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Giacomo Pasquazzo (PD) espone il suo punto di vista

Per lui il Presidente della Repubblica italiana ideale era Romano Prodi, «figura riconosciuta a livello internazionale»

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Giacomo Pasquazzo, classe 1991, è un giovane esponente del PD trentino oltre che rappresentante, in quota UDU-UniTn, degli studenti del Dipartimento di Giurisprudenza.
A seguito di quanto è avvenuto nei giorni scorsi, lo abbiamo intervistato per sapere l’opinione di un giovane esponente del PD.


Come valuta le recenti elezioni del Presidente della Repubblica?
«Nell’ultima settimana si è visto un po’ di tutto assieme al contrario: e da cittadino che rispetta le Istituzioni, devo dire che questa “Babele” non ha dato certo una buona immagine, o meglio, non è riuscita sicuramente a trasmettere quel cambiamento profondo, quella speranza di una Italia fondata sull’attenzione di tutti, che da più parti si auspica.
«Aver cercato una convergenza su nominativo con il PDL, prima di averne proposto uno all’assemblea del Partito, è un errore; ma l’errore più grande, in casa democratica, è stato commesso da chi ancora - mascherato ed attento - non è in grado di giustificare il suo dissenso verso Romano Prodi, figura riconosciuta a livello internazionale, che poteva succedere degnamente al Presidente Napolitano.
«Invece è stato chiesto ancora a Napolitano di reggere una responsabilità che altri –per tornaconto personale, per immagine- non hanno voluto affidare ad altri. Certo, provare a cambiare veramente l’Italia non è facile ma il programma democratico sul lavoro ad esempio è incompatibile con l’art. 8 del decreto Sacconi del 2011…»

Quindi lei è contrario alle larghe intese?
«Esattamente. Le differenze sono troppo profonde nel merito di ogni questione cruciale per il rilancio del nostro Paese. Il lavoro è il primo e più importante esempio.»

Quale è il futuro del PD?
«Il futuro del Partito Democratico è legato anzitutto all’ancoraggio ideale nei valori profondi delle varie culture che storicamente lo compongono: sono i valori della Resistenza ed i valori che internazionalmente fanno capo al PD americano e ai tanti partiti della tradizione socialdemocratica e cattolica-popolare-progressista che hanno responsabilità di governo in tutto il mondo, da Obama a Lula. Governi nati da un risentimento verso una destra che si è chiusa nel nazionalismo senza risolvere i problemi.
«Parlo dei valori perché essi dovrebbero venire prima di tutto, prima di ogni singolo attore che in quel momento rappresenta una opinione nel PD. Eravamo nati come Partito che sapeva rinunciare alle correnti, ma proprio sul nome di quel Romano Prodi, che ha guidato la Commissione Europea, tanti hanno voluto portare avanti la propria immagine, senza tener minimamente in conto l’opinione degli elettori.
«Perché il PD - ed è questo che permetterà al PD di ritornare quel partito progressista di riferimento ideale di centrosinistra - non è fatto da 101 franchi tiratori (o da 496 delegati) ma è fatto dai tanti amministratori che non accettano compromessi con la mafia (si veda il recente caso del Comune di Parente), è fatto da tanti iscritti che combattono per portare avanti nei circoli le istanze che attanagliano i cittadini, è fatto da tanti elettori che credono di essere alternativi al pensiero del PDL.»

Cosa ne pensa dell’incarico affidato ad Enrico Letta per la formazione del Governo?
«Letta ha accettato con riserva una grande responsabilità in questo momento storico: quella di cercare di formare un Governo che sappia affrontare alcuni temi urgentissimi quale quello della legge elettorale.
«Però siamo sicuri che quel PDL, che su questo tema ha ondeggiato 6 mesi fa, riuscirà a convergere per una soluzione? Siamo sicuri che il PDL non farà altri salti vertiginosi purchè tutto non cambi?
«Credo che le differenze siano troppo profonde; soprattutto perché non può esservi una credibilità in chi sostiene tutto ed il suo contrario pur di restare ben saldo al Governo. È il caso di essere alternativi, come alternativi sono i valori.»

Michele Soliani
m.soliani@ladigetto.it

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