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Approvata in zona Cesarini la legge di bilancio dello Stato

È frutto di un Governo inadeguato e della improbabile maggioranza che lo sostiene

All’alba della vigilia di Natale il Parlamento ha votato la legge di bilancio per il 2020.
Dire che l’abbia «votata il parlamento» è un po’ eccessivo, ma reale. In effetti ha ottenuto la maggioranza, ma senza che nessun parlamentare potesse esprimere la propria soggettività.
È solo il frutto degli accordi tra leader di una maggioranza decisamente singolare, se non improbabile, formata dai 5Stelle e dalle sinistre che fino a qualche mese fa erano all'opposizione più dura.
Non è questa la democrazia che si merita un Paese così martoriato come l’Italia.
 
Ci troviamo debolissimi dal punto di vista idrogeologico, fragili sotto l’aspetto sismico, vecchi per quanto riguarda le infrastrutture del paese.
Quanto all’economia, il debito pubblico è salito sopra i 2.200 miliardi di euro, aziende in crisi come l’Alitalia, l’ex Ilva e la Popolare di Bari mettono in difficoltà un governo che, per ammissione di Conte, può solo «metterci la faccia».
Invece le tasse, checché ne dicano i leader della maggioranza, sono aumentate. Non di molto, in verità, dato che la maggior parte delle risorse vengono attinte dall’indebitamento, ma sono aumentate. Le tasse sullo zucchero e sulla plastica sono tasse. La tassa sulle vincite al gioco è una tassa.
L’Iva, dice il ministro dell’Economia, avrebbe fatto spendere gli italiani 500 euro all’anno in più. Molto più probabilmente gli italiani si sarebbero limitati a spendere meno. Il che sarebbe comunque stato dannoso per i consumi, ovvero per il PIL al quale lo Stato guarda per trovare le risorse.
 
Il premier Conte, lasciando l’aula di Montecitorio, ha dichiarato che si tratta del «provvedimento più importante per la politica economica e sociale dell’Italia».
Il bonus per incentivare lo sviluppo sostenibile delle industrie, l’assegno per sostenere gli asili nido e altre necessità per i neonati, l’abolizione del super ticket sanitario. Questi i risultati a favore della gente.
La lotta all’evasione è stata formalizzata, anche se si tratta di una voce aleatoria per definizione.
Sono stati destinati fondi per la riduzione dei gas effetto serra.
Infine è stata introdotta la digital tax, pari al 3% dei ricavi maturati in Italia dai colossi del Web. 
L’aumento in busta paga di 50 euro grazie alla riduzione del cuneo fiscale suona un po’ ridicolo, dato che quando Renzi aveva messo in busta paga 80 euro al mese, era stato deriso.
 
Una delle voci che non ha trovato l’accordo nella maggioranza è la legge sulle concessioni autostradali.
L’idea di Di Maio era quella di fare una legge che consentisse di mettere mano agli accordi in essere con le concessionarie. Una cosa che non sta né in cielo né in terra, perché non si possono cambiare le regole del gioco in corso d’opera. Sarebbe stato uno svarione che la Corte Costituzionale avrebbe certamente emendato, facendo pagare al Paese miliardi di danni. A Di Maio non è restato che fare propaganda della sua proposta, che non si è realizzata per colpa dei soci di maggioranza. Magari può funzionare come messaggio populistico, ma è impensabile che un esecutivo possa in qualche modo decidere al di sopra dei percorsi giudiziari.
Per inciso, come abbiamo scritto più volte, il rinnovo della concessione dell’A22 all’Autostrada del Brennero è ancora in alto mare a cinque anni dalla scadenza.
 
Ma la Mille Proroghe ha riservato per le regioni e province autonome una chicca inspiegabile e del tutto inutile: il divieto di sfondare il tetto delle spese destinate alla sanità.
Come si sa, l’autonomia del Trentino Alto Adige consente alla Pubblica Amministrazione di destinare le voci di spesa che ritiene più opportune, secondo i termini degli Statuti. Se la Provincia autonoma di Trento intende favorire i budget di Istruzione e Sanità, come ha fatto finora, può (o poteva) farlo purché le risorse necessarie venissero ricavate all’interno del bilancio disponibile.
Adesso, sempre che le Autonomie non ricorrano alla Consulta, Trento e Bolzano dovrebbero contenere quelle spese per legge. Ma il risparmio non andrebbe comunque allo Stato, ragione per cui ci domandiamo il cui prodest dell’iniziativa.
Viene da pensare che il legislatore non ne sappia abbastanza di autonomie. È brutto pensar male, ma come diceva Andreotti, il più delle volte si azzecca.

Signore e signori, Buon Natale!

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