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Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 13

«La svolta: al via la Commissione dei 19» – Di Mauro Marcantoni

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La notte dei fuochi del 1961 e gli attentati dei mesi successivi, avevano reso sempre più urgente la risoluzione della questione sudtirolese. Nonostante il successo della retata di luglio che aveva decapitato le organizzazioni terroristiche, il rischio di nuovi attentati non si era placato.

I vertici della struttura terroristica erano stati rapidamente rimpiazzati da organizzazioni austriache e tedesche, di chiara impostazione neonazista e pangermanista e a livello internazionale, il conflitto con Vienna si era ulteriormente acuito dopo la decisione austriaca di fare nuovamente ricorso all’ONU.
 
In un simile clima di incertezza, il Ministro dell’Interno Mario Scelba avanzò una proposta politica che negli anni si sarebbe rivelata decisiva.
Su sua iniziativa, il primo settembre del 1961 venne istituita una Commissione che aveva il compito di studiare tutte le questioni aperte sull’Alto Adige.
La Commissione – che era composta da rappresentanti dello Stato, della Regione, delle due Province e dei tre gruppi linguistici (italiano, tedesco, ladino) – venne detta «dei 19», per via del numero dei suoi componenti.
 
Ma anche questa nomina provocò intense polemiche.
Gli esponenti della SVP si lamentarono per il fatto che, contrariamente a quanto era stato loro assicurato alla vigilia, il numero dei rappresentanti del gruppo etnico tedesco in Commissione risultava inferiore a quello dei rappresentanti italiani.
Tra le file della Democrazia Cristiana trentina, invece, le riserve arrivarono per l’inattesa esclusione del Presidente della Giunta provinciale Bruno Kessler.
In ogni caso, la Commissione dei 19 si riunì per la prima volta il 21 settembre del 1961.
 
Una delle prime tematiche a essere presa in esame fu la questione scolastica.
Tutti i componenti della Commissione concordarono sul fatto che la tutela dell’identità linguistica del gruppo tedesco poteva essere assicurata solo mediante l’introduzione dell’insegnamento della lingua materna nelle scuole primarie e secondarie.
Così, venne riconosciuto il ruolo decisivo dell’istruzione per la salvaguardia della ricchezza dei diversi patrimoni linguistici e culturali e la Commissione approvò, a larghissima maggioranza, un documento che prevedeva l’attribuzione alla Provincia di Bolzano della competenza legislativa e amministrativa primaria per le scuole materne, l’istruzione professionale, l’edilizia e l’assistenza scolastica.
 
Sullo stesso tema, la Commissione prese altre importanti decisioni. In particolare, quella relativa all’uso su base paritaria della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali e nella nomenclatura topografica bilingue.
In più, la Commissione si espresse a favore dell’utilizzo dei mezzi radiotelevisivi locali in lingua tedesca e delle manifestazioni di associazioni e corpi, argomento delicato, poiché l’uso pubblico delle uniformi degli Schützen, e in particolare dei distintivi e dei gradi gerarchici, era stato vietato dalle autorità italiane in seguito agli attentati terroristici.
 
Un’altra grande questione fu quella della cosiddetta «proporzionale».
Come sostenne Magnago, nella provincia di Bolzano si constatava un forte divario nella distribuzione degli impieghi pubblici tra i due gruppi linguistici italiano e tedesco, a discapito di quest’ultimo.
L’onorevole Roland Riz, della SVP, presentò una serie di proposte con le quali si raggiunse un sostanziale accordo.
Nelle sedute di gennaio e di febbraio del 1962, a seguito degli approfondimenti svolti da un ristretto gruppo di lavoro costituito dagli onorevoli Lucifredi, Piccoli, Riz, Magnago e dal Presidente della Commissione Rossi, venne votato a larga maggioranza il criterio di una proporzionale linguistica rigida, che andava anche al di là degli impegni fissati nell’Accordo di Parigi.
 
Mauro Marcantoni
(Puntate precedenti)

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