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Modi de dir 'n trentìm/ 29 – Di Cornelio Galas

29ª puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina

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MAGO D’EN DÙGO D’EN PAMPALÙGO – Tripla ripetizione per criticare la stupidità dell’individuo.

PÉTI PER LA TÓSS – Cure palliative, cose che non servono a poco o nulla.
 
CIÀMEGHE MÓNA… – Dicesi di un furbone negando il contrario.

NON STA’ FAR EL ZÓRLA – Non fare lo stupido. Zorla sarebbe il maggiolino.
 
NA BRAVA DÒNA: BISOGNA CHE LA PIÀSA, CHE LA TÀSA E CHE LA STÀGA SEMPRE EN CÀSA – Non occorre tradurla in italiano. Modo di dire in disuso, che riportiamo perché qualcuno in Consiglio provinciale ha usato questo modo di dire pre-femministico per criticare la presenza di donne tra i consiglieri.

EN BRÀO MARÌ, BISOGNA CHE ’L SIA SÀN, CHE ’L GÀBIA EL PAN EN MÀN E CHE ’L SIA EN BÒN CRISTIÀN – La versione maschile della locuzione precedente.

QUANDO LE SE GHE VÒL LE SE GHE VÒL – Quando la misura è colma, non resta che menare. Purché non si tratti di una donna, nel qual caso te devi tegnir le man en scarsèla.
 
T’HAI PISÀ FOR DAL VATER – Hai fatto una castroneria madornale. Hai mancato un facile bersaglio.
 
GHE FAGO SBASÀR LE RECIE – Gli do una lezione così forte da farli calare le arie.
 
STAR SU COLE RECIE – Prestare attenzione quando c’è un pericolo nell’aria.
 
I ZINQUE MINUTI DEL BARBÉR – Unità di misura temporale che corrisponde circa a 15 minuti. Se chiedi al barbiere tra quanto può prenderti e ti dice «Cinque minuti», vuol dire che ne ha almeno per un quarto d’ora. Insomma, una sorta di promessa da marinaio.
 
TRAR ZÓ EN BOCÓN – Mangiare, nutrirsi, rifocillarsi. Quello che i colletti bianchi dicono «far pausa pranzo».

CAGÀR DÙBI – Dicesi di persona che non sa mai cosa fare, cosa decidere. Un tempo si citava linguaggio militare: «Questo è l’ordine, attendere il contro ordine».
 
VÀRA CHE VÈN LA CROVIÀNA – Finta minaccia che si fa ai bambini per fargli fare una certa cosa. Ovviamente la Croviana non può venire a castigare i bambini perché è un paesino della Val di Sole.
 
ZÀC E TÀC – Fare qualcosa in un batter d'occhio.
 
SULA ÉRTA TE VEDI I BÒNI BÒI – È nei momenti di difficoltà che vedi di che pasta si è fatti.
 
NÀR DE BALINÀZI – Correre via a tutta velocità. La metafora si riferisce al colpo della doppia di calibro 12.
 
SE GHÈ PUTÈLE INAMORÀDE, L’È UNUTILE TEGNIR PORTE SERÀDE – Se una donna è innamorata è impossibile impedirle di vedere l’amato. Per traslato, qualsiasi cosa inevitabile.
 
EMPIEGNÌR DE PEÀDE – Prendere a calci qualcosa o qualcuno.
 
L’È CIÒC DUR COME EN SCALIN – Dicesi di uomo ubriaco che non connette più.
 
BUTAR SU – Perlopiù vuol dire vomitare. «L’ha butà su tut, el s’è liberà demò…». Poi c’è anche il significato ortodosso: spingere in su. «Dai buta su che se no sten chi fin doman matina».

SCIÈT PATÒC – Altra ripetizione rafforzativa: è del tutto schietto, integro, genuino, senza cedimenti.

L’È DELE BÀLE – È inutile fare qualcosa che non serve a niente.
 
VARA CHE TE TE CIAPI SU ’NA DÒJA – Avviso che esiste la concreta possibilità di beccare un malanno, una brutta malattia, la polmonite. Di solito riguarda un abbigliamento non adeguato alla temperatura esterna.

DÀMEN EN SCIÒF – «El sciòf» è un’unità di misura grossolana che corrisponde a quanto ci sta in un pugno. Si usa al mercato delle erbe.
 
MAGNA POLENTA VALÀ… – Dicesi a qualcuno che si ritiene del tutto inesperto. «Ah te ghe n’hai ancora tanta polenta da magnar se te vòi vegnirme drio…».

CUL PER TÈRA – Situazione fortemente negativa, che può essere dinamica (finìr col cul per tera), o statica (eser col cul per tera). In ogni caso trattasi di situazione transeunte, che presuppone la possibilità di rialzarsi. Di riportare in posizione normale il fondoschiena.
 
TIRARSE FÒR DALE STRAZZE – Operazione che segue quella della voce precedente. Uscire da una situazione di difficoltà. Per usare un francesismo si direbbe «Se démerder».

SE SÓL RIESSO A PORTÀR E CUL A CASA… – Lo dice chi teme per la propria vita, ma in senso figurato si può estendere a qualsiasi situazione di difficoltà.

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