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Cooperative agricole, comunità di pratica innovative

La ricerca Euricse dimostra il ruolo della cooperazione nella diffusione della conoscenza nel settore primario trentino

In passato le cooperative agricole erano viste esclusivamente come strumento di lavorazione e commercializzazione collettiva.
Oggi, invece, sono strategiche soprattutto per la produzione e la diffusione dell’innovazione a vantaggio delle aziende associate e dell’intera filiera agroalimentare, consumatore incluso.
Il senso di appartenenza da parte dei soci ad una comunità di pratica, ovvero ad un contesto di libera e continua condivisione di conoscenze ed esperienze, influenza positivamente le possibilità di sopravvivenza della cooperativa.
Sono questi i principali risultati della ricerca qualitativa condotta da Euricse nel 2018, discussi oggi con i principali interlocutori del mondo agricolo durante il convegno «Innovare nella tradizione» in sala Don Guetti a Trento.
 
L’indagine, che nel 2018 ha coinvolto 19 cooperative rappresentative di circa un terzo sia del fatturato sia dei soci, si è basata sulla somministrazione di questionari a 19 figure apicali e a 135 agricoltori, raccogliendo indicazioni estremamente utili sulla concezione e la natura della cooperativa agricola, oltre che sulla recente evoluzione delle sue funzioni.
Il valore della ricerca deriva anche dal fatto che in Trentino la cooperazione agricola controlla oltre i 3/4 della produzione lorda vendibile del comparto primario.
Il valore aggiunto provinciale attivato complessivamente dalla filiera agroalimentare cooperativa - aziende agricole socie, cooperative agricole e controllate, altre imprese attivate - è di oltre il 6%; in termini occupazionali la percentuale sale all'8,1% degli occupati trentini.
 
L’elaborazione incrociata delle risposte ai questionari di vertici e soci restituisce l’immagine di una cooperazione agricola moderna che è organismo di filiera e comunità di pratica. I soci, infatti, sono convinti che alla base della competitività delle aziende agricole trentine ci sia un presidio pressoché totale della filiera agroalimentare che va dai fornitori ai consumatori (7 su 10) e la continua introduzione di innovazioni, sia a monte sia a valle (quasi 6 su 10).
«Questa ricerca e il confronto che ne è scaturito oggi dimostrano quanto sia importante analizzare un settore, quello agricolo, che di solito viene visto come la forma più antica di cooperazione e quindi anche come la più tradizionale.
«In realtà si è rivelato un disegno istituzionale innovativo per la condivisione della conoscenza. Sarebbe interessante estendere la ricerca anche a livello nazionale per verificare se queste peculiarità si ritrovano anche in altri territori», – ha sottolineato il presidente di Euricse, Carlo Borzaga. – Nell’ottica del trasferimento dell’innovazione la cooperazione ha anticipato le politiche comunitarie. Questo processo è avvenuto per lo più in maniera inconsapevole, senza una regia dall’alto.
«È quindi fondamentale riconoscere questa nuova funzione già agita dalle singole cooperative in anticipo sui tempi.»
 
«Oggi per i nostri tanti piccoli agricoltori, l’aggregazione si sta trasformando da necessità in vantaggio competitivo. Nonostante i risultati fino ad oggi raggiunti dall’intero comparto, va investito ancora molto in formazione, sulle nuove generazioni, – sono state le parole dell’assessore provinciale all’Agricoltura, Giulia Zanotelli. – Vanno sostenuti nuovi strumenti di accesso e sostegno al credito e fatte dialogare le diverse anime componenti preziose dello stesso tessuto produttivo trentino.»
 
«È motivo d’orgoglio per le nostre cooperative agricole sentire riconosciuto dai dati e dall’analisi dei ricercatori il ruolo fondamentale rivestito nel passaggio dei saperi, anche quelli di maggiore impatto innovativo, – ha detto la presidente della Federazione Trentina della Cooperazione, Marina Mattarei. – Ora serve che produttori, istituzioni, categorie e mondo della ricerca collaborino per affinare le strategie di sviluppo di questo importante settore, per garantire al Trentino un fronte comune rispetto ai bisogni presenti e futuri.»
 
«La cooperazione è un punto di forza anche per la ricerca e la formazione in campo agroalimentare: affinché l'innovazione trovi terreno fertile per svilupparsi, deve poter contare su persone che abbiano accesso alle conoscenze più avanzate a tutti i livelli e sappiano cogliere rapidamente le nuove opportunità per offrire la miglior ricaduta sul territorio, – ha messo in risalto nel suo intervento Andrea Segrè, presidente della Fondazione Edmund Mach. – In quest’ottica FEM continuerà ad investire nei suoi Centri (CIF, CTT, CRI, C3A) in modo da poter essere sempre un punto di riferimento.^»
 
«Il nuovo paradigma – ha spiegato Angelo Frascarelli, docente di Economia all’Università di Perugia – è l’agricoltura smart.
«Il fattore più importante non è il capitale, bensì la conoscenza. La cooperazione agricola è il soggetto può adeguato per trasferirla, perché unisce la conoscenza dei processi/prodotti alle aspettative dei consumatori (prodotti sani e sicuri) e dei cittadini (ambiente ed eticità).»
Dopo il focus scientifico, sono stati coinvolti in una tavola rotonda, moderata dal direttore di Euricse Riccardo Bodini, Andrea Merz, direttore di Concast-Trentingrana, Romano Masè, dirigente del Dipartimento agricoltura provinciale, Alessandro Dalpiaz, direttore di Apot-Assomela, Pietro Patton, presidente del Consorzio Vini e Diego Coller, direttore di Astro.
 
 Che tipo di innovazione? 
Nelle cooperative agricole moderne, l’approccio predominante è quello di un’innovazione aperta, basata su una rete di attori strategici e sulla divisione del lavoro. In sostanza, le competenze che non sono presenti internamente, vengono cercate e trovate esternamente.
I questionari delle figure apicali evidenziano, infatti, l’impegno nella strutturazione di rapporti stabili e duraturi con gli istituti di ricerca (Fondazione Edmund Mach e Università) e con consorzi già esistenti o costituiti ex novo; si potrebbe invece potenziare la relazione con le altre cooperative.
«Anche il consumatore è incluso in questa gestione del processo innovativo: le cooperative recuperano infatti informazioni strategiche sul tipo di prodotto e sui processi anche attraverso i feedback sui social media e il marketing esperienziale.
 
 L’importanza del servizio tecnico 
Più dell’80% dei contadini ammette l’importanza della cooperativa nella crescita professionale.
Il servizio tecnico, se internalizzato come nel settore vitivinicolo e nelle grandi cooperative, rappresenta l’area di intersezione per eccellenza tra la cooperativa e i soci.
L’elevata prossimità cognitiva e la fiducia reciproca tra il tecnico della cooperativa e il contadino apre una corsia preferenziale per la condivisione di problematiche e possibili soluzioni seguendo le logiche dell’apprendimento tramite interazione.
 
Il rapporto privilegiato tra tecnico interno e socio fa sì che i contadini riconoscano la nuova funzione innovativa della cooperativa – affiancata alle tradizionali della commercializzazione e del marketing collettivo – e ciò influenza positivamente la percezione che il socio ha della governance cooperativa.
Questo rapporto di fiducia e la grande soddisfazione per le visite dei tecnici si nota maggiormente nelle cooperative che presidiano in maniera significativa anche la fase a monte della filiera, come nel vitivinicolo (quasi 70%) e nell’ortofrutticolo (45. Sono proprio questi principi di funzionamento ad alimentare processi virtuosi che possono far guadagnare alla cooperativa agricola un vantaggio competitivo rispetto ad altre modalità alternative di organizzazione della produzione.
In particolare, ciò sembra valere soprattutto nella gestione dei processi innovativi e dunque, di riflesso, sulla competitività dell’intero sistema produttivo, e sullo sviluppo e sulla promozione nel socio di un nuovo senso di appartenenza.
 
 L’approccio bottom-up 
Le cooperative agricole trentine ritengono che il socio possa rappresentare un valido e utile alleato nell’introduzione di innovazioni. In quest’ottica la cooperativa agricola assume ancor di più i connotati di una vera e propria comunità di pratica se si guarda all’attività sperimentale portata dai contadini (più di un terzo dei rispondenti). In questo caso, gli esperimenti vengono condotti solitamente dalle aziende agricole di più grandi dimensioni, le quali però condividono poi i risultati con i tecnici della cooperativa, che, a loro volta e se lo ritengono opportuno, li mettono a disposizione dell’intera base sociale. Grazie a questo particolare contesto operativo e sociale, più dei tre quarti dei soci dichiara di svolgere un ruolo attivo nei processi di innovazione e di esserne, insieme alla cooperativa, i promotori.
 
Il rapporto di ricerca completo è consultabile a questo link.

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