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«L’umanità deve vincere sulla barbarie» di Antonio Gaspari

Frammenti di pace: a 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

Era il 10 dicembre del 1948 quando le delegazioni di 50 Paesi annunciarono al mondo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
In un pianeta devastato dal conflitto più sanguinoso della storia, a pochi anni dall’esplosione delle due bombe atomiche in Giappone, mentre la comunità mondiale era sconvolta dalla scoperta del genocidio nazista e milioni di persone piangevano le vittime della guerra, i delegati delle Nazioni Unite idearono, discussero e pubblicarono un documento che può considerarsi tra più importanti della storia dell’umanità.
Fondamento dell’identità umana, esaltazione della dignità di ogni donna e di ogni uomo, espressione della cultura, della religione e della civiltà di ogni popolo.
Dopo aver visto il lato più oscuro del male, quei delegati ebbero la capacità di raccogliere il meglio della civiltà umana e di sintetizzarlo in trenta punti.
 
È scritto all’articolo uno della Dichiarazione: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
Segue l’enunciazione di principi fondamentali come il diritto alla vita e alla famiglia, all’educazione, al lavoro, alla casa, all’assistenza sanitaria, alla libertà di parola, di stampa, di religione, di emigrazione…
A tale proposito, Giovanni Paolo II ha spiegato che «fu proprio la barbarie registrata nei confronti della dignità umana che portò l’Organizzazione delle Nazioni Unite a formulare, appena tre anni dopo la sua costituzione, quella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che resta una delle più alte espressioni della coscienza umana nel nostro tempo».
 
Ban Ki-moon, Segretario generale dell’ONU dal 2007 al 2016, ha sostenuto che «la Dichiarazione Universale, scritta all’indomani della Seconda guerra mondiale, in un clima di distruzione totale e di massima povertà, riflette le aspirazioni dell’umanità verso un futuro di prosperità, di dignità e di coesistenza pacifica».
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito che, con l’approvazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite «ha fornito alla comunità internazionale uno strumento essenziale per orientare l’attività degli Stati verso il riconoscimento e la tutela dei diritti di ogni persona».
L’aspetto più importante della Dichiarazione è quello di aver messo il diritto umano al di sopra di ogni sopruso, difendendo le donne e gli uomini da ogni ingiustizia.
Nel 1943, in un discorso radiofonico alla vigilia di Natale, l’allora Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, spiegò lo spirito che avrebbe poi partorito la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e cioè che «la dottrina secondo cui i forti dominano i deboli è la dottrina dei nostri nemici, e noi la respingiamo».
 
Ricordando i 70 anni della Dichiarazione, Papa Francesco ha sostenuto che in un mondo dove «persistono numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo», la Dichiarazione va «riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza».
Nonostante viviamo in quello che viene definito il «secolo dei diritti», le violazioni sono innumerevoli e diffuse, ma è oltremodo possibile che il nostro tempo possa preludere alla riaffermazione di quel principio di fratellanza indicato nel primo articolo della Dichiarazione, realizzando, così, la rivoluzione della tenerezza e la civiltà dell’amore.
Ecco, noi di «Frammenti di Pace»in questo speriamo e questo vogliamo comunicare.

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