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Trentodoc, la giusta location è nei Castelli del Trentino/ 1

Prima parte: un po’ di storia delle bollicine di montagna, gioiello del Trentino

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Lo scorso settembre si è svolta la seconda edizione del Trentodoc Festival. Il nostro giornale ne ha sempre data ampio risalto senza esprimere la nostra soggettività sull’iniziativa, perché questa andava esclusivamente sostenuta.
La sosterremo sempre ma, periodo delle feste natalizie, desideriamo portare il nostro contributo professionale, proprio nel periodo in cui più le bollicine… scorrono come fiumi.
Per anni in Trentino – e, devo dire, anche in Italia – il Ferrari è stato l’unico prodotto capace di competere con i cugini francesi. L’intuizione di Giulio Ferrari e la capacità professionale della famiglia Lunelli ne hanno fatto un simbolo della parte migliore del Trentino.
 
Pareva impossibile pensare di poter creare prodotti analoghi, anche se solitamente un prodotto leader concede sempre spazi a latere, che fra l’altro contribuiscono inevitabilmente a spingere il leader.
E invece un giorno - era il 1961 - nacque l’«Equipe 5», uno spumante creato col metodo classico da un’idea di cinque (come diceva il nome) coraggiosi esperti di settore. Merita citarli: erano Leonello Letrari, Ferdinando (Mario) Tonon, Riccardo Zanetti, Pietro Tura e Giuseppe Andreaus.
Quantitativamente non c’era paragone tra Ferrari e Equipe 5, ma la qualità era indubbiamente ottima per entrambi i prodotti. I giovani non possono ricordarlo, dato che adesso l’Equipe 5 non c’è più da anni, ma c’è stato un importante periodo in cui la dualità faceva moda e mercato. Un po’ come la Vespa e la Lambretta, la Ferrari e la Maserati, Schiller e Goethe, Freud e Jung, i giornali L’Adige o Alto Adige.
 

 
Poi l’Equipe 5 si è fermato e Ferrari è tornato solo. Ma il seme era stato lanciato e un po’ alla volta le cantine che producevano vini di qualità iniziarono a produrre le proprie bollicine. Se ricordo bene, il primo fu l’Abate Nero.
Ovviamente i primi prodotti non erano in grado di competere con Ferrari, ma ricordo che Veronelli in persona era venuto a presentare uno di primi spumanti prodotti in Val Lagarina.
Pian piano la qualità migliorò, grazie anche alla volontà collettiva di creare un prodotto eccellente, grazie all’apporto del grande e generoso Gino Lunelli, grazie all’Istituto San Michele ne fece una scienza e, soprattutto, grazie a un consorzio che si dava da fare affinché si affacciassero sul mercato solo gli spumanti degni di essere definiti prodotti col metodo «Champenoise».
 
La Francia ci osservava da vicino e da tempo ci aveva diffidarti dall’usare il termine Champagne per le nostre bollicine.
Poi ci impedì di indicare la «méthod champenoise» (in francese è femminile) e allora decidemmo ci adottare il termine generico «metodo classico».
Però ci voleva un nome valido per tutti.
Per fortuna la grande intuizione di Ferrari di non pubblicizzare il proprio prodotto (come fa invece Berlucchi della Franciacorta), favorì la crescita di un settore grande come l’intero territorio dolomitico.
 

 
Dopo vari tentativi, fu adottato il nome «Trentodoc».
Non sappiamo se il termine «Trentodoc» sia mai stato sottoposto a un test di verifica ma, tutto sommato, va bene. Un test empirico veniva trasportato dai trentini sulle portanti del… gossip.
Vuoi fare bella figura con la tua amata? Ordineresti Trentodoc o Champagne?
Nel mondo della diplomazia si potevano concludere gli accordi con un Trentodoc?
 
Ma, per parlare terra-terra, si poteva pensare a 007, James Bond, che ordinava un Trentodoc? Difficile.
Al massimo avrebbe ordinato un generico «brut», termine troppo spesso usato e abusato per indicare le bollicine e non il «Liqueur d’expédition.»
Però in Trentino si poteva dire, facendo bella figura, «quella sera il Ferrari era scorso a fiumi».
Ma c’è poco da fare. Il nome deve essere valido per tutti e quindi il Trentodoc divenne definitivamente il simbolo delle «bollicine di montagna».
Bellissimo questo «bollicine di montagna», ma che può solo assumere il ruolo di pay-off. La portante della comunicazione è tuttora da costruire.
 

 
Certamente le bollicine divennero subito il biglietto da visita di tutte le cantine trentine, anche perché lo spumante genera un valore aggiunto ben più importante della produzione tradizionale di vini.
E, dato che oggi tutte le produzioni di Trentodoc sono di eccellente qualità, è giunto il momento di partire per portare sul tetto del mondo i vini del Trentino.
Fu quindi deciso di puntare sul Trentodoc non solo come prodotto vinicolo leader del Trentino ma anche testimonial della nostra immagine vitivinicola. Iniziativa che il nostro giornale ha spesso invocato.
Ed è qui che ci riallacciamo al Festival del Trentodoc, di cui parleremo domani nella seconda puntata.

Guido de Mozzi - g.demozzi@ladigetto.it

La seconda parte domani.

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