso «espulsi dal futuro», ridare un corpo e un volto ai «non eroi», di cui non c'è traccia sui monumenti, nelle strade, nelle celebrazioni del dopo.

«Il diradarsi dell'oscurità», che è stata coordinata da Diego Leoni con la collaborazione anche di Quinto Antonelli, è patrocinata dalla Provincia autonoma di Trento, dal Comune di Rovereto, dalla Fondazione Museo storico del Trentino e dal Museo storico italiano della Guerra di Rovereto, ed è stata realizzata con il contributo di Cassa Centrale Banca e della Casse Rurali Trentine.

Nelle prossime settimane Cassa Centrale distribuirà una copia omaggio delle tre pubblicazioni a tutte le scuole medie e superiori del Trentino. Inoltre, donerà alcune copie alle sezioni didattiche del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e della Fondazione Museo Storico del Trentino.

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