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L’export alimentare è solido in Estremo e Medio Oriente e USA

Ferrua (Federalimentare): «Export unica fonte di redditività per il comparto, fondamentale il sostegno delle attività promozionali e fieristiche per le PMI»

Con i consumi interni in recessione, l'export rappresenta una delle più importanti valvole di sfogo e di redditività per il settore alimentare.
Tanto che ormai 1 prodotto alimentare su 5 finisce sui mercati esteri, per una fetta che nel 2012 ha sfiorato i 25 miliardi di Euro (+7% sul 2011) contro i 19 miliardi di import.
 
E sempre alle esportazioni si deve buona parte del trend positivo registrato dalla produzione del settore nel primo bimestre 2013 (+4,7%), con una nuova accelerazione dell’export che il Centro Studi Federalimentare valuta in un +12%.
Guardando agli sbocchi del made in Italy, nel 2012, l’area UE (+4,9%) è stata meno dinamica rispetto ai mercati extra-comunitari.
 
In particolare, il 2012 ha mostrato un apprezzabile trend dell’export sul mercato USA, che ha registrato un +8,9%, consolidando un netto rafforzamento rispetto al +6,5% del semestre.
Germania, Francia e Regno Unito hanno registrato nel periodo variazioni simili (pari rispettivamente al +4,7%, +5,2% e al +6,1%), mentre le crescite più significative si sono registrate nei mercati emergenti.
 
Con particolare riferimento a: Emirati Arabi Uniti (+42,4%), Thailandia (+42,3%), Messico (+35,6%) e Arabia Saudita (+30,5%).
Interessanti anche gli spunti di: Libia (+27,6%), Corea del Sud (+22,2%), Turchia (+24,2%), Hong Kong (+18,9%), Cina (+18,3%), Giappone (+20,6%), Ucraina (+18,1%) e Russia (+17%)
 
La stagnazione perdurante del mercato interno e la maturità del mercato UE rendono l’allargamento degli sbocchi l’unico strumento per assicurare, sul passo lungo, stabilità e spazi significativi di espansione del settore.
Pesa sulle potenzialità del nostro export il fenomeno della contraffazione e dell’Italian Sounding, che sfiora i 60 miliardi di euro di fatturato e raggiunge livelli macroscopici sui mercati più ricchi, come quello europeo e nord-americano. Ma non solo.

Il consuntivo dello scorso anno ha registrato un'incidenza record sul fatturato totale dell'industria alimentare, pari a quasi il 20%.
Si tratta della percentuale più alta di sempre, ma inferiore a quella di Germania, Francia e Spagna, che oscillano tra il 22% e il 29%, e poco più della metà di quella del manifatturiero italiano nel suo insieme (37%).
 
A questo gap a contribuito la grande frammentazione di un settore composto per lo più da piccole e piccolissime aziende, che hanno maggiori difficoltà ad andare sui mercati più lontani e promettenti.
«Il parametro a cui agganciare ogni trend espansivo della nostra produzione – ha ribadito  Filippo Ferrua Magliani, Presidente di Federalimentare – rimane uno solo: l’export. Ma questo non potrà, di certo, fare miracoli. Quindi, - spiega Ferrua - l’industria alimentare, anche se con trend in leggero rientro in chiusura d’anno, ha comunque evidenziato nel 2012 spunti premianti rispetto al manifatturiero italiano e al sistema Paese nel suo complesso. Tuttavia, rimane incerta la prospettiva di una conferma del passo così espansivo 2012 anche nel 2013.»
 
E’ per questo che Federalimentare ritiene che sia opportuno richiamare l’attenzione anche delle forze politiche su alcune priorità necessarie a sostegno dell’internazionalizzazione:
- Vanno combattuti i fenomeni della contraffazione anche attraverso campagne di educazione dei consumatori e di contrasto alla contraffazione e lo sviluppo di investimenti promozionali all’estero che potrebbero essere favoriti dalla deducibilità dei costi sostenuti per queste attività;
- Andrebbe promossa la crescita dimensionale delle nostre imprese, ad esempio innalzando il tetto massimo per la defiscalizzazione delle operazioni risultanti dalle attività di merger & acquisition in Italia ed all’estero esentando dall’imponibile derivante dal concambio di fusione quelle pari ad un importo fino ai 50 milioni di euro;
- Andrebbe conseguito, con particolare riferimento al coordinamento del sistema fieristico, al primario ruolo di Cibus, ed al piano di rilancio dell’ICE, un incremento delle risorse del Programma promozionale ed in particolare della quota destinata al settore alimentare, soprattutto nella prospettiva della realizzazione di Expo 2015 a Milano e della realizzazione delle campagne nei mercati di presenza fieristica nei paese strategici;
- «Bisogna valorizzare il modello alimentare italiano favorendo la diffusione del Made in Italy nel mondo e definendo accordi multilaterali e bilaterali volti a ridurre i crescenti fenomeni protezionistici. In particolare, come sottolinea la Presidente dei Giovani Imprenditori di Federalimentare Annalisa Sassi, le barriere non tariffarie, spesso a carattere sanitario. Il Sistema Paese si deve impegnare con maggiore determinazione in questa direzione.»

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