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125ª commemorazione della morte di Francesco II di Borbone

Il pio transito dell’ultimo Re delle Due Sicilie avvenne il 27 dicembre 1894 ad Arco

Sabato 4 gennaio 2020 alle ore 18.00 nella Chiesa Collegiata di Arco, in piazza III Novembre, alla Solenne Santa Messa in suffragio dell’anima benedetta di S.M Re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone.
Il Sacro Rito verrà concelebrata da Don Francesco Scarin, Parroco della Chiesa Collegiata di Arco; alla presenza della Delegazione del Triveneto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e Istituzioni invitate, Compagnia Schutzen di Arco, Associazioni Arco Asburgica, Arco 800, VivilaCittà di Rovereto, Nova Civilitas Delegazione di Trento, interverrà il Presidente del Tribunale di Trento Dott. Avoglio Guglielmo, Mauro Ottobre.
Prima del Sacro Rito ci sarà, come consuetudine, la deposizione della corona nella via Francesco II di Borbone e nella Chiesa della Collegiata di Arco a cura della «Fondazione Francesco II di Borbone delle Due Sicilie» APS.
 
Il 125ª commemorazione della morte di S.M. Francesco II di Borbone, Re delle Due Sicilie ad Arco, per iniziativa del Presidente della «Fondazione Francesco II di Borbone delle Due Sicilie» APS, Pantaleo Losapio che ha voluto e organizzato l’incontro tra le Associazioni, la Delegazione del Triveneto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Desideroso di porre fine alle sofferenze dei suoi sudditi a causa dell’assedio di Gaeta, il 13 febbraio 1861, S.M. Francesco II di Borbone, Re delle Due Sicilie decise di firmare la capitolazione e di dare inizio al proprio esilio.
Non sarebbe ritornato mai più nella sua amata Napoli e passò ben 34 anni in esilio sui 58 di vita.
Francesco II, battezzato Francesco d’Assisi Maria Leopoldo (Napoli, 16 gennaio 1836 – Arco di Trento, 27 dicembre 1894), fu l’ultimo Re delle Due Sicilie, salito al trono il 22 maggio 1859 e deposto il 13 febbraio 1861 dopo l’annessione al Regno d’Italia, disse: «Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr’aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni.»
 
«Esiliato dal trono e dalla patria io rivolgo costantemente i miei sentimenti ed i miei pensieri agli amatissimi sudditi, che sono pure disgraziati e li rivolgo alla pacifica terra dove nacqui e dove riposano le ceneri de’ miei antenati. Non è già la perdita del trono, né le miserie inerenti all’esilio che, più di ogni cosa, attristino l’animo mio. In mezzo delle personali disavventure, sento che il mio cuore si manterrebbe forte e sereno, se non dovessi assistere, con inesprimibile angoscia, allo spettacolo di oppressione, di desolazione, di schiavitù del popolo mio. Il vento che spira dalla mia terra, graditissima all’esule mi apporta invece l’eco delle fuciliate che ogni giorno colpiscono vittime a me fedeli, le scintille delle città bruciate dall’invasore, le grida di dolore degli infelici, stivati nelle prigioni, il pianto degli agricoltori i cui campi vengono devastati merce gli editti feroci dei prefetti piemontesi.»
A Roma l’ultimo Re delle Due Sicilie – deposto, mai abdicò – venne prima ospitato da Papa Pio IX al Quirinale, prima di spostarsi a Palazzo Farnese, di proprietà dei Borbone in quanto lascito dell’antenata Elisabetta Farnese, madre di Carlo III. Vi rimase fino al 1870.
 
Ad Unità d’Italia ultimata, Francesco II e la moglie Maria Sofia lasciarono Roma per trasferirsi a Parigi.
Passò l’ultima fase della sua vita ad Arco di Trento, all’epoca in territorio austriaco.
Il 27 dicembre del 1894, a soli 58 anni, si spense in quella cittadina che lo aveva conosciuto ed apprezzato come uomo «normale», riservato e di profondissima fede.
Solo al funerale i cittadini di Arco capirono che il composto ed umile signor Fabiani era in realtà S.M. Re Francesco II di Borbone delle Due Sicilie.
La storiografia non è stata particolarmente benevola con l’ultimo sovrano di Napoli, ma se proprio si vuole trovare una colpa in Francesco II, la si trova nella sua eccessiva virtù.

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