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Una grande trentina da ricordare il 25 novembre – Di Luciana Grillo

Non ha subito violenze fisiche Pia Laviosa Zambotti, ma certamente il fatto che fosse donna ha pesantemente condizionato la sua vita lavorativa

Nata a Fondo, in Val di Non, nel 1898, dopo anni di studio appassionato a Vienna, Pia Laviosa Zambotti è diventata la più grande scienziata-archeologa del suo tempo: ha insegnato Paletnologia all’Università di Milano, è stata membro ordinario dell’Istituto di Studi Etruschi, ha ricevuto nel 1955 il Premio nazionale dell’Accademia dei Lincei (Scienze morali, storiche e filosofiche) consegnatole dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, ha pubblicato numerosissimi studi e ricerche come le Carte archeologiche relative a civiltà preistoriche e protostoriche dell’Alto Adige, i testi sulle più antiche culture agricole europee, sui compiti della Paletnologia, sulla scienza delle religioni e il trionfo del metodo storico, sui Balcani e l’Italia nella preistoria, sul Mediterraneo, l’Italia e l’Europa durante la preistoria, persino - con straordinaria lungimiranza - sull’origine e il destino della civiltà occidentale in cui tratteggia un’Europa moderna e l’era atomica.
 
Fu certamente una donna volitiva, dal carattere determinato, studiosa di grande valore e di cultura enciclopedica che comprendeva anche aree geograficamente molto lontane, come la Cina, ad esempio.
La sua linea di ricerca la spinse sempre ad andare oltre, ad allargare gli orizzonti, dando ai suoi studi un respiro europeo ed una visione storica.
Ne ha parlato, nello Spazio archeologico Sotterraneo del Sas, la dottoressa Raffaella Poggiani Keller, già Soprintendente per i Beni Archeologici della Lombardia: ne ha ricordato le grandi capacità e insieme la delusione per la mancata assegnazione di una cattedra universitaria a Roma, andata ad un collega che certo non poteva vantare né la sua preparazione, né le numerose e preziose pubblicazioni.
 
Altre testimonianze sono state offerte da un interessante documentario della regista trentina Elena Alessia Negriolli, che ha intervistato sia i responsabili della Biblioteca Pia Laviosa Zambotti che i nipoti e l’amica Frida che con Pia ha vissuto per alcuni anni.
Sono emersi ricordi affettuosi, foto di una donna bella e sicura di sé, amata da un marito devoto e intelligente che non ha mai ostacolato la sua attività di studiosa che la portava spesso lontano da casa; non sono mancati i riferimenti alle delusioni lavorative, né l’amore incondizionato per la sua terra e l’immenso dolore provato per la morte del suo unico figlio, Gigetto, deceduto in guerra a soli 22 anni.
È sempre difficile parlare della morte, soprattutto se dovuta a suicidio, ma anche questo ha detto il documentario, che ha sottolineato la solitudine di donna e di studiosa, in un mondo troppo abituato al successo degli uomini e non abbastanza generoso nei confronti delle donne.
Un pubblico attento e partecipe, forse anche commosso, ha seguito parole e immagini in religioso silenzio.

l.grillo@ladigetto.it


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