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Recovery Fund, Bruxelles: qui si fa l’Europa o si muore

Ancora un nulla di fatto per via dei paesi «frugali» che non conoscono la solidarietà

L’incontro al Consiglio d’Europa, che doveva approvare i termini del Recovery Fund per affrontare la crisi generata dal Coronavirus, non ha ancora raggiunto l’accordo.
In ballo c’è una pioggia di miliardi che Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia vogliono diminuire. Finlandia non fa parte formalmente del gruppo, ma ha manifestato posizioni simili a quelle dei paesi cosiddetti frugali.
In più il premier olandese Mark Rutte vuole il potere di veto sui piani di riforma che dovranno presentare gli Stati membri per ottenere i fondi.
E qui è bene spendere due parole per spiegare cos’è il Consiglio Europeo.
 
Il Consiglio Europeo è l’organismo che definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell'Unione Europea.
Non è un organo legislativo e pertanto non negozia né adotta leggi dell'UE. Stabilisce invece l'agenda politica dell'Unione, generalmente adottando nelle sue riunioni «conclusioni» che individuano le questioni problematiche e le azioni da intraprendere.
In altre parole, gli accordi vengono presi dal Consiglio Europeo, le leggi vengono fatte dal Parlamento.
I membri del Consiglio europeo sono i capi di Stato o di governo dei 27 Stati membri dell'UE, il presidente del Consiglio Europeo e il presidente della Commissione europea.
 
Anche l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa alle riunioni del Consiglio europeo quando si discutono temi di politica estera.
Nella maggior parte dei casi, il Consiglio europeo decide per consenso.
Tuttavia, in alcuni casi specifici previsti dai trattati UE, adotta decisioni all'unanimità o a maggioranza qualificata.
Alla votazione non partecipano né il presidente del Consiglio europeo né il presidente della Commissione.
Il presidente è Charles Michel, un politico belga che è stato anche Primo Ministro del Belgio.
 
Se, come chiede l’Olanda, l’accordo deve essere preso all’unanimità, i 27 membri dell’Unione Europea devono giocoforza trovare un compromesso.
Poiché Orban ha espresso il suo appoggio al Recovery Fund (ha telegrafato a Salvini per dirgli che lui sta con gli italiani), il premier olandese Rutte si è affrettato ad aggiungere che i fondi non dovranno essere devoluti ai paesi che non rispettano lo «Stato di diritto» come l'Ungheria.
Insomma, tutto fa pensare che un accordo verrà raggiunto, ma potrebbe portare a risultati insufficienti o tardivi.
I paesi frugali hanno stabilito la soglia massima del fondo perduto in 350 miliardi, contro i 450 (in origine erano 500) proposti dal presidente del Consiglio Europeo Michel.
Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha avvisato Rutte che la sua intransigenza potrebbe portare alla fine del Mercato Unico. Nel qual caso, ha aggiunto Conte, «ne risponderai agli europei».
 
Noi siamo d’accordo con Conte. In questo processo decisionale non viene messo in gioco solo il Recovery Fund, ma la ragione stessa che ha l’Europa di esistere.
Già abbiamo visto lo sforzo «sovrumano» fatto dalla UE per aiutare la Grecia quando era in difficoltà: il minimo indispensabile per salvare la faccia.
Ora è giunto il momento di dimostrare che l’Europa non è solo un insieme eterogeneo di stati poco convinti.
È il momento di realizzare il sogno dei Padri fondatori De Gasperi, Schumann e Adenauer.
Se non siamo in grado di sviluppare la solidarietà di tutti i paesi nei momenti più drammatici come quello che stiamo attraversando, l’Europa stessa non ha motivo di esistere.

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