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World Cooperative Monitor 2020, 12 italiane tra le prime 300

Le organizzazioni mutualistiche italiane valgono il 3,4% del fatturato totale dei 300 colossi cooperativi mondiali

Nella nuova classifica delle cooperative Top 300 per fatturato ci sono 12 italiane per un valore totale di 72,9 miliardi di dollari, in crescita di 2,1 miliardi rispetto all’anno precedente.
Il piazzamento migliore è di Coop (27° posto), seguita da Conad (28° posto).
Le organizzazioni italiane valgono il 3,40% del fatturato totale dei 300 colossi cooperativi mondiali. Sul podio le due banche francesi Groupe Crédit Agricole e Groupe BPCE e la tedesca REWE group.
Nel rapporto di quest’anno focus sulla risposta delle grandi cooperative all’emergenza Covid e sul tredicesimo obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite sull’azione climatica.
 
La ricerca, basata sui dati finanziari 2018, curata da Euricse e dall’International Cooperative Alliance, esplora l’impatto economico e sociale delle più grandi realtà cooperative in tutto il mondo, stilando una classifica delle Top 300 e un’analisi settoriale, con riferimenti anche ai dati sull’occupazione.
«Il 2020 ci ha messi di fronte alla necessità di rispondere a una crisi sociale epocale senza deprimere le nostre economie. In questo contesto il modello cooperativo è, se possibile, ancora più di attualità. L’obiettivo del Monitor è di mostrare come le cooperative siano in grado di affrontare grandi sfide, attivando risorse importanti attraverso grandi organizzazioni, senza complessi di inferiorità», ha evidenziato Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse.
 
  I dati internazionali 
Il fatturato complessivo delle 300 più grandi organizzazioni cooperative ha toccato quota 2.146 miliardi di dollari, con i settori agricoltura (104 imprese) e assicurazioni (101 imprese) a fare la parte del leone, seguite da commercio all’ingrosso e al dettaglio (57 imprese).
Se si guarda ai vertici della Top 300, il podio è rimasto saldamente nelle mani delle francesi Groupe Crédit Agricole e Groupe BPCE, rispettivamente prima e terza, con la tedesca REWE group in seconda posizione.
La maggior parte delle organizzazioni in classifica sono situate nei paesi industrializzati: gli Stati Uniti contano 74 imprese, la Francia 44, la Germania 30 e il Giappone 24.
Il World Cooperative Monitor presenta anche una classifica di fatturato in relazione al PIL pro-capite, con l’obiettivo di mettere in relazione i dati economici alla ricchezza effettiva di ogni singolo paese.
In questa seconda classifica le prime due posizioni della Top 300 vanno a due cooperative agricole indiane, IFFCO e la Gujarat Cooperative Milk Marketing Federation.
 
  I dati italiani 
Sono dodici le italiane nella classifica delle 300 cooperative più grandi: Coop, Conad, Unipol, Cattolica Assicurazioni, Reale Mutua, Agricola Tre Valli, GESCO, SACMI, CEF, Granlatte, Unione Farmaceutica Novarese e gruppo ITAS. Coop occupa la migliore posizione (27° posto).
In dieci cooperative su dodici, il fatturato è aumentato rispetto al 2017, così come il fatturato complessivo delle organizzazioni italiane è salito da 67,3 miliardi di dollari nel 2017 a 72,9 miliardi nel 2018.
Con riferimento ai singoli settori, il miglior piazzamento italiano è della Società Anonima Cooperativa Meccanici Imola (SACMI), arrivata terza tra le industrie, seguita da Manutencoop, quarta in ambito servizi, e da Coop e Conad, rispettivamente settima e ottava nel commercio.
 
  Focus su Covid e SDG 13 
Il World Cooperative Monitor 2020 dedica due sezioni alle sfide globali del Covid e del cambiamento climatico, con riferimento all’Obiettivo 13 di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Per quanto riguarda l’impatto della pandemia sulle cooperative, il settore si è dimostrato resiliente e innovativo. A prova di ciò, il Monitor mette in evidenza il caso studio della cooperativa Società mutualistica per artisti SMART, nata in Belgio ma ora presente anche in Italia, a sostegno dei suoi membri impiegati soprattutto nei settori della cultura.
Come esempi concreti delle azioni di mitigazione del cambiamento climatico sono stati invece portati i casi della finanziaria olandese Rabobank e della cooperativa di consumatori inglese Midcounties.

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