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Il messaggio del sindaco di Trento nel Giorno del ricordo 2017

«Ancora oggi c'è chi nega l'esistenza del lager di Auschwitz o della foiba di Basovizza: ma il negazionismo non è meno pericoloso del riduzionismo»

È un dovere essere qui oggi. È un dovere ricordare le vittime delle foibe, dei campi di concentramento jugoslavi, delle deportazioni, della violenza che colpì gli italiani dopo l’8 settembre 1943 in Venezia Giulia e in Dalmazia.
I totalitarismi del secolo scorso – quelli di destra e di sinistra, quelli fascisti e quelli comunisti – hanno in comune non solo un'incredibile sequela di orrori, non solo il disprezzo per la vita umana, ma anche il negazionismo o il non meno pericoloso riduzionismo.
Basta cliccare qualche pagina di internet per rendersi conto che, ancora oggi, c'è chi nega l'esistenza del lager di Auschwitz o della foiba di Basovizza.
C'è chi contrappone l'uno all'altra, come se un crimine potesse giustificare un altro crimine, come se le vittime innocenti di una parte potessero spiegare le vittime altrettanto innocenti di un altro fronte.
E, ancora, c'è chi ne fa una questione di quantità, come se la tortura, l'uccisione di un solo uomo non fossero già sufficienti a suscitare in noi sdegno nei confronti dei carnefici e pietà per la vittima.
 
La nebbia delle polemiche ci costringe a ribadire un concetto che purtroppo non  è per tutti un'ovvietà: per noi le vittime sono sempre vittime. E i carnefici rimangono tali.
Le tesi  antistoriche, fondate solamente su pregiudizi ideologici, francamente non ci interessano.
Come non comprendiamo le azioni di chi imbratta monumenti e distrugge targhe commemorative nel tentativo di scrivere una storia che non è mai esistita.
Purtroppo dobbiamo constatare che oggi, come allora, una parte del mondo politico e culturale è affetto da una malsana aspirazione all'uniformità: uniformità etnica, religiosa, linguistica, ideologica.
Nell'Europa del secolo scorso, questa visione del mondo si esprimeva con la pulizia etnica, oggi «solo» (tra virgolette) con l'arrogante volontà di impadronirsi della storia, di farla diventare menzognera propaganda, di destra o di sinistra non importa.
 
Gli italiani, ma anche le minoranze ungheresi e tedesche, i dissidenti sloveni e croati, i mistilingue, i meticci finiti nelle foibe o in qualche campo di concentramento della Dalmazia e della Venezia Giulia meritano che oggi la loro storia sia raccontata e raccontata in ogni singolo dettaglio.
E non solo perché nei confronti di chi è stato privato della vita abbiamo l'onere del ricordo e della pietà, ma anche per noi, anche a vantaggio del nostro futuro, del mondo composito, plurale in cui ci troviamo a vivere.
Come ha affermato lo scrittore Diego Marani, «la contaminazione è il motore di ogni coesistenza. E il combustibile di questo motore è il raccontare, il dire, il parlare.
«Per questo è essenziale che gli europei si parlino, che si raccontino le loro storie. Perché attraverso il raccontarsi ci si conosce, si capisce il punto di vista dell’altro, le paure e le speranze dell’altro. Valutare insieme storie ed eventi è per l’uomo uno degli strumenti essenziali di apprendimento.
«Narrare serve a trovare un allineamento nella percezione dei fatti ed è questa uniformità che mantiene saldo il tessuto di una comunità, che le permette di imbarcare diversità senza alienarsi da sé.»
 
Il giorno del ricordo serve proprio a questo. A imparare la vicenda dei nostri connazionali, che furono perseguitati per la loro lingua, le loro idee politiche o solo per il loro cognome.
Serve a riconoscersi parte di una stessa storia di torti e ragioni. Serve a evitare che i torti si ripetano: e non mi riferisco solo al torto estremo della violenza, ma anche a quello dell'oblio, dell'indifferenza, del vuoto di memoria.
Perché, come ha scritto lo storico Guido Franzinetti, «la cosa più difficile da accettare per gli esuli è che il resto degli italiani non voglia sentire queste storie. Non è simpatico per chi ha perso dei cari, non importa se fosse fascista o antifascista».
 
Non mi resta allora che ringraziare tutti voi, familiari e amici delle vittime, che contribuite a tener vivo il ricordo di quello che è stato.
A ognuno vada l'abbraccio ideale di questa Amministrazione comunale.

Alessandro Andreatta.

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