La faccenda dei nostri Marò trattenuti in India si complica

Corte Suprema di Kerala boccia l’accordo risarcitorio avanzato dallo Stato Italiano

Con una mossa giudiziaria che nei Paesi occidentali non ha riscontri, la Corte suprema di Kerala ha bloccato l’accordo risarcitorio che era stato raggiunto tra lo Stato Italiano e gli eredi dei pescatori uccisi da qualcuno che li ha scambiati per pirati.
L’accordo non aveva alcun risvolto giudiziario, primo perché l’Italia non ammetteva né colpe né responsabilità nell’incidente, secondo perché un accordo extragiudiziale non interrompe mai l’azione penale. Questo almeno nel mondo civile.
 
Non conosciamo la legge indiana, ma ci pare improbabile che una elargizione fatta in tutta liberalità possa in qualche modo intaccare l’inchiesta.
E ci sembra ingiusto nei confronti dei familiari delle vittime, perché la somma di 150.000 euro avrebbe certamente cambiato la vita degli interessati.
 
Nel contempo è stata prolungata di altre due settimane la carcerazione preventiva disposta per i nostri marò.
Inoltre, anche la nave che doveva salpare oggi da Kerala è stata trattenuta ancora per motivi poco chiari. L’impressione è che senza la nave al sicuro nel loro porto, le autorità indiane temano in iniziative di natura diversa da quelle giudiziaria e diplomatica.
 
Comunque sia, la crisi tra lo Stato Italiano e quello Indiano ci pare arrivata a un punto di intollerabile stallo, soprattutto per l’incertezza con cui vengono prese decisioni, che poi decisioni non sono.
A monte di tutto sta la mancata osservanza del diritto internazionale da parte dell’India, che peraltro ha condiviso pienamente quanto inutilmente nei suoi trattati internazionali.
Ed è in questo che l’opinione pubblica mondiale dovrebbe prendere una posizione precisa, perché quanto è accaduto oggi all’Italia potrebbe accadere domani con qualsiasi altro soggetto.