Cerimonia per Kaiserschützen del Piz Giumela
Tra il 2 e il 4 settembre una serie di iniziative che culmineranno domenica al colle di San Rocco a Peio
Il Museo di Peio «1914-1918 La
guerra sulla porta», con la collaborazione della Provincia autonoma
di Trento (Assessorato alla cultura), del Centro Studi Val di Sole,
dell'ANA di Trento, della Croce Nera austriaca e del Comune di
Peio, ha organizzato una serie di eventi per la commemorazione dei
Kaiserschützen caduti presso Piz Giumela nel corso della battaglia
per la riconquista di Punta San Matteo, avvenuta il 3 settembre
1918.
Alla cerimonia di domenica, nell'area sacra del colle di San Rocco
a Peio, sarà presente anche l'assessore provinciale Franco
Panizza.
Si comincia venerdì 2 settembre alle ore 21 presso il teatro delle
terme di Peio con il concerto del coro Rondinella, mentre sabato 3,
sempre alle 21 presso il teatro, vi sarà la presentazione del terzo
volume delle circolari di guerra provenienti dall'archivio di
Celentino, curato da Udalrico Fantelli, e del progetto Punta Linke,
a cura del Museo di Peio e della Soprintendenza beni librari,
archivistici e archeologici della Provincia autonoma di Trento.
Culmine della manifestazione sarà la cerimonia di commemorazione
che si terrà domenica 4 settembre presso il cimitero del Colle di
San Rocco a Peio.
Dopo il ritrovo presso il campo sportivo alle ore 9.30, vi sarà la
sfilata verso il cimitero, la Santa Messa, la Deposizione delle
corone e la salva di fucile che verrà eseguita dalla Compagnia
Schützen della Val di Sole.
Alla commemorazione sarà presente l'assessore alla cultura,
rapporti europei e cooperazione Franco Panizza, accompagnato dal
sindaco di Peio Angelo Dalpez, dalla rappresentante della Croce
Nera austriaca sezione Tirolo Annemarie Wieser, dal direttore del
Museo di Peio Maurizio Vicenzi e dagli esponenti delle delegazioni
dei Kaiserjäger e Kaiserschützen.
La battaglia di Punta San Matteo
Il tratto del fronte tirolese della Grande Guerra, tra lo Stelvio e
il Tonale, fu quello che si caratterizzò per gli scontri e i
presidi posti alle quote più elevate, mediamente 3.000 metri.
Allo scoppio del conflitto, nel maggio 1915, nessuno dei comandi
militari avrebbe immaginato che le alte montagne che separano la
valle di Peio dalle valli lombarde Camonica e Valtellina sarebbero
diventate teatro del conflitto, con presidi permanenti in
quota.
Nel primo anno di guerra esse furono caratterizzate soltanto da
movimenti di pattuglie sui ghiacciai, all'epoca ben più estesi
degli attuali.
Con l'evolvere della guerra i due eserciti cominciarono a misurarsi
a queste quote e presso i luoghi strategici delle creste più
elevate vennero creati dei presidi più o meno permanenti.
Punta San Matteo (3.678 m) era uno dei presidi, fu nell'estate 1917
che gli austro-ungarici occuparono la cima della montagna scavando
alcune trincee e ridotte, collegate tra loro con gallerie nel
ghiacciaio.
Un'ampia galleria nella neve serviva da ricovero per la truppa,
mentre la rete di teleferiche che gli imperiali allestirono lungo
tutto il fronte, permise ai soldati di sopravvivere a queste
quote.
Nel 1918, ultimo anno di guerra, con l'accorciamento del fronte
sulla linea Grappa-Piave, l'esercito italiano potè disporre di un
ingente numero di truppe da dislocare negli altri settori.
Gli italiani conquistarono Punta San Matteo a metà agosto,
sbaragliando il presidio austriaco che consisteva in una trentina
di uomini.
La cima era fondamentale per la tenuta del settore, per questo gli
imperiali progettarono la riconquista, che fu condotta sul finire
del mese con circa 400 Kaiserschützen, che furono concentrati in
forze sotto la Vedretta degli Orsi.
Il maltempo tuttavia fece ritardare le operazioni, stremando gli
uomini; a inizio settembre i soldati raggiunsero la posizione del
Piz Giumella, dove per accoglierli furono scavate due gallerie nel
ghiacciaio, per poi avanzare e riconquistare, la sera del 3
settembre 1918, Punta San Matteo, presidiata assieme al monte
Mantello da una forza di circa 200 alpini.
Sulla montagna si scatenò un violento fuoco di repressione
dell'artiglieria italiana che lasciò vincitori e vinti in
condizioni disperate.
Le granate causarono valanghe di ghiaccio che si riversarono
violentemente in basso, distruggendo ciò che rimaneva sulla cima
della montagna e impedendo l'invio a valle di prigionieri e feriti,
alcuni dei quali rimasero sepolti dal crollo delle caverne di
ghiaccio.
Il conto delle perdite alla fine della battaglia fu di un centinaio
di caduti, molti dei quali trovarono l'eterna sepoltura nel
ghiacciaio che li avvolse e che oggi, con il suo ritiro, li
restituisce alla memoria.
Il ritrovamento
Il 13 settembre 2009, in località Vedretta Valpiana (3400 m) alle
pendici di Punta San Matteo, nel comune di Peio, sono stati
recuperati i resti di due soldati, incompleti e non in connessione
anatomica.
Accanto anche parti di uniforme ed equipaggiamento che testimoniano
la loro appartenenza all'esercito austro-ungarico.
Analisi hanno permesso di definire che si tratta di un individuo di
20-25 anni e di uno di 30-35 anni, entrambi con tracce di ferite
perimortali, vale a dire ricevute in occasione del decesso.
Il contesto del ritrovamento rende assai probabile che il decesso
dei due soldati sia da mettere in relazione con la battaglia per il
San Matteo, alla fine dell'estate del 1918.
I resti molto parziali di un terzo soldato, relativi agli arti
inferiori, sono stati rinvenuti in località Vedretta degli Orsi
(3450 m) sempre nel territorio del comune di Pejo. In
considerazione del fatto che è possibile che la parte rimanente
della salma sia rimasta nel ghiaccio, si preferisce attendere la
verifica della effettiva presenza di altri resti dello stesso
individuo, prima di procedere alla sepoltura.
Il progetto «Punta Linke»
Punta Linke con i suoi 3.631 metri di altitudine fu uno dei centri
nevralgici più alti e più importanti del fronte nel gruppo
Ortles-Cevedale durante la Prima Guerra Mondiale.
Dotata di un doppio impianto teleferico, era collegata da una parte
al fondovalle di Peio e dall'altra al presidio del ghiacciaio dei
Forni.
Il vicino rifugio Mantova al Vioz era allora la sede del comando di
settore dell'esercito austro-ungarico.
Sotto Punta Linke il ghiaccio ha conservato l'intero sistema di
apprestamenti che dovevano garantire il funzionamento
dell'importante centro.
Il riscaldamento globale e il conseguente scioglimento repentino
dei ghiacciai alpini ha portato all'affioramento di numerosi resti
nell'area di Punta Linke.
Dopo i primi interventi, condotti sul ghiacciaio a partire dal 2005
da parte del Museo di Peio e dal 2007 dalla Soprintendenza, a Punta
Linke due estati fa è cominciato un intervento d'urgenza per
recuperare manufatti fuoriusciti dalla coltre glaciale ed esposti
al saccheggio ed al degrado.
L'opera congiunta dei due enti, affiancati da alcuni glaciologi
delle Università di Pisa, Roma, Milano e Padova, è proseguita anche
nel corso delle estati 2010 e 2011.
La metodologia adottata, basata sullo scavo di tipo archeologico,
ha portato alla raccolta di un'accurata documentazione che permette
di comprendere meglio questo importante caposaldo del fronte del
gruppo Ortles-Cevedale durante la Prima Guerra Mondiale.
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