«Alleanza per l’Italia»: Dellai raccoglie il frutto del proprio lavoro
E degli errori di Centrodestra e Centrosinistra che, come i galletti dei Promessi sposi, si beccano mentre stanno per andare i pentola
Il presidente della Provincia
autonoma di Trento Lorenzo Dellai sta dunque marciando a tutta
velocità verso una formazione politica di portata nazionale. Il 28
ottobre ha dato il via al nuovo percorso politico, con il congresso
dell'UPT di ieri ha iniziato a traghettare il suo popolo sulla
nuova via, con la convention che si terrà a Parma l'11 e il 12
dicembre, la nuova formazione diventerà partito a tutti gli
effetti.
Le coalizioni di Centrodestra e di Centrosinistra ancora stentano a
credere che a breve ci sarà un terzo contendente con i quali
dovranno fare i conti.
I politici dicono che si tratta della naturale evoluzione del
movimento politico che Dellai aveva avviato quando fondò la
«Margherita», nome che poi concesse ad iniziative analoghe del
Paese - sembra contro il parere dei suoi più stretti collaboratori
politici - per accogliere tutti coloro che hanno si ispiravano a De
Gasperi. In realtà, poi, le cose sono andate come sappiamo: la
Margherita si è sciolta al momento di confluire nel Partito
Democratico.
A Dellai però non è mai piaciuta la nuova trasformazione, perché
aveva la convinzione che il partito principale potesse farla da
padrone in un insieme sempre più impegnato a combattere il
centrodestra piuttosto che a costruire qualcosa.
Così abbiamo assistito alla nascita di una nuova formazione
politica locale, l'Unione per il Trentino (UPT), che noi abbiamo
definito transeunte senza attendere il senno di poi. In effetti
molti ebbero dei dubbi sulla scelta di Dellai e a poca distanza
dalle elezioni provinciali del 2008 parte dei suoi politici non
aderirono all'UPT e preferirono iscriversi al più "sicuro" Partito
Democratico del Trentino.
Non credevano al progetto, che forse ritenevano debole per via
della sua apparente stretta localizzazione.
Con Dellai, pensavano, l'UPT si sarebbe sciolta come neve al sole
al termine del suo ultimo mandato. Anzi, il PD del Trentino pensava
già a come accaparrarsi la candidatura unica del Centrosinistra con
il metodo (empirico ma collaudato) delle Primarie.
Poi il colpo di scena di ottobre.
Colpo di scena non solo per la gente della strada, come abbiamo
visto. Ma cosa è successo allora in realtà?
Le portanti sono due. La prima è certamente legata alla figura
carismatica di Dellai, la seconda è condotta a quanto sta accadendo
nel nostro Paese.
Dellai ha solo fatto il suo dovere, come invitava De
Gasperi. I dati della sua amministrazione sono noti in tutta
Italia, ma la sua personalità è cresciuta a livello popolare con le
casette di Onna. Non è una battuta, anzi. Quando Berlusconi ha
passato per suo il successo delle abitazioni in legno consegnate in
tempi record (atteggiamento peraltro legittimo, dato che il
Trentino è Italia), tutto il Paese ha saputo che il successo in
realtà era trentino.
Non c'è modo migliore di far sapere una cosa, che lasciare che
faccia tutto il proprio avversario. E così, la sua voluta non
ricerca di legittimazione è stata presa esattamente per quello
che è: «quello che conta è fare, il resto è
debolezza.»
Questa è solo una delle citazioni che si potrebbero fare, ma è
significativa di un insieme di forze che sono venute alla luce nel
momento della sollevazione del Paese.
Sì, perché c'è un'altra cosa che il Centrodestra e il
Centrosinistra hanno involontariamente fatto per preparare il
terreno a Dellai. Sono più di due anni che Centrodestra e
Centrosinistra dialogano sputtanando l'avversario. È
difficile sentirli parlare per dire quello che fanno, che intendono
fare, che non vogliono fare o perché non lo voglio no fare. No,
hanno solo da sparlare dell'altro. E così, alla lunga, la gente
della strada si è sentita colpevole sia di stare da una
parte che dall'altra.
Perché non c'erano alternative: o sei un reazionario che sta con
Berlusconi o sei un inconcludente che sta con il PD. Con
l'aggravante che ognuna delle due coalizioni accoglie in sé
rispettivamente la Lega e l'Italia dei Valori, due sistemi
incontrollabili che agiscono sulla spinta delle emozioni più che
sulle motivazioni.
Insomma, il bipartitismo teneva lontano la gente di buonsenso, o
più semplicemente quelli che ne avevano abbastanza dei propri
politici che sembravano occupati a tutt'altre cose piuttosto che al
buon governo.
Per concludere, Dellai e gli altri leader che hanno fondato il
«Manifesto degli 11» in realtà hanno raccolto silenziosamente le
istanze di milioni di persone che attendevano il segnale giusto da
un partito smarcato, purché non venisse dall'UDC, storicamente
rappresentante dalla DC scomparsa con il Muro di Berlino, con le
ideologie del comunismo e dell'anticomunismo.
I Leader del Paese, come in una sorta di nuova leggenda dei Fanes,
si sono fatti attorno a Dellai,l'unico che aveva tenuto testa al
bipartitismo fin dall'inizio.
A questo punto, i fatti corrono più in fretta della storia.
Vi ricordate Gorbaciov? Aveva messo in moto un volano al quale lui
stesso non era più riuscito a star dietro. Il New York Times aveva
fatto allora una vignetta che può essere oggi riportata agli eventi
di casa nostra: «Gorbaciov, datti una calmata! Non so scrivere così
in fretta!»
Siamo pronti a scommettere che a Parma l'11 e il 12 novembre
«Alleanza per l'Italia» (alleranzaxlitalia), il partito
avrà già anima e corpo prima ancora della Convention.
Per questo, già alle regionali di primavera vedremo i vari leader
locali candidare al di fuori di Centrodestra e Centrosinistra e,
con ogni probabilità, farcela. Sarà la prova generale di grandi
formazioni locali espresse da gente che ne ha piene le tasche dei
due grandi che stanno litigando come i galletti dei
Promessi Sposi, che si beccavano tra loro mentre stavano per andare
in padella.
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