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Trentino, un dipendente su 5 è assunto da una cooperativa

Presentato a Roma il primo rapporto Istat-Euricse sul sistema cooperativo

In provincia di Trento si trovano le organizzazioni più longeve del Paese: oltre il 40 per cento delle cooperative ha più di 30 anni di vita.
Un segnale indicativo, del benessere e della solidità. Ancora: qui un dipendente su cinque è assunto da una cooperativa e ogni organizzazione produce mediamente un milione di euro. E il peso del settore cooperativo sul valore aggiunto complessivo è del 7,6% (il terzo valore più alto in base alla graduatoria delle regioni d’Italia).
Sono solo alcuni, questi, dei dati emersi nel rapporto Istat-Euricse dedicato alle dimensioni del settore cooperativo italiano, ovvero il primo studio di questo genere prodotto dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e presentato a Roma questa mattina, venerdì 25 gennaio.
Un’indagine per ripercorrere (e pesare) i dati strutturali del sistema cooperativo tout court, che si inserisce nell’ambito della convenzione di ricerca «Dimensioni, evoluzione e caratteristiche dell’economia sociale» stipulata tra Istat ed Euricse.
 
La struttura nel settore cooperativo italiano
Nel 2015, base statistica da cui sono stati elaborati i dati, le 59.027 cooperative risultate attive – pari all’1,3% delle imprese attive sul territorio nazionale –– hanno occupato, in termini di posizioni lavorative in media annua, poco più di 1,1 milioni addetti (dipendenti e indipendenti), 33 mila lavoratori esterni e 10 mila lavoratori in somministrazione, pari al 7,1% dell’occupazione totale delle imprese.
Queste cooperative, al netto delle cooperative del settore finanziario e assicurativo, hanno generato un valore aggiunto di 28,6 miliardi di euro, pari al 4% del valore aggiunto delle imprese (sempre escludendo le imprese del credito e assicurazioni).
 
Dimensioni e performance in Trentino
Ma qual è lo spaccato del Trentino che emerge dal rapporto? Nella nostra provincia le cooperative attive sono 522 e il valore aggiunto stimato è di 534.047.081 euro.
La distribuzione del valore aggiunto secondo la regione delinea una maggiore capacità di produrre ricchezza delle cooperative residenti al Nord, che rappresentano il 36,2% del totale ma producono il 64,1% del valore aggiunto complessivo (Tabella 7).
In particolare, le cooperative dell’Emilia Romagna, pur essendo il 7,1% del totale, contribuiscono per il 22,6% al valore aggiunto, con una media di 1,5 milioni di euro per cooperativa; anche quelle della provincia di Trento realizzano un valore aggiunto medio per cooperativa di poco superiore al milione di euro.
Per cogliere l’importanza della cooperazione all’interno delle economie regionali si può considerare il rapporto tra valore aggiunto delle cooperative e quello delle altre imprese.
Ebbene, l’Emilia Romagna si colloca al primo posto della graduatoria con una quota pari al 10,4%, seguita da Umbria (9,4%), Provincia autonoma di Trento (7,6%) e Sardegna (7,3%).
 
Occupati nelle coop del Trentino
Le differenze territoriali emerse nell’analisi del valore aggiunto si confermano anche nella distribuzione territoriale delle posizioni lavorative (Tabella 8).
I livelli di occupazione sono più elevati nelle regioni del Nord, in particolare in Lombardia ed Emilia Romagna dove, sempre nel 2015, si concentrano il 19,1% e il 18,2% dei dipendenti, ma anche nel Lazio (10,8%).
L’Emilia Romagna è inoltre la regione in cui è maggiore la dimensione media della cooperativa per numero di dipendenti (49), seguono Friuli Venezia Giulia (38), Provincia autonoma di Trento (37) e Veneto (35).
Come per il valore aggiunto, dal rapporto tra il numero di dipendenti delle cooperative e quello delle imprese si evince l’apporto occupazionale della cooperazione all’interno delle economie regionali.
Ne risulta che il contributo della cooperazione è molto consistente in Emilia Romagna e Provincia di Trento, dove circa un dipendente su cinque è impiegato da una cooperativa.
Non solo: persino il profilo anagrafico delle cooperative attive in Trentino guadagna il primo posto delle classifiche nazionali.
Il 40% delle organizzazioni ha infatti più di 30 anni.

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