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Rifiuti e Tares. Una nota del sindaco di Rovereto Andrea Miorandi

La lectio Magistralis sulla raccolta differenziata e della tariffa puntuale sul residuo

Quando si introducono novità, in qualsiasi campo, il primo pensiero di tutti è «Che bisogno c'era? Si stava così bene prima».
Anche laddove i miglioramenti siano evidenti: niente da fare, emotivamente siamo portati a resistere di fronte al nuovo.
Prendiamo quella che in queste settimane si propone ogni giorno, dalle pagine dei giornali, come la «questione rifiuti».
L'introduzione in tutta Italia della ormai nota Tares suscita dubbi, discussioni, polemiche. C'è anche chi, come in queste ore a Trento e a Rovereto, propone di sospendere tutto per un anno.
 
In queste settimane stiamo assistendo a qualcosa che, solo una decina di anni fa, sarebbe sembrata una bella ma lontana utopia: semplici cittadini che al bar discutono di raccolta differenziata, snocciolando termini come «tariffa puntuale» o disquisendo delle più adatte tipologie di sacchi per il residuo come se stessero discutendo della formazione di una squadra di calcio.
Che è successo a tutti noi in così poco tempo?
 
Solo dieci anni fa, non secoli fa, il Trentino viveva una vera e propria «emergenza rifiuti».
Trento nord scoppiava di eco-balle. Montagne di rifiuti dovevano essere esportate fuori provincia.
La raccolta differenziata non solo era all'inizio (un inizio terra-terra: si arrancava fra un misero 10% e un 20%, dove andava meglio, di materiale destinato al riciclo).
E nei bar, a casa, in ufficio la gente non occupava certo il suo tempo a discutere animatamente di differenziata o di tariffe del residuo.
 
In soli dieci anni non solo abbiamo ottenuto di far compiere al Trentino un balzo enorme nelle classifiche italiane ed europee sul riciclo del materiale raccolto. Abbiamo anche compiuto tutti noi - ed è questo il dato oggettivamente più positivo e più clamoroso - un altrettanto poderoso balzo culturale.
Oggi la raccolta differenziata fa parte della nostra quotidianità. E' normale parlarne, occuparsene, perfino accapigliarsi su tutto questo. Fantastico.
Me l'avessero detto dieci anni fa, giuro, non ci avrei creduto.
 
Nei primi anni 2000 si pensava di risolvere tutto con un bell'inceneritore. Ricordate?
La Provincia lo aveva proposto come la panacea di tutti i mali. Inutile puntare sulla differenziata spinta, era la tesi dominante.
Tanto non si arriverà mai a percentuali tali da ridurre drasticamente il problema del residuo. E dunque, voilà, ecco il progettone di un inceneritore da 330.000 tonnellate all'anno.
Tuttavia, si sa, le utopie sono dure a morire.
Alcune piccole comunità cominciano a reagire. Aldeno, Roverè della Luna, Villa Lagarina, alcuni altri piccoli comuni della Valsugana, decidono di provarci e spingono sempre più in alto, anno dopo anno, le percentuali delle loro raccolte differenziate.
Alcuni riescono a toccare perfino il traguardo dell'80 per cento.
Una piccola ma significativa rivoluzione. Una vera e propria rivolta a quello che pareva a molti un diktat inaccettabile: ci sarà pur un'alternativa al mega-inceneritore.
Sì, l'alternativa c'è, eccome.
 
La muta e pacifica rivolta contagia molti altri. A metà anni Duemila in tutto il Trentino è un gareggiare a chi fa la raccolta differenziata migliore e più efficace.
Il caso Val di Fiemme, premiata in quegli anni addirittura dal Ministero dell'Ambiente, non è affatto isolato.
E più le percentuali crescono, più la Provincia si vede costretta ad abbassare i numeri del suo mega progetto.
Oggi il Trentino è portato ad esempio in tutta Italia: non per avere realizzato quello che sarebbe stato uno dei più grandi inceneritori nazionali, ma per la percentuale media di raccolta differenziata più alta, oltre il 70 per cento.
Primi in Italia e a livelli ottimi anche rispetto al resto d'Europa.
 
Un record o l'altro non sono la stessa cosa. C'è una bella differenza fra i due.
Ma quel che più conta è che qualcosa di rilevante è cambiato, in questi anni, in Trentino.
Una questione di cultura, come abbiamo detto. Che ha investito anche il settore produttivo, con felici ricadute sulla nostra economia.
Nelle aziende di raccolta rifiuti i posti di lavoro sono aumentati in modo significativo.
L'organico di un'azienda come l'Asia, che serve la Piana Rotaliana e altre zone limitrofe, in pochi anni è triplicato. Moltissimi privati hanno cominciato a investire negli impianti del riciclo.
Oggi la raccolta differenziata in Trentino è divenuta quella che, nel gergo degli economisti, viene definita un'attività «labour intensive»: un'attività cioè che crea occupazione stabile, non precaria, sempre più qualificata.
Un inceneritore non avrebbe mai ottenuto questi risultati.
Il riciclo è oggi una grande occasione per le industrie trentine, per gli artigiani, per le piccole e medie aziende che costituiscono l'ossatura della nostra economia.
E molti hanno compreso perfettamente che la green economy è una carta fondamentale da giocare per uscire bene dalla devastante crisi che ci attanaglia.
 
Si dirà: certo, tutto bello. Ma intanto i costi in bolletta sono aumentati.
Vero. Ma non perdiamo mai di vista gli scenari alternativi che per fortuna ci siamo lasciati alle spalle.
Senza dubbio dieci anni fa i costi dello smaltimento erano molto più ridotti. All'epoca, riciclare non era competitivo: conveniva molto di più smaltire, incenerire.
Ma già a partire dalla metà degli anni Duemila quei costi - a causa dell'emergenza discariche su tutto il territorio nazionale, delle nuove normative, dei nuovi oneri, degli aumenti dei carburanti eccetera - sono esplosi in modo dirompente.
Se oggi le nostre bollette ci sembrano più care di qualche anno fa, chiediamoci: quanto dovremmo pagare se non avessimo introdotto la differenziata e se non fossimo divenuti così bravi nel farla?
La risposta è semplice: oggi pagheremmo molto, molto di più. I dati sono facili da reperire. Chi oggi, in Italia, è ancora fermo al cassonetto stradale, paga molto di più rispetto a chi ha introdotto sistemi virtuosi come il porta a porta.
 
Oggi siamo tutti talmente consapevoli di tutto questo che chiederci quale sia lo scenario migliore può sembrare perfino stupido.
Meglio spendere denaro pubblico (cioè nostro, dei cittadini) per la salvaguardia ambientale, per creare posti di lavoro, per una corretta educazione al consumo responsabile. O è meglio spendere quel denaro per riempire buche e consegnare bombe ecologiche alle generazione future, come sono oggi le 400 discariche conosciute ancora da bonificare in Trentino?
Anche la Tares non sfugge a questo ragionamento. La tariffa puntuale non è solo un obbligo imposto dalla legge nazionale, in tutta Italia.
È anche lo strumento con cui il sistema delle autonomie - i Comuni trentini e la Provincia - stanno compiendo un altro passo importante per consolidare il sistema di gestione del rifiuto.
 
Fin dagli anni Ottanta la comunità europea ha introdotto un principio legislativo fondamentale: chi inquina paga.
Tradotto nel settore rifiuti, sta a significare: meno produci meno paghi; più differenzi meno paghi.
Detto in altri termini, rovesciando la questione: a parità di costo di conferimento, spende di più chi differenzia di meno.
La misura quindi delle proprie produzioni. Come applicare quel principio alla vita quotidiana delle nostre famiglie e imprese? Misurare la produzione di residuo mediante un contatore, come si fa con la luce, l'acqua e il gas?
Impossibile. Nessuno in Europa ha adottato la misura a peso: le numerose sperimentazioni condotte in questa direzione sono tutte fallite.
Qualcuno ha optato per la misura presuntiva, a persona, a nucleo famigliare o a categoria d'impresa (in Italia andava in questa direzione il DPR 158 del 1999). Ma era una misura iniqua perchè i virtuosi del riciclo venivano penalizzati.
Certo, sempre meglio della vecchia tassa al metro quadro, principio di un Reggio decreto del 1942 rimasto in vigore ancora per molti comuni italiani...
 
Per essere dunque realmente equa, una tariffa deve essere il prodotto di una misurazione.
Si deve misurare per premiare chi differenzia. Ce lo chiedono le famiglie. Ce lo chiedono le imprese, che si sono viste recapitare in questi anni bollette ingiuste solo perché magari inserite in una delle categorie più produttive di rifiuti: è il caso ad esempio dei ristoranti o delle fiorerie.
Misurare per essere equi, ma anche per differenziare di più. Più eleviamo le percentuali di differenziata, più abbassiamo i costi di gestione.
Certo, come abbiamo visto, ogni cambiamento comporta resistenze psicologiche, ha necessità di un salto culturale, suscita discussioni e timori, e indubbiamente ha il suo prezzo da pagare.
Ma gli amministratori seri e avveduti, che pensano realmente al bene comune e non al facile consenso immediato, devono farsene carico senza timore. In ballo non ci sono interessi di parte, piccoli egoismi, poltrone da conservare o rendite di posizione da mantenere. In ballo c'è il futuro dei nostri figli.
 
Andrea Miorandi
Sindaco di Rovereto

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