Sabato 23 luglio visite guidate alla fortezza ritrovata nel Lomaso
Lo scavo archeologico sta riportando alla luce un'antica fortezza dimenticata dalla storia, estesa su un'area di oltre 15.000 mq
Sono riprese in questi giorni le
indagini archeologiche sulla sommità del monte di san Martino nel
Lomaso, solitario sperone di roccia sulle creste tra l'Altogarda e
le Giudicarie.
Si tratta di uno straordinario, in gran parte ancora inesplorato
sito abitato, sopravvissuto nel suo stato di secolare
abbandono.
Raggiungibile in un'ora e mezzo di cammino da Lundo, lo scavo
archeologico sta riportando alla luce un'antica fortezza
dimenticata dalla storia, estesa su un'area di oltre 15.000 mq e
predisposta al tramonto dell'impero romano per fermare i barbari e
passata nelle mani di Goti, Bizantini e Longobardi.
Sabato 23 luglio il monte di san Martino ospita «Il Cavaliere e la
Fortezza», giornata dedicata all'arte nello suggestivo scenario dei
ruderi dell'antica fortezza con lo sfondo delle vette del
Brenta.
L'iniziativa, curata dall'APT Terme di Comano-Dolomiti di Brenta,
dall'Ecomuseo della Judicaria e dal Comune di Comano Terme, prevede
il ritrovo alle 13.30 nella piazza di Lundo e un'escursione al
monte di san Martino condotta dagli Accompagnatori di
Territorio.
Alle ore 16.30, nel sito archeologico, si terrà «Concerto nella
fortezza», appuntamento della rassegna «Musicomania. Musicando per
chiese, borghi e castelli», proposto dalla Scuola Musicale delle
Giudicarie con Y. Filosi, F. Crivellari e M. Parolari che
presenteranno un repertorio di musiche jazz.
Prima e dopo il concerto i Servizi Educativi della Soprintendenza
terranno visite guidate con illustrazione da parte dei ricercatori
e degli archeologi impegnati nel progetto di ricerca dei risultati
raggiunti e del significato di questo insediamento sul piano
storico e culturale (informazioni A.P.T. Terme di Comano tel.
800111171, www.visitacomano.it).
Inoltre, fino al 30 settembre, da lunedì a sabato, chi raggiunge il
monte San Martino ha la possibilità non solo di trovarvi i
ricercatori, ma anche di ricevere informazioni sugli scavi in corso
e su quanto il luogo conserva.
lI progetto di ricerca
Il sito di monte san Martino è al centro di un progetto di ricerca,
iniziato nel 2004, che vede capofila la Soprintendenza per i Beni
librari archivistici e archeologici della Provincia autonoma di
Trento e al quale partecipano il comune di Comano Terme e la
Commissione archeologica dell'Accademia delle Scienze della Baviera
(Bayerische Akademie der Wissenschaften).
Il programma della campagna di ricerca 2011 prevede un intervento
della durata di quasi tre mesi con attività di scavo e di
documentazione supportati dalla presenza e dalla partecipazione
attiva di una trentina di allievi e giovani ricercatori provenienti
da varie università italiane (Venezia, Padova, Trento, Pavia,
Milano) e straniere (Francoforte, Friburgo, Monaco in Germania e
Trnava nella Repubblica Slovacca).
Nomi che si aggiungono a quanti già sono stati impegnati nelle
ricerche negli anni scorsi: oltre un centinaio provenienti da una
decina di regioni italiane e da sei diversi Paesi europei. Base
logistica resta l'abitato di Lundo, il più vicino all'area degli
scavi, e la formula è quella consolidata del «campus» estivo che
ottempera a ricerca e formazione archeologica, supportate da tutor
dedicati.
Fino ad ottobre l'area si rianima di voci. Raggiungerlo in questo
periodo é aggiungere al piacere di un'escursione all'ombra di
secolari faggi la straordinaria opportunità di incontro con i
protagonisti della ricerca dentro un paesaggio straordinario, di
natura e di testimonianze, messaggio di ciò che qui è stato, ma
anche dimenticato. Un mondo inaspettato, che premia la salita.
Una volta sulla cima i segni dell'uomo risultano chiari, grazie
anche al loro notevole stato di conservazione dopo che sono stati
liberati da ciò che per secoli li ha coperti e celati.
Antica la loro origine che corrisponde alla crisi dell'impero
romano e all'alba dell'Europa delle nazioni.
A sette anni di distanza dall'avvio del progetto, della fortezza si
leggono i tratti fondamentali: una possente e munita cinta
irrobustita da massicci contrafforti e dotata di torri la cui
tecnica di costruzione rivela suggerimenti che sono stati propri
dell'ingegneria militare posta a difesa dell'ultimo brandello di
Roma rimasto in Occidente dopo l'incursione di Attila.
All'interno diversi i caseggiati dei quali si riesce a ripercorrere
il perimetro.
Dominanti e centrali infine i ruderi della chiesa che in alto
chiudono il paesaggio delle rovine.
L'edificio, consacrato al Santo vescovo protettore dei Franchi (ma
non solo), scoperchiato e progressivamente scomparso nelle seconda
metà del secolo scorso, è stato sapientemente recuperato ed è
tornato ad essere luogo di incontro nel segno di una tradizione
secolare, mai tramontata.
Meta della gente di Vigo Lomaso, ma anche di molti altri moderni
viandanti e pellegrini che quasi giornalmente giungono ai ruderi
della chiesa per curiosità, per devozione, per pratica erede di
un'antichissima tradizione.
Una chiesa rimasta per secoli celata sotto le pietre del pavimento
con le spoglie di coloro che ne sono stati i promotori, sepolti nel
momento in cui - sullo scenario della storia - si alternano, si
incontrano e anche si scontrano violentemente Goti, Bizantini e
Longobardi.
Attorno altro ancora rimane a livello d'indizio. Su questo opererà
quest'anno la ricerca, aprendo dei nuovi settori.
Da questa attività d'indagine i responsabili scientifici del
progetto attendono molto, anche per verificare e stabilire forme,
modi e strategie di prossimi interventi, posto che per la
prosecuzione delle attività di scavo archeologico nel sito molto
dipende dai risultati di questa nuova stagione di ricerca.
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