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«Cesare Battisti è un gigante nella Trento d'inizio Novecento»

Il sindaco di Trento ha pronunciato il proprio pensiero sulla figura dell’eroe trentino

Cesare Battisti è uno dei trentini più insigni del Novecento, figura europea e tragicamente moderna.
Per lustri, anche quando era scomoda, discussa e avversata, la memoria di Battisti è stata custodita dagli Alpini sul mausoleo del Doss Trento: almeno quassù è stata preservata da deformazioni e strumentalizzazioni.
 
In effetti Cesare Battisti è un personaggio complesso, che sfugge alle catalogazioni.
Socialista (e dunque internazionalista) e patriota.
E ancora, deputato a Innsbruck e a Vienna e insieme fermo oppositore di quell'impero che soffocava l'autonomia culturale dei popoli.
Questa sua complessità, questa sua mobilità tra due mondi, il tedesco e l'italiano, tra due culture, quella socialista e quella patriottico-risorgimentale, è stata piegata a usi politici tanto dal fascismo come da una certa propaganda austriaca.
 
Eroe nazionalista o traditore: fuori da questa polarità, la memoria di Cesare Battisti per molti anni non ha trovato spazio.
Oggi per fortuna quella dicotomia ci appare quanto mai falsa e ingiusta.
Il Cesare Battisti più vero, più sfaccettato, più umano l'abbiamo riscoperto negli anni Settanta grazie allo storico e giornalista Claus Gatterer: è il Battisti capace di riconciliare mondo italiano e mondo tedesco, il Battisti difensore di tutte le minoranze (non solo delle minoranze italiane), che rivendicava la propria italianità non in senso nazionalista ma come espressione dei diritti e dell’autonomia culturale di un popolo.
 
Per Gatterer, Battisti fu vittima due volte: prima del nazionalismo austriaco, poi di quello italiano, che inventò il mito del martire protofascista.
Grazie alle ricerche storiografiche, grazie al lavoro sulla memoria compiuto in occasione dell’anniversario dei cent’anni dalla morte (nel 2016), oggi quel che emerge non è l'eroe, non è il traditore, ma un Cesare Battisti che è comunque un gigante nella Trento d'inizio Novecento: un uomo dalla ricca umanità, che credeva nella democrazia rappresentativa.
 
Un geografo competente e appassionato.
Un intellettuale che si era impegnato strenuamente, insieme a un giovane Alcide De Gasperi, per un'università italiana a Trento.
Un autonomista che combatteva non solo per la sua terra, ma per tutti i popoli oppressi.
Un politico che alla fine si ritrovò soldato e che, con la sua morte pubblica diventò, come fece notare Karl Kraus, il simbolo più tragico del disfacimento dell'impero asburgico.

Franco Ianeselli

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