Ucraina: Mosca e Kiev hanno firmato il cessate il fuoco
Entrerà in vigore da domenica 15 febbraio con il ritiro delle armi pesanti dalla linea del fronte e lo scambio dei prigionieri
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Nella notte tra mercoledì 12 e giovedì 13 febbraio è stato siglato il secondo Protocollo di Minsk (Minsk II) tra il governo di Kiev e le autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, alla presenza sia del Presidente ucraino Petro Poroshenko e dei leader ribelli Alexander Zakharchenko e Igor Plotnitsky, che dei rappresentanti degli Stati mediatori, nello specifico il Presidente francese Francois Hollande, il Cancelliere tedesco Angela Merkel e il Presidente russo Vladimir Putin.
L’accordo, sulla falsa riga di quanto concordato lo scorso 5 settembre (Minsk I), ma sostanzialmente mai rispettato dalle parti in conflitto, prevede il «cessate il fuoco», che entrerà in vigore a partire da domenica 15 febbraio, il ritiro delle armi pesanti dalla linea del fronte, lo scambio dei prigionieri e l’avvio, da parte del governo ucraino, di un percorso di riforme costituzionali volto ad una maggiore decentralizzazione del potere verso le regioni orientali alla scopo di garantirne una maggiore autonomia.
Inoltre, il nuovo testo, nel quale viene salvaguardata l’integrità territoriale ucraina, prevedrebbe il ritiro dei combattenti stranieri da entrambi gli schieramenti, il controllo del confine con la Russia da parte degli osservatori OSCE, la rimozione del blocco economico imposto dal governo ucraino alle aree ribelli e possibili elezioni per la regione del Donbass.
I punti su cui si è raggiunto un generale consenso sono tuttavia ancora lontani dal rappresentare una soluzione politica di lungo periodo. Infatti, la difficoltà maggiore consiste nell’individuare una nuova architettura istituzionale e una nuova linea di politica estera che riesca a conciliare gli interessi delle regioni occidentali ucraine, di orientamento euro-atlantico, e di quelle orientali, protese verso la Russia.
Nonostante le firma del Minsk II costituisca un segnale positivo per la risoluzione della crisi, esiste il rischio che, come accaduto a settembre, le operazioni militari sul campo proseguano, seppur con intensità minore rispetto alle ultime settimane.
Proprio per scongiurare una simile evenienza, la politica ucraina e la diplomazia internazionale dovranno lavorare in stretto coordinamento per evitare una nuova escalation. In questo senso, le posizioni europee e statunitensi sembrano allontanarsi, con Bruxelles orientata alla prosecuzione della strategia diplomatica di risoluzione della crisi e Washington, al contrario, che continua a valutare la possibilità di fornitura di sistemi d’arma letali alle Forze Armate ucraine.
Una simile decisione, considerata dall'Amministrazione Obama come fondamentale per ridurre il gap capacitivo tra l’Esercito di Kiev e le milizie ribelli, fortemente equipaggiate e sostenute dal Cremlino, rischia tuttavia, di radicalizzare ulteriormente la già assertiva posizione russa, creando i presupposti per un maggiore coinvolgimento di Mosca nella crisi.
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