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«The lost sound. Il suono perduto» e «Punta Linke. La Memoria»

Alla 25ª Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto, rispettivamente venerdì 10 ottobre e sabato 11 ottobre

Anteprima alla 25ª Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto del documentario «The lost sound - Il suono perduto», prodotto e realizzato da Decima Rosa con la regia di Elena Alessia Negriolli, il coordinamento scientifico dell’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento e in collaborazione con Trentino Film Commission.
Il documentario sarà proiettato venerdì 10 ottobre alle ore 10 a Rovereto presso la Sala convegni «Fortunato Zeni» della Fondazione Museo Civico e a Trento presso il Muse e sabato 11 ottobre, alle ore 10, a Rovereto presso l'Auditorium «F. Melotti».
Sempre nell'ambito della rassegna sarà proiettato fuori programma, sabato 11 ottobre, alle ore 15, presso l'Auditorium «F. Melotti», anche un altro lavoro realizzato in collaborazione con l'Ufficio beni archeologi.
Si tratta del documentario «Punta Linke. La memoria» del regista Paolo Chiodarelli, già presentato allo scorso Trento Film Festival.
 
 «The lost sound - Il suono perduto»
Da oltre duemila anni nessun uomo ha più sentito il suono del karnyx, un’antica tromba celtica di cui sono noti ad oggi una ventina di esemplari - frammenti compresi – sparsi dalla Scozia alla Romania.
Il karnyx è ancora oggi avvolto da un fitto mistero: strumento da guerra o rituale?
Vari pezzi appartenenti ad almeno due esemplari sono stati ritrovati proprio sulle montagne del Trentino, a Sanzeno, in Val di Non, ma solo di recente sono stati correttamente interpretati grazie allo studio di una giovane archeologa trentina.
Da questa sensazionale riscoperta nasce un progetto scientifico affascinante ed esaltante, unico nel suo genere, che mette insieme un team di archeologi, metallurgisti, musicisti e artigiani per riportare alla luce questo frammento del nostro passato.
Il documentario «The lost sound - Il suono perduto» racconta una sfida.
Una sfida scientifica, ossia un progetto archeologico internazionale e multidisciplinare che tenta di ricostruire sperimentalmente l’antico strumento.
Una sfida umana: quella di poter riascoltare le antiche sonorità celtiche perdute.
 
Ma i protagonisti si troveranno ad affrontare non poche difficoltà sulla loro strada, poiché le incognite sono numerose e non è mai stato tentato nulla di simile prima d’ora.
Secondo quanto riportato dalle testimonianze scritte degli autori greci e romani, il karnyx era una tromba da guerra utilizzata dai Celti in battaglia al fine di terrorizzare i nemici con una sorta di «frastuono».
L’archeologia sembra indicarci invece un uso in ambito religioso: quasi tutti i karnykes sino a oggi rinvenuti provengono infatti da luoghi di culto.
La sinergia tra le diverse discipline ha permesso da un lato la realizzazione di lamine identiche a quelle degli antichi karnyx di Sanzeno (un tipo di bronzo oggi non più utilizzato) dall’altro la riproduzione di una prima copia in ottone, materiale più facile da lavorare rispetto al bronzo, ad opera dell’artigiano specializzato Alessandro Ervas.
Pertanto la vera sfida, cioè riprodurre lo strumento con gli stessi materiali e con le stesse tecniche di lavorazione di più di 2000 anni fa rimane ancora aperta nella speranza di risentire il suono perduto.

 «Punta Linke. La memoria»
«Punta Linke. La memoria» ripercorre le fasi delle ricerche effettuate da una équipe multidisciplinare composta da archeologi, geologi, guide alpine, restauratori a Punta Linke, a 3632 metri, nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, dove il ritiro dei ghiacciai ha restituito strutture e resti della Prima guerra mondiale.
Fra queste una teleferica costruita dagli austro-ungarici per collegare Cogolo di Pejo con Cima Vioz, Punta Linke e gli appostamenti del «Coston delle barache brusade» e assicurare così i rifornimenti ad uno dei punti più alti del fronte.
Il delicato lavoro di recupero di questa importante testimonianza della Grande Guerra è stato al centro di un progetto condotto dall’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento in collaborazione con il Museo «Pejo 1914-1918. La guerra sulla porta» che ha portato alla recente inaugurazione del sito, uno straordinario luogo della memoria, il più alto d’Europa.

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